Ragazzi e alcol: la famiglia è decisiva nello spingere o meno al consumo
di Maurizio Tucci
Il «gruppo dei pari» può essere un induttore al consumo di alcolici e all’ubriacatura,
ma per gli adolescenti il rapporto con i genitori è ancora l’argine fondamentale.-
Aumenta, fortunatamente, l’età del primo contatto con le bevande alcoliche, e nella prima adolescenza la famiglia si conferma un importante elemento di protezione nei confronti degli eccessi. Sul fronte opposto però, si conferma anche l’effetto di trascinamento del gruppo dei pari nell’indurre gli adolescenti a un consumo incontrollato di alcol. Questi, in estrema sintesi, i primi risultati dell’indagine biennale su “Adolescenti e alcool” realizzata da Osservatorio permanente giovani e alcol, Associazione laboratorio adolescenza e Società italiana di medicina dell’adolescenza.
Lo studio sugli adolescenti
Lo studio, arrivato alla sua terza edizione, è stato condotto su un campione nazionale di duemila adolescenti che frequentano la terza media (fascia d’età 12-14 anni). In questa fascia d’età il rapporto con l’alcol non si è ancora strutturato e quindi si ha ancora la possibilità di intervenire con efficacia, per indurre i giovanissimi a comportamenti e abitudini corrette. Gli adolescenti italiani, da quanto emerge dalla ricerca, appaiono tutt’altro che “bevitori”: ad avere un consumo più o meno quotidiano, essenzialmente durante i pasti, di bevande alcoliche (nei tre mesi precedenti l’intervista) è risultato essere poco più del 3% del campione considerato. Le cose cambiano, purtroppo, quando il bere – all’interno del gruppo dei pari – diventa una questione di “look” : si beve perché gli altri lo fanno e chi non lo fa, in qualche modo, si “chiama fuori”. Molti sono in grado di resistere, ma parecchi altri, in un momento in cui autostima e sicurezza di sé non sono merce che abbonda, si fanno trascinare.
Se si beve in famiglia ci si ubriaca meno
Il dato che ci viene dall’esperienza dell’ubriacatura (il 13,7% del campione ha affermato di aver avuto questa esperienza una sola volta e il 7,1% più volte) è indicativo: più gli amici bevono ed eccedono, più si beve e ci si ubriaca. A non essere mai “andato oltre” è il 56% degli adolescenti che hanno detto di non avere amici che si ubriacano, mentre tra chi frequenta in maggioranza amici che si ubriacano solo il 3% non ha mai avuto esperienza diretta di eccessi alcolici. Viceversa se il consumo di bevande alcoliche avviene prevalentemente in famiglia, anche solo occasionalmente (e comunque in modo controllato e scevro da connotati trasgressivi), la tendenza a provare l’esperienza dell’ubriacatura risulta nettamente meno frequente. Non si è mai ubriacato l’84% degli adolescenti che ha contatto con bevande alcoliche soprattutto in famiglia contro il 48% di chi si avvicina all’alcol prevalentemente con gli amici. «Il problema maggiore relativo al consumo di alcol in età adolescenziale — afferma Gabriella Pozzobon, Presidente della Società italiana di medicina dell’adolescenza— è che i ragazzi considerano socialmente accettabile il bere alla loro età e, soprattutto, non pericoloso. Ubriacarsi, per loro, è fonte di evasione e divertimento, senza considerare tutti i gravi effetti che ne derivano e senza rendersi conto che il bere può rappresentare (e spesso rappresenta) un primo passo verso altri comportamenti a rischio o vere e proprie dipendenze. Ed è a una sempre maggiore informazione, diretta specificatamente ai ragazzi, che la Società italiana di medicina dell’adolescenza e noi “pediatri -adolescentologi” ci stiamo dedicando e continueremo a dedicarci con sempre maggiori energie».
I giovani bevono anche per dimenticare
Se adeguarsi al gruppo e divertirsi sono – secondo i diretti interessati e indipendentemente dal loro comportamento individuale - le ragioni più indicate (49%) tra quelle per le quali un adolescente consuma bevande alcoliche, subito dopo troviamo il “dimenticare i problemi” (44,6%). E le difficoltà, per un adolescente, sono spesso legate al rapporto con la famiglia. Dai dati dell’indagine emerge chiara questa correlazione: la percentuale di ragazzini che dichiara di essersi ubriacato più volte raddoppia passando da chi afferma di avere una vita familiare piacevole e serena (6,1% ) a chi riferisce di avere rapporti con i genitori critici o francamente conflittuali (11,8%). «Un’esperienza singola di ubriacatura, benché mai apprezzabile, può essere considerata quasi una sorta di tappa obbligata per un adolescente – sostiene Fulvio Scaparro, psicologo e psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza, referente per l’area psicologica di Laboratorio Adolescenza - e può verificarsi anche in contesti familiari assolutamente sereni. Se però ubriacarsi a quattordici anni comincia a non essere un evento isolato allora può essere espressione di un disagio conseguente a rapporti familiari critici. Genitori conflittuali tra loro, che quindi turbano la serenità familiare, o forti carenze affettive percepite dai ragazzi, possono indurre a ricercare altrove e con mezzi impropri, vie di fuga. All’aumentare dell’età, quando cambiano anche i pesi delle relazioni affettive, lo stesso può verificarsi in conseguenza a difficoltà di rapporto tra giovani partner».
L’importanza della cornice familiare
«I risultati dell’indagine segnalano, ancora una volta, l’importanza della cornice familiare e ambientale nel condizionare l’evoluzione dei comportamenti giovanili» dice Enrico Tempesta, presidente dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcool, promotore del lavoro. «In una realtà, come quella italiana, contraddistinta in larga misura da un’iniziazione all’alcol intra-familiare – e quindi “protetta” - restano importantissimi i fattori di contesto. Se, da un lato, la carenza di informazione e il vissuto di invulnerabilità dei giovanissimi può portare a eccessi pericolosi, dall’altro, una famiglia presente, e affettivamente solida, condiziona favorevolmente la crescita dei ragazzi, tutelandoli anche dagli eccessi indotti dal gruppo dei pari».
È più facile dire no a una sigaretta che a un bicchiere
«È più facile rifiutare una sigaretta che un chupito»: lo ha detto la maggioranza degli adolescenti nei focus group durante la ricerca su alcol e adolescenti. Le pressioni del gruppo a bere sono più insistenti di quelle a fumare ed è più difficile opporre resistenza. Alessandra Marazzani, psicologa di Laboratorio Adolescenza, spiega: «Bere è un rito collettivo, molto più di quanto lo sia fumare una sigaretta; la percezione dei danni da fumo – frutto di provvidenziali campagne di comunicazione – è più alta della percezione dei danni da alcol. La scelta di fumare o non fumare è riconosciuta come difficilmente influenzabile dalle scelte del gruppo, molto più del bere o non bere (a meno che non si sia noti come astemi). La differenza tra le bevande alcoliche è poi maggiore di quella fra marche di sigarette, il che induce a proporle in alternativa e con maggiore insistenza.
da www.corriere.it
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