Da consumatori a uomini: l'invito del Papa per tornare a essere umani
di Sara Roversi
da www.laprovinciapavese.gelocal.it
@Riproduzione Riservata del 14 gernnaio 2024
Il Pontefice e l'invito a passare dalla follia del ventre alla sobrietà per accantonare l’avidità che minaccia l’equilibrio ecologico del nostro pianeta.-
«Gastrimargia»: è con questo termine, traducibile come «follia del ventre», che gli antichi Padri si riferivano al vizio della gola. Un vizio che – come ha sottolineato Bergoglio con parole memorabili, nel corso della sua udienza generale – non è un peccato individuale ma, piuttosto, l’emblema dell’avidità che minaccia l’equilibrio ecologico del nostro pianeta. Nella società odierna siamo passati inosservatamente dall’essere umani a essere «consumatori» (di cibo, di beni, di ideologie, di immagini, e così via, potenzialmente all’infinito): un terribile cambiamento di identità che riflette una crescente disconnessione dalla natura e dai nostri bisogni più autentici. Questa trasformazione è sintomo di quella che Bergoglio già nella Laudate Deum aveva definito come la «malattia silenziosa che colpisce tutti noi»: ovvero l’inconsapevolezza di quanto tutto sia collegato, di quanto ognuno di noi sia parte integrante della natura.
Se un ambiente sano è il risultato dell’interazione sana con tutto ciò che ci circonda, allora – spiega il Papa – «la voracità con cui ci siamo tutti scatenati, da qualche secolo a questa parte, verso i beni del pianeta» dimostra palesamente quanto malato sia il nostro modo di rapportarci non tanto e non solo al cibo, ma al mondo stesso. Il vizio della gola (che, attenzione, non è rifiuto della «simpatia nei confronti delle gioie umane» – come ci tiene a precisare il Papa) diventa quindi metafora di un più ampio disordine nel rapporto con le risorse del nostro pianeta.
Divorando tutto, avventandoci su tutto per «diventare padroni di ogni cosa», ci stiamo autodivorando, diventando predatori di noi stessi.
Quelle di Bergoglio sono parole che tutti noi dovremmo tenere a mente: «l’attenzione che dobbiamo avere è quella interiore: dunque non sul cibo in sé, ma sulla nostra relazione con esso». Come ripeto molto spesso, non si tratta solo di ciò che mangiamo, ma del come e del perché lo facciamo. Di una consapevolezza alimentare che va oltre la nutrizione, abbracciando aspetti etici, ambientali e sociali. Il cibo è uno specchio delle nostre scelte e dei nostri valori, riflettendo la nostra predisposizione all’equilibrio o alla smodatezza, la nostra generosità o la nostra arroganza, la nostra empatia o il nostro egoismo.
«Dimmi come mangi, e ti dirò che anima possiedi» – afferma con parole potentissime Bergoglio. Questo perché «nel modo di mangiare si rivela la nostra interiorità, le nostre abitudini, i nostri atteggiamenti psichici». Se valutiamo il mondo attraverso questa lente, è evidente che la nostra “interiorità collettiva” è allora profondamente fratturata. Il nostro attuale modello di consumo alimentare ha scaraventato il pianeta in una crisi multidimensionale, caratterizzata da insicurezza alimentare, un’emergenza ambientale devastante, provocata in gran parte dall’industria alimentare, e da crescenti problemi di salute pubblica. È una situazione che chiama in causa non solo le nostre scelte individuali ma anche le strutture e i sistemi globali che supportano e perpetuano queste dinamiche me questa è una verità valida non solo a livello individuale.
Già nell’Enciclica Laudate Deum, con una semplicità straordinaria, il Papa ci aveva detto che non ci «viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo». Che non dobbiamo fare altro che curare la nostra casa, riconciliarci con il mondo che ci ospita, «impreziosirlo con il proprio contributo». Con un tempismo allarmante, oggi ci siamo tutti svegliati con la notizia diffusa da Copernicus, apparsa sulle prime pagine della stampa globale: il 2023 è l’anno stato il più caldo mai registrato. E, verosimilmente, la situazione peggiorerà.
Forse allora è davvero giunto il tempo – citando Francesco – di unirci nella strada della sobrietà: affinché le varie forme di gola non si impadroniscano della nostra vita. Una sobrietà che non è rinuncia, ma equilibrio consapevole, approccio misurato alla vita. Una moderazione che non sacrifica la gioia, ma rafforza l’autocontrollo, nel rispetto, nell’amore e nella cura per l’altro, per la nostra comunità, per il nostro pianeta.