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BASSETTI E DON TONINO BELLO: «LA SUA VITA ESEMPLARE È GIÀ UN MIRACOLO»

di Antonio Sanfrancesco

Il presidente della Cei ad Alessano, nella diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca guidata da monsignor Vito Angiuli, prega sulla tomba del “pastore degli ultimi” a un anno dalla visita del Papa: «Se il Signore vorrà non farà mancare il miracolo per la sua intercessione che lo porterà alla beatificazione».-

Si inginocchia e bacia la tomba di don Tonino Bello un anno dopo la visita di papa Francesco. Con questo gesto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha concluso le celebrazioni per il venticinquesimo anniversario della morte del “vescovo degli ultimi”, avvenuta il 20 aprile 1993 a Molfetta, la diocesi di cui era pastore. Invitato dal vescovo della diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli, il cardinale Bassetti ha prima celebrato la Messa solenne nella Chiesa collegiata del Santissimo Salvatore di Alessano, nel Salento, e poi a piedi, insieme a numerosi fedeli e a monsignor Angiuli si è recato in pellegrinaggio nel piccolo cimitero dove riposano le spoglie mortali di don Tonino: «Se il Signore vorrà», dice Bassetti, «non farà mancare il miracolo per la sua intercessione che lo porterà alla beatificazione. Aggiungo che comunque un miracolo c’è già stato: è la vita stessa di don Tonino che è un esempio per tutti».
Nell’omelia della celebrazione eucaristica, Bassetti, commentando le letture del giorno («le stesse», nota, «della Messa celebrata il 20 aprile dell’anno scorso da papa Francesco in visita pastorale a Molfetta») si è soffermato su due aspetti del magistero di don Tonino: «La “parola” per lui è in presa diretta con l’azione, con l’esempio, con la testimonianza di vita; non si dà l’una senza l’altra», spiega Bassetti, «Egli non si nasconde mai dietro le parole, anzi, ognuna delle sue frasi è una porta aperta, perché tale era quella della sua casa. Sia nei gesti più clamorosi sia nella quotidianità, nel fatto stesso che è rimasto “don Tonino” anche da vescovo, con la sua croce di legno da terziario francescano, ha seguito un cammino evangelico nel quale la sua intenzione è sempre stata quella di coinvolgere tutti, nessuno escluso».
Il secondo aspetto ha a che fare con l’Eucarestia: «Cristo è pane spezzato; e il pane eucaristico, dice il Papa con una delle sue icone così vicine a quelle di monsignor Bello, porta un marchio di fabbrica: “Vivere per”. “L’Eucarestia non sopporta la sedentarietà”; se dopo averla ricevuta non ci alziamo da tavola, resta “un sacramento incompiuto”. La pace è condivisione: è “mangiare il pane insieme con gli altri, mettersi a tavola tra persone diverse”, dove “l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare”. Monsignor Bello lo fece a Sarajevo dilaniata dalla guerra civile, nell’ultimo scorcio della sua vita terrena».

DON TONINO PUNTA AL CUORE CON IL SEGNO DELLA PROFEZIA

Bassetti cita don Tonino quando scriveva che «la pace è comunione. … È insonnia perché la gente stia bene. È condividere col fratello gioie e dolori, progetti e speranze. È portare gli uni i pesi degli altri, con la tenerezza del dono. … In attesa dell’ultima sera, che ci introduca nella domenica eterna, di cui la pace che sperimentiamo quaggiù è solo un pallidissimo segno». (Alla finestra la speranza, 1989, 72-73). Ma anche Dio, ricorda il cardinale, «è insonne, preoccupato della salvezza di tutti: “Il mondo è il chiodo fisso di Dio, è l’idea dominante che gli turba il sonno e non gli fa chiudere occhio”».
Il presidente dei vescovi italiani, sulla scia del Papa, ricorda come «don Tonino “punta al cuore”, non con il marchio della nostalgia, ma con il segno della profezia. Ogni sua parola», aggiunge, «è da innamorato, quasi da mistico, in dialogo costante con Dio e con Maria, attraverso la preghiera, la contemplazione, le opere. È Dio, e Dio soltanto, la fonte e la ragione della carità, e lo proclama con forza chinandosi verso ogni miseria fisica e spirituale, andandola a cercare e addirittura accusandosi, a nome suo e della società, quando non fa in tempo a soccorrere qualcuno. Un atteggiamento simile a quello che Gesù ha per ciascuno di noi».
Bassetti ricorda di don Tonino le «sottolineature il Giovedì santo, quando noi pastori indossiamo il grembiule nel segno della lavanda dei piedi: la stola richiama l’incenso delle sagrestie, il grembiule la credenza della massaia, eppure è l’unico paramento sacerdotale indossato da Cristo nel Vangelo: “Stola e grembiule sono come l’altezza e la larghezza di un unico panno di servizio, reso a Dio e al prossimo”».

FU TESTIMONE INSTANCABILE DI SPERANZA E DI GIOIA
L’insegnamento di don Tonino Bello, secondo Bassetti, procede su due capisaldi: «Dio e il prossimo: ecco il duplice canale a cui fu sempre fedele, quello che rende vere e penetranti le sue immagini», afferma, «Chi non ricorda l’episodio della “collocazione provvisoria” riferito alla croce! La definizione di “cirenei della gioia”, poi, gli venne a Lourdes, dove, al di là della sofferenza, lo colpì l’abbondanza dei segni di grazia e luce, e ne trasse un più forte motivo di impegno, per i cristiani, a essere portatori di speranza. Don Tonino, dal canto suo, non mancò occasione per essere testimone di speranza e di gioia. Lui che raccomandava, in particolare ai giovani, di non abbandonare mai i propri sogni e di sfruttare l’ala di riserva, in procinto di lasciare questo mondo diceva appassionatamente: “Non vedete quanta gente lavora per il Regno di Dio? Non vi accorgete di quanta gente, pure apparentemente fuori dai nostri perimetri cristiani (atei, miscredenti), assume la solidarietà, la gratuità, la lotta per la pace come criteri supremi della propria vita morale?… Amiamo il mondo e la sua storia. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia”».
È così, ha concluso Bassetti, «che riconosciamo don Tonino, nel coro che inneggia all’Agnello: lo vediamo in piedi, desto e vigile; non si accontenta di essere nella beatitudine del Risorto, ma vuole portarci tutti: attento da un lato alla voce di ciascuno di noi, dall’altro alle meraviglie di Dio. Possa egli spronarci e affiancarci nel cammino incontro a Cristo, nostra Pasqua. Ci sostenga l’intercessione della Vergine Maria, con le bellissime preghiere che don Tonino ci ha donato, in questo mese che la Chiesa dedica a Lei. “Non abbiate paura: la Vergine santa ci dice ancora una volta che il rosso di sera non si è scolorito”».
Al termine della Messa, è stato presentato il libro Nella terra di confine, finestra di speranza che ripercorre la visita di papa Francesco un anno fa ad Alessano. Dal promontorio di Santa Maria di Leuca, Bassetti idealmente ha affidato a don Tonino l’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace” promosso dalla Cei e in programma dal 19 al 23 febbraio 2020 alla presenza di tutti i vescovi dei Paesi che si affacciano su questo mare e che, ricorda Bassetti, «davvero Giorgio La Pira aveva visto giusto quando chiamava il Mediterraneo il grande lago di Tiberiade dove i suoi popoli sono chiamati a vivere un’autentica cultura dell’incontro».

LA CARTA DI LEUCA PER FAVORIRE L'INCONTRO DEI GIOVANI DEL MEDITERRANEO

Monsignor Angiuli, fine studioso del pensiero di don Tonino Bello, ricorda che proprio alla sua figura «abbiamo guardato per la costituzione del parco culturale ecclesiale e per la programmazione della Carta di Leuca che da tre anni intende facilitare l’incontro fra i giovani delle sponde del Mediterraneo». Il vescovo ha poi ricordato le parole di papa Francesco che nella sua visita di un anno fa «ha richiamato la vocazione del nostro territorio a fare del Mediterraneo “un’area di pace accogliente” favorendo la convivialità delle differenze, direbbe don Tonino, fra i popoli».

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 13 maggio 2019

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