Giornata disabilità. Con mio figlio Filippo, oltre l'autismo
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 02 dicembre 2024
La testimonianza di mamma Giulia apre una finestra su una realtà spesso raccontata attraverso luoghi comuni: «Servono più servizi e strutture. Ma quel che manca realmente è l’informazione, in modo da poter conoscere come funzionano questi ragazzi, riconoscere le loro caratteristiche e aiutarli».-
«Mio figlio è la luce dei miei occhi, lo amo infinitamente e incondizionatamente e non lo cambierei per nulla al mondo. Ma l’autismo, quello, mi fa davvero tanta rabbia, perché ti toglie la spontaneità dei gesti nell’essere un genitore. Essere mamma di un ragazzo autistico, infatti, ti stravolge la vita, significa ripensare tutto e mettere in discussione ciò che sai e ciò che sei». Giulia parla con consapevolezza e determinazione. Suo figlio Filippo, 14 anni, è un ragazzo autistico con una necessità di supporto di livello 1, ovvero ad alto funzionamento, una condizione che ha richiesto a lei e suo marito di reimparare da zero l'arte di essere genitori, in un apprendimento continuo di strategie per aiutare suo figlio e loro stessi.
La diagnosi è arrivata tardi, quando Filippo stava per compiere 7 anni. Fino a quel momento, la sua capacità di mascherare le difficoltà aveva reso complesso individuare le cause dei suoi comportamenti. «Quando è arrivata la diagnosi non sono entrata in crisi, come succede a molti genitori nella sua accettazione. Conoscevo mio figlio da quando era nato, non mi importava l’etichetta», racconta. «La domanda è stata: ora cosa facciamo, come possiamo aiutarlo a vivere meglio?».
Ciò che hanno fatto prima di tutto è stato far iniziare a Filippo la terapia cognitivo comportamentale immediatamente dopo la diagnosi. «Così, grazie all’incontro con persone meravigliose e al continuo impegno e lavoro a casa, ma anche a scuola e soprattutto alla condivisione di obiettivi e metodologie, tra tutte le figure che gli ruotano intorno, abbiamo ottenuto enormi progressi. Oggi è un ragazzino affettuosissimo e molto intelligente, sempre entusiasta. È curioso, interessato a tanti argomenti e a volte è in grado di lasciarti a bocca aperta per le innumerevoli cose che conosce e per la capacità oratoria e il lessico utilizzato. Ha una capacità mnemonica straordinaria e talvolta è in grado di fare dei ragionamenti che farebbero invidia ad un adulto».
Eppure, il quotidiano è una sfida continua. Ogni scelta, anche la più semplice come una pizza fuori casa, deve essere attentamente pianificata per evitare crisi comportamentali. «Non ci si può permettere di essere stanchi», spiega Giulia. «Diventi un educatore 24 ore su 24, devi imparare a prevedere le situazioni, anzi ad anticiparle. È sfinente in tutti i sensi: fisicamente, psicologicamente ed emotivamente, anche perché le persone intorno non capiscono e giudicano, arrivando persino a dire che mio figlio è solo viziato».
Inoltre, per Filippo non è facile farsi degli amici, e spesso quelli con cui riesce a stabilire rapporti significativi sono ragazzi o ragazze che hanno il suo stesso funzionamento o che sono con lui in una sorta di relazione di cura, quindi persone che sono in grado di vedere le sue difficoltà e di supportarlo. «Ci sono moltissimi comportamenti e sue peculiarità che condizionano la nostra vita familiare, è imprescindibile, è così – sottolinea Giulia - Io sono stata aiutata dal fatto di essere curiosa, abbastanza capace di autocritica e obiettiva. Mio marito mi è sempre stato vicino, abbiamo vissuto insieme tutti i momenti della vita di Filippo, in casa ci aiutiamo, per fortuna, altrimenti sarebbe stata ben più tosta».
Un incontro importante: il Villaggio Lakota e la magia dell’ippoterapia
Un’altra trasformazione importante è arrivata attraverso quattro zampe e un cuore grande: un innovativo progetto di ippoterapia presso il Villaggio Lakota di Ammonite, nella campagna ravennate, rivolto a bambini, ragazzi e giovani adulti con disabilità intellettiva, tra cui l’autismo. Un progetto sostenuto dalla Fondazione Santa Rita da Cascia, che ha permesso a Filippo di accedere alle lezioni gratuitamente, un aiuto prezioso per una famiglia comune - lei insegnante, il marito operatore portuale - che deve già sostenere numerose spese per terapie private e supporto educativo. In realtà, il progetto si distingue dall'ippoterapia tradizionale, definendosi equitazione integrata, in quanto non prevede la presenza di psicologi, fisioterapisti e medici, ma si basa unicamente sulla competenza dell'istruttrice, sportiva che unisce la conoscenza della disabilità alla profonda esperienza del cavallo, ai fini dell’inclusione sociale. «Queste lezioni hanno portato a un cambiamento in Filippo», racconta Giulia con emozione, aggiungendo quanto spesso sia difficile per i ragazzi autistici poter praticare uno sport. «Ha imparato nuove strategie comportamentali, derivanti dalla relazione di cura e accudimento del cavallo, ciò ha avuto un impatto anche su noi genitori. Ciò significa che è meno difficile lavorare con lui e su di lui». Continua: «Filippo ha imparato un maggior autocontrollo nelle situazioni di frustrazione, ha incrementato e sviluppato l’empatia, riuscendo a capire i bisogni del cavallo e quelli degli altri. Ora, se ho mal di testa, si preoccupa per me e mi chiede se voglio stendermi vicino a lui. Prima avrebbe semplicemente detto "il mal di testa ce l'hai tu, non io". È un cambiamento enorme».
Al Villaggio Lakota, che Giulia descrive come «un gran bel posto che ti mette in pace con il resto del mondo», i ragazzi non solo imparano a cavalcare ma si prendono cura dei cavalli, sviluppando con essi una profonda connessione. È stato dimostrato che i cavalli sono eccellenti mediatori per le persone con autismo, capaci di generare stimolazioni neurosensoriali uniche e creare relazioni significative. «Filippo adora il "suo" cavallo», sorride Giulia. «Gli manca tantissimo quando non lo vede, lo cerca. Avevamo pensato di fargli provare altre attività, ma lui è voluto tornare e anch'io l'ho voluto fortemente!».
Oltre gli stereotipi, per una reale inclusione
La storia di Giulia e Filippo apre una finestra su una realtà che spesso viene raccontata attraverso stereotipi e luoghi comuni. «Potrei dire che in Italia servono più servizi e strutture per gli autistici e anche se questo è vero, quando penso a questi ragazzi catapultati nel mondo, quello che manca realmente è l’informazione, oltre alla formazione, in modo da poter conoscere come funzionano, saper riconoscere le loro caratteristiche e aiutarli», spiega Giulia. «Invece, parliamo di autismo principalmente il 2 aprile, durante la Giornata mondiale della consapevolezza, con quello che io chiamo "frittate informative", soprattutto in televisione, basate su teorie vecchie e stereotipi. Per gli autistici si parla sempre di comportamenti aggressivi o difficoltà del linguaggio, ma non si menziona la loro diversa sensorialità, il modo unico in cui percepiscono il mondo, che rappresenta una delle loro maggiori difficoltà. Ci sono ragazzi che hanno sviluppato una ipersensorialità ai rumori e quindi, per loro, una semplice sirena può essere percepita come un dolore lancinante, mentre gli stessi possono avere una iposensorialità tattile e potrebbero non reagire a uno stimolo fisico come un pizzicotto».
Prosegue mamma Giulia: «È fondamentale comprendere anche le loro difficoltà nella comunicazione, nella pragmatica e nell’intenzione: molti ragazzi autistici possono parlare per ore di un argomento che li appassiona, come Filippo con la Seconda Guerra Mondiale, senza rendersi conto se l'interlocutore sia interessato o meno». Altra caratteristica «è quella delle stereotipie o stimming, che sono comportamenti che aiutano i ragazzi ad autore-golarsi. Per chi li guarda dall’esterno possono sembrare bizzarrie ma spesso bloccare uno di questi comportamenti può far scaturire una profonda crisi». «È necessaria la consapevolezza dei loro limiti reali, senza forzarli perché altrimenti vanno in stress, ma anche delle loro potenzialità, spesso nascoste dietro ciò che la società immagina come limiti. Dobbiamo smettere di vergognarci di dire che i nostri figli sono autistici. È particolarmente importante che i ragazzi ad alto funzionamento sviluppino loro stessi autoconsapevolezza dei propri limiti e potenzialità. Servono meno pietismo e più inclusione reale, il che significa offrire le stesse opportunità a tutti», afferma Giulia con fermezza, citando la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, secondo cui essa è il risultato dell'interazione tra le persone e le barriere comportamentali e ambientali che impediscono la loro piena partecipazione alla società.
Il sostegno che fa la differenza
Grazie al sostegno della Fondazione Santa Rita da Cascia, Filippo e altri 25 giovani con disabilità intellettiva possono beneficiare di questa preziosa terapia. Un'opportunità che sta donando benessere non solo alla loro vita, ma anche a quella delle loro famiglie, dimostrando come il legame speciale tra un ragazzo e un cavallo possa aprire nuove strade verso l'autonomia e la comprensione di sé e degli altri. «Le due ore settimanali di terapia offerte dall'ASL sono spesso insufficienti», dice ancora Giulia. «Le famiglie devono sostenere il costo di terapie private, circa 40-50 euro all'ora. Il contributo della Fondazione fa la differenza e permette a questi ragazzi di accedere a un'opportunità che altrimenti sarebbe preclusa a molti».