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Il Papa bacchetta i sindacati: «Le pensioni d’oro un’offesa al lavoro»

Nell’udienza alla Cisl Francesco ha parlato con toni forti di povertà, esclusione, disoccupazione, parità e famiglie: «La corruzione è entrata nel cuore di alcuni di voi, per questo la gente non vi capisce più».-

«Le “pensioni d’oro” sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni». Povertà, esclusione, disoccupazione, corruzione, parità, famiglie, missione del sindacato: su questi temi Papa Francesco ha «bacchettato» i rappresentanti della Cisl, che ha ricevuto in udienza. Anche se il suo discorso si riferiva a tutto il mondo sindacale: «Col passare del tempo avete finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile. E invece, se manca la tipica e diversa dimensione “profetica” di chi difende i lavoratori, anche l’azione dentro le imprese perde forza ed efficacia». E ha aggiunto: «La persona non è solo lavoro, perché non sempre lavoriamo, e non sempre dobbiamo lavorare. Non lavoriamo quando siamo malati, non lavoriamo da vecchi. Ci sono molte persone che ancora non lavorano, o che non lavorano più. Tutto questo è vero e conosciuto, ma va ricordato».

«Giustizia insieme, anche per donne e ragazzi»

Francesco ha poi rimarcato che «sindacato è una bella parola che proviene dal greco syn-dike, cioè “giustizia insieme”. Ma non c’è giustizia insieme se non è insieme agli esclusi. Non c’è una buona società senza un buon sindacato, e non c’è un sindacato buono che non rinasca ogni giorno nelle periferie, che non trasformi le pietre scartate dell’economia in pietre angolari, che, come i profeti biblici, non dà voce a chi non ce l’ha. E che non comprenda una sana cultura dell’ozio, per esempio del tempo che si può dedicare ai figli e alla famiglia». Perché il Papa trova «disumano» che i genitori non possano trascorrere abbastanza tempo con i figli. Senza contare che «ci sono nel mondo ancora troppi bambini e ragazzi che lavorano e non studiano, mentre lo studio è il solo “lavoro” buono dei bambini e dei ragazzi» E poi le donne, altro tema molto vicino alla sensibilità di Francesco: «Nel mondo del lavoro la donna è ancora di seconda classe: voi potreste dire, sì, ma c’è quella imprenditrice, quell’altra... ma la donna guadagna di meno, è più facilmente sfruttata: fate qualcosa».

«Fate di più per i poveri e gli esclusi»

Per Francesco ancora il sindacato «deve vigilare sulle mura della città del lavoro, come sentinella che guarda e protegge chi è dentro la città, ma anche chi ne è fuori: non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge solo i diritti di chi lavora già o è in pensione. Tutto questo va fatto, ma è metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia». Poco dopo ha aggiunto concetti ancora più forti: «Il capitalismo di oggi non comprende il valore del sindacato, perché ha dimenticato la natura sociale dell’economia, dell’impresa, della vita, dei legami e dei patti. Ma forse anche la nostra società non lo vede lottare abbastanza nei luoghi dei diritti del non ancora, nelle periferie esistenziali, tra gli scartati del lavoro, tra gli immigrati, i poveri. Oppure perché a volte la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti. So che vi state impegnando già da tempo nelle direzioni giuste. Vi incoraggio a continuare e, se possibile, a fare di più. Abitare le periferie può diventare una strategia di azione, una priorità del sindacato di oggi e di domani».

«Meno ore di lavoro per gli anziani, in favore dei giovani»

Il Papa ha anche pensato ad un nuovo e urgente «patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare posti di lavoro per i giovani che hanno il diritto- dovere di lavorare. È una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti.Il dono del lavoro è il primo dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero della vita adulta».Perché «è un peccato grave parlare di economia di mercato. Dobbiamo invece parlare di economia sociale di mercato, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II».

La replica della Furlan

La Segreteria Generale della Cisl, Annamaria Furlan, ha detto invece, a nome dei 4 milioni e 200 mila lavoratori iscritti al sindacato, che «una globalizzazione inumana, senza regole ed una finanza ingorda, ci hanno consegnato più diseguaglianze sociali, più povertà, più disoccupazione, senso di solitudine e frustrazione, soprattutto di tanti giovani emarginati, senza un lavoro stabile ed a volte anche sfruttati da un consumismo che non riconosce l’importanza ed il ruolo unificante del lavoro nella società. Noi non ci rassegniamo a questa situazione». E ha aggiunto, a nome di tutto il sindacato: «Noi troviamo ogni giorno nella Sua parola illuminata, Santo Padre, un punto di riferimento costante, un ancoraggio ed una ragione di speranza in un mondo caratterizzato da quella che Ella, Santità, ha definito giustamente una “guerra a pezzi”, combattuta nell’immobilismo delle istituzioni internazionali, nelle colpevoli omissioni dei Governi, nelle debolezze di un’Europa miope e chiusa in se stessa, che sembra aver accantonato il suo ruolo storico di portatrice di pace, giustizia sociale, solidarietà».

«I terroristi non sono martiri»

Durante l’Udienza Generale Francesco è tornato anche sul tema del terrorismo e delle persecuzioni ai cristiani: «Ripugna ai cristiani l’idea che gli attentatori suicidi possano essere chiamati martiri. Il martirio non è nemmeno l’ideale supremo della vita cristiana, perché al di sopra di esso vi è la carità». Per il Papa, i cristiani sono «uomini e donne controcorrente, con uno stile di vita fondato su Gesù e la povertà, che amano, ma non sempre sono amati. Fin da subito Gesù ci mette davanti questa realtà: in una misura più o meno forte, la confessione della fede avviene in un clima di ostilità». Perché in un mondo segnato da «varie forme di egoismo e di ingiustizia chi segue Cristo cammina in direzione contraria. Non per spirito polemico, ma per fedeltà alla logica del Regno di Dio, che è una logica di speranza, e si traduce nello stile di vita basato sulle indicazioni di Gesù».

da www.corrieredellasera.it

@Riproduzione Riservata del 28 giugno 2017

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