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Screening metabolico neonatale: va aggiornato e ampliato

di Lorenzo Marsili

da www.bimbisaniebelli.it

@Riproduzione Riservata del 03 febbraio 2020

A tre anni dall'avvio dello screening metabolico neonatale è tempo di ampliare il panel delle malattie rare prese in esame. Alcune regioni, come Toscana, Veneto e Lazio, hanno già cominciato, ma occorre ridurre la disparità tra le regioni.-

L’Italia è sul podio in Europa per quanto riguarda lo screening metabolico neonatale. Nel Regno Unito, in Francia e in Spagna, infatti, il numero delle patologie prese in considerazione non arriva a 10, contro le 49 malattie in Italia. E il numero è destinato a salire. A tre anni dall’avvio della procedura, infatti, è tempo di ampliare il panel di malattie rare prese in esame. In Toscana, Veneto e Lazio si è già cominciato, ma esistono ancora delle differenze regionali.

Fondamentale arma di prevenzione

Come dichiarato dall’Osservatorio delle malattie rare, lo screening metabolico neonatale è un percorso di medicina preventiva che rende possibile individuare molte malattie rare, anche gravissime, entro i primi giorni di vita dei neonati, anche quando questi non abbiano ancora mostrato alcun segno o sintomo. Il test che permette di valutare lo stato di salute dei neonati è minimamente invasivo e si basa sull’analisi di una goccia di sangue. Il prelievo viene eseguito dal centro nascita tra il secondo e il terzo giorno di vita, e comunque prima che il bambino lasci l’ospedale.

Interventi tempestivi

Grazie allo screening metabolico neonatale, è possibile individuare con tempestività malattie rare come la fibrosi cistica, l’ipotiroidismo congenito, la fenilchetonuria e altri difetti congeniti del metabolismo intermedio. Oltre a essere potenzialmente letali, queste patologie possono causare gravi problemi di salute già nei primi anni di vita. Grazie allo screening e agli eventuali trattamenti precoci, invece, è possibile prevenire la comparsi di disabilità fisiche e intellettive e permettere ai piccoli di crescere nel miglior modo possibile.

La situazione in Italia

In Italia lo screening metabolico neonatale risale al 1992, quando la legge 104 rende obbligatorio il controllo per l’individuazione e tempestivo trattamento di ipotiroidismo congenito, fenilchetonuria e fibrosi cistica. Nel 2016 lo screening assume la forma di diritto obbligatorio per tutti i nuovi nati. Nello stesso anno, il ministero della Salute stila la lista delle 49 malattie che andranno a comporre il panel delle malattie rare da prendere in considerazione. A tre anni dall’entrata in vigore, quasi tutte le regioni italiane si sono adeguate, garantendo lo screening al 95% di tutti i nuovi nati. Resta un po’ indietro la Calabria, che deve ancora mettersi in regola con la normativa.

Revisione triennale

Il decreto ministeriale prevede che almeno ogni tre anni il panel venga aggiornato. In verità, si è un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. Il primo passo in tal senso arriva da un emendamento dell’on. Leda Volpi, che prevede l’estensione dello screening alle patologie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lososomiale. Occorrerà però attendere il decreto ministeriale per veder effettivamente attuato l’emendamento. In ogni caso, esistono delle eccellenze. In alcune regioni come Toscana, Veneto e Lazio si è, infatti, già avviato lo screening di patologie come la Sma (atrofia muscolare spinale), delle malattie lisosomiali e delle immunodeficienze.

In Lazio

La Sma è una malattia genetica neurodegenerativa che, nelle forme più gravi, presenta un decorso molto veloce. Lazio e Toscana hanno avviato un percorso sperimentale di due anni che prenderà in esame circa 140mila neonati per valutare l’efficacia dello screening metabolico neonatale su questa malattia. Partito lo scorso settembre, il progetto è coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e finanziato dall’azienda farmaceutica Biogen. Come sottolineato dal professor Francesco Danilo Tiziano, lo screening preventivo permette di identificare precocemente la malattia e avviare, già in fase presintomatica, i trattamenti, così da massimizzare gli effetti della terapia. Questa prima fase ha già coinvolto il 94% dei punti nascita, con ben il 90% dei genitori che ha dato il consenso.

In Toscana

La Toscana è tra le prime regioni ad aver creduto nello screening neonatale metabolico esteso. Lo screening della Sma è solo l’ultimo dei grandi passi compiuti da una regione sempre all’avanguardia sul tema. Obbligatorio già dal 2004, dal 2014 lo screening ha visto avviati progetti sperimentali sulle immunodeficienze e sulle patologie lisosomiali, come la malattia di Pompe, la malattia di Fabry e la mucopolisaccaridosi di Tipo I. Come spiega la responsabile Rete malattie rare Toscana, la dottoressa Cecilia Berni, grazie a questa lungimiranza, la Toscana è l’unica regione a proporre lo screening per le immunodeficienze e ha già salvato oltre 30 bambini.

In Veneto

Oltre alle tre patologie lisosomiali prese in esame dalla Toscana, in Veneto lo screening è stato esteso anche alla malattia di Gaucher. Il progetto, avviato nel settembre 2015 dalla UPC Malattie Metaboliche Ereditarie dell’azienda ospedaliera di Padova, ha già interessato 150mila neonati, permettendo di avere una diagnosi tempestiva in ben 10 casi. Come spiega il dottor Alberto Burlina, grazie allo screening metabolico neonatale è stato possibile salvare un bimbo che, sottoposto a trapianto di midollo a sei mesi, a due anni conduce una vita normalissima. Medesimo discorso per due bimbi affetti da malattia di Pompe, salvati proprio grazie allo screening.

Da sapere!

Non tutte le malattie possono essere inserite nel panel di screening. Seguendo i criteri stilati dall’Oms, i criteri attuali per includere una patologia sono:

1.     la malattia costituisce un problema importante di salute pubblica;

2.     è disponibile un trattamento efficace;

3.     sono disponibili strutture per la diagnosi e il trattamento;

4.     la condizione è riconoscibile in uno stadio pre-sintomatico o precoce;

5.     esiste un test appropriato;

6.     il test di screening è accettabile per la popolazione;

7.     la storia natura della malattia è conosciuta;

8.     il protocollo di trattamento è chiaro;

9.     il costo dello screening è bilanciato dai costi complessivi della patologia;
10.   lo screening è un processo sistematico e non una tantum.

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