"Il mondo si distrugge se elimina la verità, quindi la croce e la salvezza"
di Benedetta Frigerio
“Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato”.
Parevano durissime le parole del profeta Ezechiele ascoltate durante la Messa della scorsa domenica con cui abbiamo cominciato la giornata dedicata annualmente al nostro giornale. Dure, eppure risuonate così caritatevoli tutte le volte che le abbiamo sentite ripetere dal Cardinal Carlo Caffarra, che ultimamente, prima di morire improvvisamente, ci esortava continuamente a richiamare il mondo perverso alla verità, altrimenti Dio ce ne avrebbe chiesto conto. Proprio il cardinale avrebbe dovuto celebrare l'Eucaristica per poi aprire il ciclo di incontri e testimonianze con una lezione sul tema della giornata “Chi ricostruisce l'umano”. La relazione del cardinale, letta di fronte agli oltre 400 amici del nostro giornale, ha spiegato perché il richiamo alla verità è una carità per gli altri e per se stessi. Sostanzialmente Caffarra ha chiarito come la distruzione dell'umano nasca da una coscienza contraffatta dal soggettivismo.
Nella relazione, infatti, emerge perché la coscienza può riconoscere con certezza il bene e il male, sapendo di dover fare il primo e rifiutare il secondo e perché senza l’educazione della coscienza l’uomo non riesce più a vedere la verità e quindi a rendersi conto che da solo non può sempre ad aderirivi come dovrebbe. Da qui la coscienza della necessità di essere salvati dalla grazia di Cristo che vive nella Chiesa e nei sacramenti. Dunque la verità è l’unica via per riconoscere la dipendenza e domandare la salvezza. Se invece la coscienza viene contraffatta, se non esistono più un bene e un male ma solo l’opinione soggettiva, l’uomo può proseguire tranquillamente senza turbamenti e senza cercare la salvezza che gli servirebbe per aderire alla verità e quindi per compiersi.
La prova di queste parole è emersa durante il pranzo, dove tanti volti lieti della compagnia al vero ringraziavano per la presenza di un giornale che richiama alla verità rivelata da Cristo come unica salvezza in un mondo che, spesso insieme alla Chiesa, fa di tutto per oscurarla. "E' un sostegno ripetevano". Ma perché? Si è capito di più nel pomeriggio dove il primo ciclo di testimonianze è stato sul tema dell’eutanasia e delle leggi che cercano di introdurla in Italia sotto mentite spoglie (Dichiarazioni anticipare di trattamento). Prima padre Giorgio Carbone ha fatto comprendere la menzogna giuridica contenuta nella legge, poi il medico bergamasco Giambattista Guizzetti ha spiegato la sua esperienza di medico che da oltre vent'anni cura gli inguaribili (coloro che vivono in stati di veglia responsive o di minima coscienza ed erroneamente definiti “stati vegetativi). Tanti hanno detto al medico che il suo è tempo perso, "ma per me questi malati sono un'occasione". Quella di stare davanti al mistero profondo dell'essere, la cui dignità dipende dal fatto che, se ci sono, qualcuno li vuole. E che se qualcuno li vuole sono amati. In effetti è da qui, diceva santa Madre Teresa di Calcutta, che nasce la dignità di un uomo.
Dopo di lui, don Vincent Nagel, cappellano della fondazione Maddalena Grassi ha chiarito che "queste leggi" sono risposte sbagliate ad un problema che tutti abbiamo: "Come stare davanti a questa sofferenza atroce che ci provoca angoscia? Se non ci stiamo davanti non potremo mai scoprire che cosa c’è per noi dentro questa malattia, dentro il fatto della morte e del limite. E quindi cercheremo di eliminarlo a costo di eliminare noi stessi e le persone malate”. Lorenzo Moscon, giovane ventenne dalla mente brillante, affetto da triplegia spastica, ha dimostrato la verità delle parole dei relatori precedenti, raccontando cosa vive un malato che dipende in tutto e di cosa ha bisogno. L’angoscia, ha spiegato, nasce dal pensare di essere abbandonati, dal non essere voluti. Il malato ha bisogno di amore, di relazioni. "Ha bisogno di voi, della vostra presenza...non di leggi che vogliono eliminarlo".
E’ proprio qui la chiave: rifiutare la verità, quindi anche la Croce che non vorremo (che ci procura sofferenza), ed eliminare un pezzo di realtà, invece che risolvere i problemi getta l’uomo nella disperazione che lo porta all’autodistruzione che giunge fino all'eutanasia. Invece, solo accettando la realtà tutta, possiamo trovare una risposta adeguata. Solo se siamo disposti a stare di fronte alla sofferenza saremo costretti a chiederci: "Chi mi potrà salvare?". Una domanda che ha come unica risposta esauriente una realtà piena di amore, una presenza che ci vuole ora, così come siamo. E che dunque farà di tutto per alleviare il dolore ma mai eliminando chi lo prova.
Non è diverso quello che è emerso nel pomeriggio, dove Emanuele Scotti della fraternità Sposi per sempre, ha raccontato la sua realtà di uomo separato e fedele alla moglie che lo lasciò pochi anni dopo il matrimonio da cui era nato un figlio. La fedeltà, ha sottolineato Scotti, oggi è vista come una scelta strana di alcuni, che persino la Chiesa addita spesso come una realtà che non aiuta l’inclusione dei divorziati risposati. Eppure è questa l’unica via di salvezza che la Chiesa ha da sempre previsto per l’uomo che tradisce Dio, il pentimento e il ravvedimento dal peccato mortale dell’adulterio. Ma perché la Chiesa tace preferendo attenuare la realtà e il male che il divorzio genera in tutta la società? Scotti ha raccontato che l’abbandono coniugale può portare alla morte, alle violenze e a ferire i figli indelebilmente, ma che per lui quando si mise a pregare sotto il Crocifisso diventò la via per rendere carne l’amore sacrificale: “Prometto di esserti fedele sempre…nella gioia e nel dolore”. La coscienza, per dirla con Caffarra, sa che cosa è giusto. Non a caso, Scotti ha chiarito che è nella fedeltà e nella castità che resta in comunione con Dio attraverso sua moglie ed è così che “il mio matrimonio è diventato l’altare sacrificale".
Scotti riconoscendo e abbracciando tutta la verità ha compreso che l’unica possibilità per compiersi è la via dell'accettazione dell'amore in Croce, che è appunto quello dell'accettazione di tutta la realtà. Il resto sono false gioie. Idoli che distruggono l’uomo che li sceglie e chi sta loro intorno. Lo stesso ha spiegato una coppia Retrouvaillle, associazione che aiuta gli sposi in crisi. Daniele e Tatiana Villa, solo guardando tutto il proprio limite e miseria, mettendolo davanti al proprio sposo, ma sopratutto accettandolo, hanno capito di essere poveri di tutto e bisognosi di perdono e quindi capaci di darlo: "Le immagini e il rifiuto della realtà, dei miei limiti e di quelli di Daniele ci aveva invece portato alla crisi". Riconoscerli e accettarli li ha salvati. Intanto tornavano in mente le parole di Silvia, cara amica presente, che duante il pranzo aveva raccontato di quando malata e bisognosa andò a Medjugorje e si alzò da una carrozina dopo un'apparizione: "Fu una Croce che come ogni croce porta alla resurrezione. Fu questa la grazia nella malattia, l'incotro con l'amore di Dio più che il miracolo fisico successivo".
Tutto a dire che davvero il problema, per cui la Chiesa cerca vie mondane e umane per risolvere i problemi, come disse don Giussani, è che “si è vergognata di Cristo”. Ossia della sua Croce, capace di abbracciare ogni cosa con i suoi limiti e la sua morte e quindi di guardare in faccia la verità che emerge nella coscienza di cui parlava il Cardinal Caffarra. Verità che appunto non vogliamo più vedere per esimerci dalla fatica che comporta e dal bisogno che ha di essere redenta da un Altro. E che, viceversa riconosciuta, ci spinge a cercare una presenza che vinca la morte e il limite tramite il suo amore.
Ecco perché Ezechiele diceva che giudicare il malvagio (colui che rifiuta un dato della realtà) se non salva lui salva chi lo corregge. Solo per questo il cristiano giudica il mondo: per salvarsi prima che per salvare. E si capisce meglio come mai nella seconda lettura della Messa san Paolo ha spiegato che “non commetterai adulterio, non ucciderai…”, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”, come ti ama Gesù.
da www.lanuovabussolaquotidiana.it
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