NOI, SASHA, MARINA E I LORO TRE FIGLI IN FUGA DALL'ORRORE: QUELL'ABBRACCIO CHE PROFUMA DI PACE
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 04 aprile 2022
Sono lente ma scrupolose le procedure per accogliere i profughi che arrivano da Mariupol e da Dnipr. Noi dobbiamo provare a porrae in Italia Sasha, sua moglie, e i loro tre bambini, alcuni con problemi di salute. Primo "miracolo": sul pulmino ci sta tutto, persone, bagagli e sedie a rotelle. Secondo "miracolo": Sasha ottiene il via libera alla frontiera. Può uscire. Ultimo post di don Tonio Dell'Olio (Pro Civitae Christiana) al seguito della carovana della pace di ritorno da Leopoli, Ucraina.-
Di ritorno dall'Ucraina,
nostro servizio
Tutta la giornata di domenica 3 aprile, è in un abbraccio che vale la vita. Quello con Sasha, giovane marito e padre di tre figli piccoli che siamo riusciti a portare oltre la frontiera ucraina con tutta la sua famiglia. La notte precedente era stata interrotta dal suono delle sirene che ci ha fatto fare l’esperienza dello scantinato del Seminario greco/cattolico di Leopoli trasformato in rifugio. Il silenzio e la tensione, gli sguardi disorientati di chi non conosce la realtà dell’allarme e quelli ormai rassegnato di chi sta imparando a conviverci quotidianamente. La Messa di rito cattolico celebrata nella chiesa ricoperta di icone e affreschi bizantini, era tutta una supplica all’unico Dio della pace. Ieri Gesù parlava di nonviolenza svuotando le mani dei lapidatori seriali, difensori estremi della legge e dell’ordine costituito. Chi presiedeva ha chiesto di non commentare la pagina evangelica ma di fare nostro il silenzio di Gesù che scrive col dito nella polvere.
Sono lente ma scrupolose le procedure per accogliere i profughi che arrivano da Mariupol e da Dnipr. Registrarli, controllare che i loro documenti siano in ordine per evitare problemi alle due frontiere ucraina e polacca… A me come ad altri due pulmini chiedono di spostarci in un altro luogo della città dove si sono rifugiati alcuni bambini disabili e anziani non totalmente autosufficienti. Arriviamo attraversando la città domenicale. Arrivando capiamo subito che lo spazio dei bagagliai non sarà sufficiente per riuscire a contenere bagagli e sedie a rotelle ma avviene il miracolo dell’accoglienza degli spazi. Fatto. Il mio pulmino si riempie con Sasha e Marina giovanissimi genitori di due gemelli di 8 anni e di un altro bambino di 9. Uno di loro è speciale, ma speciale davvero, a giudicare dai sorrisi che gli regala la madre. Raggiungiamo la frontiera senza alcuno stop ai numerosi posti di blocco. I Militari ci salutano verificando la scritta Humanitarian aid ben in vista sulle fiancate e sul cofano dei pulmini.
Il tempo della frontiera ha sempre un altro fuso orario. È tempo sospeso e incerto che ha l’odore di documenti di carta e di domande scontate, ma oggi è diverso. Il papà di questi bambini è “prezioso” per la “difesa della patria” e, secondo una legge ottusa che non ammette deroghe, non potrebbe lasciare il Paese in questo tempo di guerra. Per me invece Sasha è il più coraggioso di questa trincea della vita. Lo si capisce da come sprofonda con gli occhi nell’oceano di sguardo di questi bambini. Mentre consegno i documenti mi scopro a pregare. E aspetto. Molto tempo, mi dico, troppo tempo. Poi lo sportellino della dogana si riapre e la poliziotta mi restituisce le carte con un gesto eloquente: tutto a posto. Corro verso il nostro pulmino dove la famiglia mi attendeva col fiato sospeso. È prima un abbraccio con Sasha e poi corale tra lacrime e sorrisi di gioia. Ce l’abbiamo fatta. Sono salvi. Siamo oltre quel confine. Tutto il resto è alle spalle. Dopo il lunghissimo e dettagliatissimo controllo del carico in Polonia, ci fermiamo in una piazzola di sosta per consegnare questo carico di umanità e si speranze ad un autobus polacco che porterà 50 profughi a Roma. Il comune di quella città si è attrezzato e l’ha fatto sapere. Il saluto con la foto è un’icona bizantina.