Gentiloni: «Nessun Paese è al sicuro, ma non ci arrendiamo al terrorismo»
di Alvise Losi
Il premier apre l’evento di Cl e parla anche delle sfide del governo: «Il lavoro ai giovani è la priorità: studiamo nuove norme choc e incentivi stabili». Poi migranti e ius soli.-
Il primo pensiero è per Barcellona: «Siamo al loro fianco e abbracciamo le famiglie dei nostri connazionali che hanno perso la vita». Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni inizia il suo intervento di apertura del Meeting di Comunione e liberazione a Rimini con una riflessione sul terrorismo di matrice islamista, che ha colpito a Barcellona.
La minaccia del terrorismo
«Daesh è stato sconfitto ma la sua minaccia continua e riguarda tutti», riflette il premier, già ministro degli Esteri nello scorso governo. «Non credo alla propaganda del singolo sito jihadista», aggiunge poi, relativamente alle minacce rivolte all’Italia, «ma nessun Paese e quindi nemmeno il nostro può sentirsi al riparo da questa minaccia. Difenderemo sempre la nostra libertà ma non dimentichiamo di ringraziare le forze dell’ordine che ogni giorno lavorano perché possiamo continuare a vivere liberi».
No ai sovranismi
Il preambolo è doveroso dopo gli eventi degli ultimi giorni, ma il tema di quest’anno del meeting riguarda l’«eredità» e su questo si concentra l’intervento del primo ministro. «Non possiamo pensare all’eredità come un rifugiarci nel passato», spiega Gentiloni, «altrimenti si rischiano i sovranismi e i nazionalismi e una affermazione prepotente di primati nazionali e individuali, spesso spacciata come richiamo al passato, ma questa è una eredità cui rinunciamo volentieri. Però bisogna chiedersi da dove arriva il vento di chiusura, cui non può fare da contrasto semplicemente un vento di apertura».
Le sfide dei prossimi anni
Il premier assicura che «bisogna far valere i punti di forza della nostra identità, non solo quelli di debolezza, e il nostro patrimonio può aiutare l’Europa intera a non farsi contagiare, anzi a essere alternativa al vento delle chiusure». Ecco allora che in tema di «eredità» il presidente del Consiglio si riferisce a quella «da far fruttare grazie alle nostre imprese nel mondo». Un modo per passare a parlare delle nuove sfide del governo, soprattutto di quello che erediterà, è il caso di dire, la gestione del Paese dopo le elezioni del 2018: «qualità della crescita in termini di lavoro e contrasto all’esclusione sociale».
Norme choc per il lavoro ai giovani
Il primo tema potrà essere affrontato già nella prossima manovra di bilancio. «Prendo un impegno davanti ai giovani», assicura Gentiloni. «Intendiamo a concentrare i nostri impegni sul lavoro per i giovani e lo faremo attraverso incentivi permanenti, stabili e un impegno straordinario sulle politiche attive per il lavoro che sono il nostro vero tallone di Achille. Per far fruttare i talenti di ciascuno serve la capacità di facilitare l’accesso e qui stiamo studiando alcune norme choc di incentivo per l’assunzione di giovani, norme che possono essere fondamentali soprattutto se stabili».
L’azione sui flussi migratori
C’è spazio anche per altri due argomenti di attualità: i migranti e lo ius soli, che però il premier preferisce non citare esplicitamente. «Bisogna investire in Africa e nel Mediterraneo promuovendo lo sviluppo e rendendo gestibili i flussi migratori con la sconfitta dei traffici illegali», dichiara Gentiloni. «Ma dobbiamo essere consapevoli che si tratta di fenomeno di lunga durata. Chi semina odio e facili illusioni non farà un buon raccolto. E in Italia non accettiamo lezioni da nessuno: abbiamo difeso l’onore dell’Europa sulla questione migratoria».
Ius soli contro la radicalizzazione
Il premier però assicura di non aver intenzione di cedere a compromessi su una delle leggi a rischio con la ripresa dei lavori in Parlamento a settembre. «Non bisogna avere paura a dare diritti e a chiedere doveri a chi arriva in Italia e ancora più a chi in Italia è nato», è la frase con la quale Gentiloni decide di affrontare, senza citarlo, l’argomento dello ius soli. «Se vogliamo una risposta alla radicalizzazione islamista, non è nell’esclusione e nella negazione della realtà, perché anzi proprio queste sono garanzia di insicurezza. Le radici da rivendicare come eredità devono guardare al futuro. E noi possiamo farlo meglio di tanti altri, ma servono coraggio e forza di esserne consapevoli».
da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 20 agosto 2017