Di padre in figlio… anzi no
da www.cittànuova.it
@Riproduzione Riservata del 22 agosto 2022
Per la prima volta nella storia, a causa della rivoluzione digitale, la conoscenza e le competenze non passano da una generazione all’altra.-
Non si potrebbe fare, ma molti papà, entrati nel viale di casa, o in posti isolati, acconsentono alla richiesta dei loro figli di poter tenere nelle loro piccole mani il volante dell’auto mentre è in movimento a bassa velocità. I bimbi, divenuti più grandi, seduti al fianco dei loro genitori, ricevono finalmente anche il consenso a “mettere le marce”. Cosa significano questi semplici gesti?
Sono una trasmissione di conoscenza. Mamme e papà rendono consapevoli la loro prole dei pericoli, rendono percepibile ai figli che un’auto, per essere condotta bene, richiede l’acquisizione di una tecnica, di un sapere. Queste conoscenze si trasmettono di generazione in generazione. Ogni coppia di genitori, seguendo inclinazioni e competenze, introduce così i loro figli alla vita fuori dall’ambiente protetto della famiglia. Li accompagna all’età adulta, nell’agone del mondo.
Ci sono dei momenti nella storia in cui però questo sperimentato sistema educativo non può essere messo in pratica perché un significativo cambiamento mette tutti, grandi e piccini, di fronte a cose nuove. Si potrebbe fare qualche esempio pescato nel passato ma è più interessante, forse, guardare al presente.
La rivoluzione digitale resa possibile dagli sviluppi dell’elettronica di base ci sta facendo sperimentare un “bag” nel sistema nella trasmissione della conoscenza da genitori a figli, da grandi a piccini. Di fronte a nuovissimi strumenti che possiamo usare siamo tutti come bambini, a volte affascinati fino alla dipendenza.
Le opportunità che ci si prospettano in palmo di mano sono grandi, bisogna riconoscerlo, ma non abbiamo quasi nessuno a guidarci, a istruirci, a trasmetterci quel quadro di competenze necessarie per usare adeguatamente (e a vantaggio del nostro bene) quanto possiamo usare nel quotidiano.
Cosa si può fare per non farsi male, per non danneggiare con comportamenti inappropriati noi stessi e gli altri? Le risposte possono sembrare banali, ma sono difficili da mettere in pratica perché devono essere proporzionate al cambiamento che la storia ci impone. Cerchiamo di prospettare alcuni interventi necessari per cui batterci nel prossimo futuro.
1) Il sistema dell’istruzione dovrebbe inserire in modo decisivo la padronanza di conoscenze e competenze digitali nei programmi dando a queste materie un posto significativo in tutti i gradi dell’istruzione. (Ci sono tante iniziative che esprimono bene questa necessità. Ne citiamo una per tutte.
In un prossimo futuro chi non avrà almeno nozioni rudimentali di programmazione informatica si troverà nella stessa inferiorità culturale di coloro che erano analfabeti nel secolo scorso. Molti insegnanti però non sono stati formati, sono anch’essi come dei bambini digitali, quindi la rivoluzione dei programmi dovrà necessariamente essere sostenuta da una riqualificazione professionale dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Questo processo è già in atto ma bisogna investire molto di più su di esso. Sarà un lavoro che richiederà alcuni lustri per essere realizzato a pieno e risulterà veramente compiuto quando gli insegnanti più anziani andranno in pensione e saranno sostituiti da persone naturalmente avvezze al mondo digitale perché lo hanno conosciuto già nella loro infanzia.
2) Occorre creare delle regole condivise che proteggano i cittadini, anche emanando leggi e risoluzioni che impediscano ai colossi dell’informatica di usare i dati personali per trasformarli in strumenti di controllo e condizionamento sociale e culturale. L’Europa si pone all’avanguardia in questa direzione (vedi qui)
I dati, ormai tutti lo sanno, sono valorizzabili economicamente e per ottenere il potere politico. Ci troviamo ormai nella situazione paradossale che i grandi gruppi del digitale possono esercitare sui parlamenti di tutto il mondo un’influenza enorme e attirare le migliori menti del pianeta per metterle al loro servizio svuotando le università statali e impedendo, nei fatti, che i governi possano esercitare una qualche forma di controllo su ciò che essi fanno, sulla coincidenza dei desideri di chi può indirizzare queste multinazionali e il bene comune.
Se già riuscissimo a fare queste due cose sarebbe già darsi “una regolata” e potremmo affermare con più sicurezza che l’umanità supererà anche questa tormenta e magari, dietro il polverone che essa ha alzato e grazie ai nuovi strumenti che potrà usare, troverà una strada in discesa per lasciare alla prossime generazioni un mondo migliore di quello che ha ricevuto dalla precedente, che si è dimostrata inadeguata a preservare la madre Terra.