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Il «tocco delicato» sui prematuri

Nella foto:
Andrea Manzotti (a sinistra) e il prof. Gianluca Lista , direttore Neonatologia Ospedale Buzzi (Mi).-

Si chiama Progetto Ne-O (Neonatologia e Osteopatia) ed è a suo modo una doppia sfida: in primo luogo intende infatti verificare sulla base di prove scientifiche “robuste” se il trattamento manipolativo osteopatico su neonati prematuri ( cioè nati prima della 37a settimana) può avere effetti benefici sulla salute del bambino. Inoltre, vuole proporre un metodo di lavoro in cui gli osteopati (che non sono ancora riconosciuti come professionisti sanitari) lavorano a fianco di neonatologi, fisiatri, pediatri, infermieri e psicologi. In tutto, sono 20 gli ospedali coinvolti nello studio multicentrico (tra cui l’ospedale dei Bambini Vittore Buzzi -Neonatologia - T.I.N. e la Clinica Mangiagalli - Unità Operativa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale a Milano; l’ospedale Bambin Gesù a Roma; l’Istituto Giannina Gaslini - Neonatologia e Patologia Neonatale a Genova.; l’Ospedale Pediatrico Meyer a Firenze; l’ospedale Sant’Anna - Terapia Intensiva Neonatale a Torino) , 50 gli osteopati e circa 3.000 i neonati.

In questi ultimo 10 anni c’è stato un grande incremento della ricerca in ambito osteopatico, che si è potuto sviluppare anche grazie alla collaborazione e all’interesse di medici o altri operatori sanitari. La neonatologia e la pediatria sono le due discipline mediche che hanno mostrato più apertura nel valutare le potenzialità del trattamento osteopatico. «Neonatologi e pediatri hanno iniziato a vedere sul campo i primi risultati sui bambini — dice Paola Sciomachen— , hanno voluto approfondire il tema e dargli un risvolto di scientificità. Non è facilissimo, perché l’osteopatia non è ancora riconosciuta come professione sanitaria e quindi inserirsi in modo ufficiale nelle strutture pubbliche non è semplice. Questo è anche il limite per cui la ricerca ha accelerato in questi ultimi anni, quando c’è stata una maggiore visibilità dell’osteopatia i numeri di pazienti sono aumentati ». «La vera sfida — aggiunge Manzotti — è muoversi seguendo i ritmi del reparto in cui andiamo a operare e osservando, senza entrare in modo saccente. La prima cosa che insegniamo ai colleghi osteopati è il rispetto dell’altro».

Venti minuti per sciogliere i «nodi»

Proprio perché è comprensibile che ci sia un po’ di preoccupazione da parte loro, prima di effettuare un trattamento mamma e papà vengono informati e si chiede loro di firmare il consenso. «Nelle terapie dove lavoriamo, nella cartella clinica che il medico compila durante l’accettazione si chiede il consenso anche per le terapie manuali — dice Manzotti —. Sempre nell’ottica del rispetto delle competenze , come gruppo abbiamo scelto di farci presentare ai genitori dal fisioterapista della terapia intensiva, perché è la figura professionale più vicina a noi e ha il polso di quello che accade al bambino. Nelle terapie di terzo livello è difficile che non ci sia un terapista che si occupa di neonatologia. Siamo un po’ in controtendenza: noi collaboriamo con i fisioterapisti . È possibile».

Quanto durano le sedute di trattamento dei neonati ? «Se dobbiamo fare una prima valutazione, anche mezz’ora — risponde Manzotti — . Il trattamento vero e proprio dura soltanto 15-20 minuti». Ma su quali problematiche si agisce? «Lavoriamo tantissimo sul versante della respirazione , quindi cerchiamo di agire sul torace per migliorare il movimento del diaframma — racconta il responsabile del progetto — . Ma la nostra manipolazione va ad agire anche sulle difficoltà a livello gastroenterico e posturale del bambino, create dalla lungo degenza. Stiamo provando a vedere che tipo di risultato da il “tocco affettivo”: Francis McGlone, un ricercatore di Liverpool, sta facendo studi da tanti anni su questo versante . Lui e Francesco Cerritelli, che è il referente scientifico del progetto e tra i primi a iniziare studi clinici in Italia, hanno deciso di provare a verificarlo attraverso i parametri biomedici del bambino. Altri momenti di confronto clinico si sono aperti: nella Terapia intensiva di Modena, dove c’è il professor Fabrizio Ferrari stiamo mettendo in piedi uno studio per vedere che tipo di interferenza ha il lavoro osteopatico verso i movimenti spontanei del bambino. All’ospedale Gaslini di Genova, due nostri rappresentanti stanno lavorando sugli aspetti neurologici. Non possiamo dire che ci siano evidenze scientifiche , perché sono tutti lavori partiti da poco ma c’è il confronto e l’architettura di molti progetti . Li stiamo presentando ai Comitati etici, stiamo coinvolgendo i nostri colleghi ,formandoli per poi essere dei buoi clinici e dei discreti ricercatori».

da www.ilcorrieredellasera.it

@Riproduzione Riservata del 24 luglio 2017

 

 

 
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