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IL PAPA: «LA PREGHIERA NON È UNO STARE DA SOLI CON IL SIGNORE PER TRUCCARSI L'ANIMA»

di Annachiara Valle
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 07 settembre 2020

Sull'esempio di Elia, spiega il Pontefice nel corso dell'udienza, dobbiamo imparare che la fede non è una cavalcata di successi e che Dio non ci lascia soli. Anzi, ci rende capaci di denunciare le ingiustizie e ci dice che il banco di prova per la preghiera è sempre l'amore verso il prossimo.-


La preghiera di Elia e la guarigione del mondo. Nel corso dell’udienza, che il Papa tiene nell’Aula Paolo VI per via della pioggia, Francesco parla del profeta come di «un uomo dalla fede cristallina: nel suo stesso nome, che potrebbe significare “Jahvè è Dio”, è racchiuso il segreto della sua missione un uomo integerrimo, incapace di compromessi meschini. Il suo simbolo è il fuoco, immagine della potenza purificatrice di Dio. Lui per primo sarà messo a dura prova, e rimarrà fedele. È l’esempio di tutte le persone di fede che conoscono tentazioni e sofferenze, ma non vengono meno all’ideale per cui sono nate».
È la preghiera la linfa che alimenta continuamente la sua esistenza. «Per questo è uno dei personaggi più cari alla tradizione monastica, tanto che alcuni lo hanno eletto come padre spirituale della vita consacrata a Dio. Elia è l’uomo di Dio, che si erge a difensore del primato dell’Altissimo. Eppure, anche lui è costretto a fare i conti con le proprie fragilità». Francesco spiega che al profeta sono state utili sia le esperienze delle vittorie che quelle delle cadute fino allo smarrimento «in cui constata di “non essere migliore dei suoi padri”». Il senso della propria debolezza, sottolinea il Pontefice, «è più prezioso dei momenti di esaltazione, quando pare che la vita sia una cavalcata di vittorie e di successi. Nella preghiera succede sempre questo. Momenti di preghiera di esaltazione e momenti di preghiera di dolore, di aridità, di prove, la preghiera è così: lasciarsi portare da Dio». Una esperienza, questa dell’esaltazione e dell’abbattimento che si ritrova anche in san Paolo e in San Pietro. Che si ritrova nella vita di ciascuno di noi. Sull’esempio di Elia, però, non dobbiamo smettere di pregare e di essere coerenti con la preghiera. «Elia è l’uomo di vita contemplativa», dice il Papa, «e, nello stesso tempo, di vita attiva, preoccupato delle vicende del suo tempo, capace di scagliarsi contro il re e la regina, dopo che questi avevano fatto uccidere Nabot per impossessarsi della sua vigna. Quanto bisogno abbiamo noi di credenti, di cristiani zelanti che dicano come Elia, davanti a persone che hanno responsabilità dirigenziali, che “questo non va fatto, questo è un assassinio”. Abbiamo bisogno dello spirito di Elia».
Non ci può essere ««dicotomia nella vita di chi prega: si sta davanti al Signore e si va incontro ai fratelli a cui Lui invia. La preghiera non è un rinchiudersi con il Signore per truccarsi l’anima, questo è finto».
il banco di prova della «preghiera è l’amore concreto per il prossimo. E viceversa: i credenti agiscono nel mondo dopo aver prima taciuto e pregato; altrimenti la loro azione è impulsiva, è priva di discernimento, è un correre affannoso senza meta. E quando i credenti fanno così fanno tante ingiustizie perché non sono andati prima dal Signore a discernere cosa fare».
Un cammino, quello di Elia e quello di tutti noi, verso una fede più matura. Anche il profeta, ricorda Francesco, «è cresciuto nella preghiera, l’ha raffinata poco per volta. Il volto di Dio è diventato per lui più nitido durante il cammino. Fino a raggiungere il suo culmine in quell’esperienza straordinaria, quando Dio si manifesta a Elia sul monte. Si manifesta non nella tempesta impetuosa, non nel terremoto o nel fuoco divorante, ma nel “mormorio di un vento leggero”». Il Papa traduce meglio, «per riflettere bene quell’esperienza: Dio si manifesta “in un filo di silenzio sonoro”. È con questo segno umile che Dio comunica con Elia, che in quel momento è un profeta fuggiasco che ha smarrito la pace. Dio viene incontro a un uomo stanco, un uomo che pensava di aver fallito su tutti i fronti, e con quella brezza gentile, con quel filo di silenzio sonoro, fa tornare nel suo cuore la calma e la pace».
Anche noi, che possiamo raccogliere il mantello di Elia come fece il suo discepolo Eliseo, «in qualche sera possiamo sentirci inutili e soli. È allora che la preghiera verrà e busserà alla porta del nostro cuore. E anche se avessimo sbagliato qualcosa, o ci sentissimo minacciati e impauriti, tornando davanti Dio con la preghiera, ritorneranno come per miracolo anche la serenità e la pace. Questo è quello che ci insegna l’esempio di Elia».
Infine, nei saluti nelle diverse lingue ricorda che oggi ricorre «la memoria della Beata Vergine Maria del Rosario» e che «la Madonna nelle sue apparizioni spesso ha esortato alla recita del Rosario, specialmente di fronte alle minacce incombenti sul mondo. Anche oggi, in questo tempo di pandemia, è necessario tenere tra le mani la corona del rosario, pregando per noi, per i nostri cari e per tutti gli uomini». 

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