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DIOCESI DI TORTONA: Villa Ferrari: La “casa” per mamme e bambini da settembre a Voghera

da www.diocesitortona.it
@Riproduzione Riservata del 12 marzo 2021
Da settembre, a Voghera, Villa Ferrari ospiterà la “Comunità familiare” realizzata dalla cooperativa Agape.
L’educatrice Giulia Silla coordinerà l’attività formativa. 

Villa Ferrari: La “casa” per mamme e bambini
Il 4 novembre 2018 si siglava l’“atto fondativo” di Villa Ferrari, il progetto di housing sociale per mamme e bambini, nato per volontà del vescovo Mons. Vittorio Viola e di “Agape”, la Cooperativa Sociale Onlus, sorta nel 2009 come braccio operativo della Caritas di Tortona con la finalità di restituire, attraverso il lavoro, dignità alle persone svantaggiate e, dal 2011, accreditata a offrire servizi socio-assistenziali.
Oggi, a distanza di poco più di due anni, i lavori alla struttura, situata in via Lomellina a Voghera, nel quartiere di Medassino, sono quasi ultimati.
La casa dipinta di un brillante colore verde potrà presto aprire le sue porte.
La villa è stata costruita nei primi anni del ’900 dalla famiglia Ferrari che l’ha donata ad Agape nel 2015 per scopi sociali, onorando così una tradizione familiare all’insegna della carità cristiana.
Questo gioiello in stile liberty ha trovato una nuova destinazione d’uso e, dopo alcuni anni di chiusura, diventerà una “casa” per chi attraversa una situazione di sofferenza e di svantaggio, grazie al sostegno delle Fondazioni Comunitaria della Provincia di Pavia, Cariplo e Banca del Monte di Lombardia, dell’8xmille della Cei, di molti enti e privati benefattori tra cui la stessa famiglia Ferrari, l’istituto “Baratta” di Voghera, che ha organizzato una colletta tra gli studenti e alcuni sacerdoti diocesani.
A spiegare esattamente qual è la sua finalità è Giulia Silla, scelta da Agape per ricoprire il ruolo di educatrice, con il compito di gestire il progetto iniziale e poi l’aspetto educativo formativo.
Laureata in Scienze dell’educazione e consulenza pedagogica, con un master in consulenza familiare, Giulia, trent’anni, è pronta ad affrontare la nuova sfida con determinazione ed entusiasmo e a mettere in campo la sua professionalità.
«Dopo un lavoro di ricerca e analisi del territorio e di confronto con la legislazione della Regione Lombardia riguardante l’unità d’offerta sociale, – spiega Silla – abbiamo deciso di procedere con la richiesta al Comune di Voghera dell’autorizzazione al funzionamento come “Comunità familiare”, destinata all’accoglienza di una specifica e omogenea tipologia di utenza, quella di mamme e bambini.
In particolare, concentreremo la nostra attenzione sull’accoglienza di madri con bambini in età prescolare».
Alla villa, che si presenta su due piani, sono stati aggiunti gli spazi di nuova costruzione, collegati ad essa, nei quali sono stati realizzati 6 mini alloggi di cui 4 soppalcati e 2 non soppalcati, di questi 1 ha il bagno all’interno, tutti gli altri hanno i servizi in comune ogni 2 alloggi e tutti sono dotati di scalda vivande.
Sono stati realizzati anche uno spazio comune di socialità, una grande cucina e un refettorio circondato da vetrate, affacciato su un’ampia area verde.
Questa zona ospiterà fino a un massimo di 6 mamme.
L’intervento di ristrutturazione si è concentrato in modo consistente sull’adeguamento alle norme di sicurezza vigenti, con la totale sostituzione degli impianti termico, elettrico, idraulico e la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, operando sempre nel rispetto dei criteri di conservazione architettonica ed estetica (con recupero del pavimento d’epoca, degli affreschi su muri e soffitti e della scala interna in pietra).
La parte storica a piano terra ospiterà uffici e spazi comuni e al primo piano l’appartamento a disposizione della famiglia che accetterà l’incarico della gestione.
La comunità familiare si basa sul principio che sia un nucleo familiare a occuparsi di tutte le esigenze pratiche, affiancato a figure professionali educative come quella di Giulia, che seguirà il cammino delle ospiti.
«Sarà individuata una famiglia che, ispirata da valori cristiani profondi e dal desiderio di spendersi come coppia nell’aiuto al prossimo, – sottolinea Silla – dedicherà il proprio tempo all’accompagnamento dei nuclei mamma-bambino».
Fondamentale sarà poi l’aiuto e il sostegno di futuri volontari che potranno diventare risorse preziose per le donne e per i loro bambini.
Questo tipo di comunità, che permette di accogliere, insieme ai minori, le loro mamme, «consente di preservare il legame di attaccamento originario tra il piccolo e la madre, di sostenere le donne nello svolgimento dei loro compiti genitoriali e di fornire al minore un luogo sereno, sicuro e protetto in cui muovere i primi passi nel mondo».
La comunità, che sarà operativa dal prossimo settembre, ha degli obiettivi ben definiti che Giulia chiarisce: «Vorremmo costruire, insieme alle madri e ai loro bambini, non solo progetti educativi legati alla permanenza nella comunità, ma realizzare percorsi di vita che permettano di poter tornare a vivere nella loro realtà con rinnovate competenze umane, sociali, educative.
Vorremmo che le mamme si sentissero donne capaci e sicure per se stesse e per i loro bambini. Per questo ci piacerebbe istituire dei laboratori e avviare delle attività nelle quali permettere alle donne di formarsi e di imparare un mestiere».
Il desiderio che anima l’attività di Giulia, e di chi con lei condivide il progetto, è che le donne sentano come «cucito su misura per loro il cammino all’interno della struttura».
«Desideriamo che le nostre ospiti, con i loro bimbi, riescano a scoprire la dimensione familiare, che comporta doveri e sforzi, ma che fa sentire accolte, ben volute e non giudicate».
Nello spazio verde esterno si ipotizza di creare un orto e un pollaio che saranno affidati alle cure delle ospiti, con l’aiuto di volontari e volontarie che potranno anche insegnare a cucire o a cucinare piatti tipici locali.
Pensando al momento in cui saranno accolte le mamme con i bimbi, a Giulia viene in mente un’immagine, quella di «una persona che riceve a braccia aperte queste vite, le prende per mano, le accompagna per una parte di cammino e poi le lascia andare, le saluta con la consapevolezza che la strada fatta insieme potrà essere un seme che germoglierà in futuro».

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