Sant'Egidio. Rendere globale il bene, l'impegno di tutte le fedi
Dai leader religiosi un appello alla «unificazione spirituale» nell'incontro promosso da Sant'Egidio. Sui migranti 6 proposte per l’integrazione.-
La globalizzazione dei mercati non ha unito i popoli, anzi. Oggi più che mai il mondo ha bisogno di un salto in avanti, di una globalizzazione dei cuori. Da Osnabrück, in Germania, si leva l’appello delle donne e degli uomini di buona volontà, chiamati a raccolta dalla Comunità di Sant’Egidio per il 31° incontro interreligioso per la pace. Nello spirito di Assisi, i leader religiosi di tutto il mondo ribadiscono l’impegno dei credenti per una 'unificazione spirituale', per aprire assieme le 'Strade di pace', tema di questa tre giorni internazionale. Il meeting si chiude con l’annuncio, dal palco della Marketplatz, della città che ospiterà nel 2018 il prossimo incontro: sarà Bologna.
Dopo l’apertura a Munster, in Vestfalia, l’incontro si chiude qui in Bassa Sassonia, nella piazza dominata dal municipio tardo gotico. Gli esponenti delle religioni pregano per la pace, in contemporanea, ma in luoghi diversi: i cristiani - cattolici, luterani, ortodossi, anglicani - nella cattedrale di San Peter, i giovani accendono sull’altare una candela, una per ogni invocazione di pace per tutti i paesi teatro di guerre. In altre sale a pochi passi dalla cattedrale gli ebrei, gli islamici con le altre religioni orientali, i buddisti.
IL DOCUMENTO FINALE «Vincere paure e pregiudizi per non restare imprigionati»
Ad aprire la cerimonia dal palco è il vescovo Franz-Josef Bode, vescovo di Osnabrück. Parla a persone arrivate «anche da Stati politicamente nemici tra loro»: «Essi mostrano in tutta evidenza la grandissima forza positiva delle religioni per una convivenza pacifica di tutti gli uomini». Anche grazie a Sant’Egidio, «vengono intrecciate reti di amicizia per fronteggiare le inquietanti reti del male che ci atterriscono».
È Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, a esternare il senso di impotenza che angoscia tante persone di fronte alle catastrofi. «Talvolta si è avuta la sensazione che non ci sono soluzioni. O almeno non nelle nostre mani. Che può fare la gente comune? E i credenti? Si finisce per dire che possiamo fare poco, forse niente». Ma «il pessimismo di chi non soffre è molto facile». Il cristiano, il credente non si può rassegnare «al dolore degli altri». Perché «la preghiera forza il limite dell’impossibile: si rivolge a Colui che tutto può». È per questo che «le religioni accendono - come avviene oggi - alla speranza di pace: spingono i credenti a liberarsi dell’indifferenza e ad essere artigiani di pace». E allora «vogliamo aprire, con la forza debole del dialogo, ma con tanta speranza, nuove strade di pace».
L’ultima parola dal palco a un testimone degli orrori, l’arcivescovo di Aleppo degli armeni cattolici Butros Marayati. «Dalla mia città e da tutte le città ferite dalla violenza sale un grido: mai più la guerra. È sempre un’inutile strage: di persone, di cultura, di civiltà, di natura e di tutto il bello che c’è. Distrugge città dalla coabitazione secolare, come la nostra cara e bella Aleppo». Poi bambini salgono sul palco, prendono dalle mani dei leader religiosi l’appello finale, arrotolato e ornato con un rametto d’ulivo, e lo affidano ai rappresentanti della società civile, della politica, della cultura ai piedi del palco. Poi rappresentanti delle religioni firmano l’appello e vanno ad accendere i due candelabri della pace. L’annuncio del presidente della Comunità di Marco Impagliazzo - Bologna sede del prossimo incontro - è accolto da un urlo di gioia.
Ora tutti a casa a costruire giorno per giorno un pezzo di quell’appello. A cominciare dal tema dei profughi. Daniela Pompei, responsabile immigrazione di Sant’Egidio, ricorda i risultati dei corridoi umanitari, in un anno e mezzo 900 siriani. «L’integrazione è la vera questione da affrontare », ricorda Pompei che elenca sei proposte «concrete e percorribili »: sponsorship per profughi e persone vulnerabili; ricongiungimenti familiari allargati; reinsediamenti consistenti verso i paesi europei; applicazione della direttiva europea sulla Protezione temporanea; vie legali di ingresso per i migranti economici o i rifugiati ambientali; più cooperazione con l’Africa.
Il capo gabinetto del Ministero Interno, Mario Morcone, ospite dell’incontro, denuncia l’ipocrisia europea, evidenziando che «solo Germania, Olanda e Svezia hanno tenuto alti i valori di solidarietà» assieme all’Italia. «Orgoglioso» di aver collaborato con Sant’Egidio per i corridoi, chiede di «superare le fake news sui migranti: in Europa non c’è nessuna invasione».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 13 settembre 2017