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«IO, IL LOCKDOWN, E QUEL SILENZIO ABITATO DALLA PAROLA DI DIO»

di Chiara Pelizzoni

da www.famigliacristiana.it

@Riproduzione Riservata del 18 giugno 2020

La testimonianza del presidente della Casa della Carità di Milano che per tutta la fase 1 è stato costretto a ritirarsi a Sesto San Giovanni. Dal silenzio e dalla solitudine è nato un ebook "Oltre 50 gradini" con le riflessioni scaturite da questo tempo eccezionale e doloroso. Un libro dedicato alle famiglie di Son, l’associazione Speranza Oltre Noi, dove Colmegna andrà a vivere.-

Don Virginio Colmegna

È stato costretto causa lockdown a stare lontano dalla sua Casa della carità, l'ente di Milano voluto dal cardinal Martini per accogliere persone in difficoltà, ma ha voluto ugualmente stare vicino a ospiti, operatori, volontari e a quanti seguivano le iniziative culturali della Fondazione con un proprio diario quotidiano. Don Virginio Colmegna, 75 anni, protagonista da oltre mezzo secolo della solidarietà ambrosiana, ogni giorno dal 13 marzo al 3 maggio ha registrato un audio di pochi minuti, che poi inviava ai suoi contatti. Quel file veniva anche caricato sul sito web della Casa della carità. Una raccolta di pensieri e meditazioni in tempo di pandemia, diventata un eBook edito da il Saggiatore e disponibile gratuitamente al link: http://www.casadellacarita.org/ebook-cinquanta-gradini

Da quale urgenza interiore è nata l’idea di tenere un diario della quarantena?

«Pur chiuso in casa, confinato da una distanza che diventava solitudine, rimanevo partecipe del percorso concreto di Casa della carità, condividendo la fatica degli operatori e le problematiche di una struttura che accoglie oltre cento persone. Volevo continuare a essere presente e ho pensato che un modo per farlo potesse essere condividere delle riflessioni, profondamente interrogate dal periodo che stavamo vivendo».

Oltre cinquanta gradini come metafora dei più di cinquanta giorni di lockdown: che genere di riflessioni vi trova un lettore?

«Mi hanno aiutato alcune letture, che poi ho ripreso in forma di citazioni, come il Diario di Etty Hillesum oltre a testi di Simone Weil, Dietrich Bonhoeffer, padre Turoldo e del cardinal Martini. Ho pregato molto meditando sulla Parola di Dio e custodendo come valore estremamente importante anche la dimensione del silenzio. Ma questo diario è stato più che altro un dialogo perché in molti poi mi rispondevano, con telefonate, scritti, semplici messaggi, a cominciare da monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio, e da suor Chiara Francesca Lacchini, clarissa cappuccina del monastero di Tonadico in Trentino, due amici che mi hanno regalato la prefazione e la posfazione. Abbiamo anche attraversato il periodo della Pasqua senza i tradizionali riti, ma ugualmente segnati da una profonda e intensa spiritualità».

Ha definito quei giorni tra angosce e speranze: sono stati gradini più in salita o più in discesa?

«È stato anzitutto un tempo di inquietudini, che ha generato interrogativi anche sulla mia fede e su come rileggere il cammino della speranza. L’ho affrontato facendo vibrare dentro di me la potenza della parola di Dio. I primi tempi erano avvolti dalla drammaticità della paura per un virus che non si conosceva e che continuava a mietere vittime. Adagio adagio, i gradini sono diventati meno insidiosi perché la riflessione sul “Niente dovrà essere più come prima” si caricava della speranza per un cambiamento d’epoca, per dirla con le parole di Papa Francesco e con la forza della Laudato Si’. È stato un sentimento collettivo molto significativo, che però oggi vedo spegnersi con la fretta di archiviare il tutto come un incidente di percorso».

Il libro "è dedicato alle famiglie di Son”, l’associazione Speranza Oltre Noi, di cui è tra i soci fondatori: come mai questa scelta?

«Son è impegnata a realizzare un progetto di abitare solidale orientato al “dopo di noi”. Questo diario è stato anche un percorso di ripensamento personale, dalla vita con i miei genitori con papà invalido alle esperienze con la disabilità fatte come prete di comunità. Ora abbiamo avviato questo cantiere con alcune famiglie che vivono la fragilità dove anch’io andrò a vivere. Sarà anche un luogo di cultura e spiritualità, ispirato alla figura del cardinal Martini, in particolare agli ultimi anni della sua vita così segnati da debolezza e malattia. La dedica del diario è anche un modo per far sì che la Provvidenza accompagni questo progetto».

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