Hikikomori, la sindrome dei ragazzi che si chiudono in camera e rifiutano ogni aiuto
di Marco Crepaldi - Laurea in Psicologia Sociale
Molto diffusa in Giappone, colpisce tanti adolescenti anche in Italia. Non è depressione, non è dipendenza dai videogames, non è solo un disturbo d'ansia. Cosa c'è da sapere e come intervenire.-
Il fenomeno è sconosciuto, quasi “invisibile” come i soggetti che ne soffrono: si chiama “Hikikomori”, in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce più adolescenti (anche italiani) di quanto si possa immaginare. Non li vediamo perché la loro vita si svolge interamente in una stanza: la loro camera da letto. Si rifiutano di uscire, di vedere gente e di avere rapporti sociali. In quella stanza leggono, disegnano, dormono, giocano con i videogiochi e navigano su Internet. Ma soprattutto proteggono loro stessi dal giudizio del mondo esterno. Chi attribuisce la colpa del disagio alle nuove tecnologie sbaglia di grosso. Le cause sono molteplici e il fenomeno è sorto prima dell’avvento del pc. Di noto c’è che l’isolamento può durare alcuni mesi o anni, ma una cosa, sostengono gli esperti, è certa: non si risolve mai spontaneamente. Cos’è, come riconoscerlo e curarlo? Lo abbiamo chiesto a Marco Crepaldi, presidente di Hikikomori Italia, “un progetto di sensibilizzazione e informazione corretta sul fenomeno che i media – ma anche i medici - tendono a confondere con la depressione o con la dipendenza da Internet”.
Cos’è l’hikikomori
L’hikikomori è un meccanismo di difesa messo in atto come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale tipiche delle società capitalistiche economicamente più sviluppate. Spiega all’Agi Crepaldi: “L’hikikomori è il frutto si una società che esercita sui ragazzi una serie di pressioni che vanno dai buoni voti scolastici, alla realizzazione personale, alla bellezza fino alla moda”. Ragazzi e ragazze si trovano così a dover colmare virtualmente il gap che si viene a creare tra la realtà e le aspettative di genitori, insegnanti e coetanei. Quando questo gap diventa troppo grande si sperimentano sentimenti di impotenza, perdita di controllo e di fallimento.A loro volta questi sentimenti negativi possono portare ad un atteggiamento di rifiuto verso quelle che sono le fonti di tali aspettative sociali. E siccome queste fonti sono rappresentate, come detto, dai genitori, dagli insegnanti, dai coetanei e, più in generale dalla società, il ragazzo tenderà spontaneamente ad allontanarsene e a rifugiarsi nella propria camera dove è immune al sentimento della vergogna.
Come si riconoscono gli hikikomori?
I primi segnali arrivano generalmente dalla fase pre-adolescenza fino a quella adulta, con due passaggi chiave: l’inizio e la fine delle scuole superiori. “Le prime perché il ragazzo a confrontarsi con insegnanti e compagni di classe nuovi. La seconda perché è il momento in cui bisogna tracciare la strada che si vuole seguire nella vita”. Spesso la chiusura non è netta: il primo segnale preoccupante sono le frequenti assenze a scuola, tanto che l’assenteismo – che può durare anche anni – è frequentissima nei casi di hikikomori. Tra gli altri principali campanelli d’allarme ci sono:
- l’inversione del ritmo sonno-veglia
- l’auto-reclusione in camera da letto
- la preferenza per le attività solitarie
Quanti sono e chi sono gli hikikomori italiani
Al momento in Giappone ci sono di oltre 500.000 casi accertati, ma secondo le associazioni che se ne occupano il numero potrebbe arrivare addirittura a un milione (l'1% dell'intera popolazione nipponica). Nel nostro Paese, secondo Hikikomori Italia, alcune stime (non ufficiali) riportano almeno 100.000 casi. “La maggior parte dei ragazzi hanno tra i 15 e i 25 anni, ma non mancano casi più giovani o più adulti. Provengono da famiglie benestanti e spessissimo sono figli unici in quanto subiscono le maggiori aspettative genitoriali. In moltissimi casi sono figli di genitori separati. Sono ragazzi molto intelligenti, che non hanno alcun problema a livello scolastico e che hanno poco in comune con i compagni di classe".
Perché si diventa hikikomori
Le cause sono varie, ma alla base c’è una fragilità caratteriale dei ragazzi che provano dolore e disagio nel vivere alcune situazioni sociali. L’hikikomori sarebbe infatti il risultato di una serie di concause caratteriali, sociali e familiari. Eccole spiegate una per una.
Caratteriali: Gli hikikomori sono ragazzi molto intelligenti, ma anche particolarmente introversi e sensibili. Questo temperamento contribuisce alla loro difficoltà nell'instaurare relazioni soddisfacenti e durature, così come nell'affrontare con efficacia le inevitabili difficoltà e delusioni che la vita riserva.
Familiari: L'assenza emotiva del padre e l'eccessivo attaccamento con la madre sono indicate come possibili cause, soprattutto nell'esperienza giapponese.
Sociali: Gli hikikomori hanno spesso una visione molto negativa della società e soffrono particolarmente le pressioni di realizzazione sociale che da essa derivano, a tal punto da arrivare a ripudiarle.
Tutto questo porta a una crescente difficoltà e demotivazione del ragazzo nel confrontarsi con la vita sociale, fino a un vero e proprio rifiuto della stessa. Il disagio cresce col crescere dell’età: mentre gli hikikomori restano chiusi in camera, i compagni si diplomano, si laureano, trovano lavoro. E il confronto con gli amici per questi ragazzi diventa sempre più insopportabile.
Cosa NON è l’hikikomori
Sempre più spesso l’hikikomori viene scambiato con patologie con cui non ha nulla a che fare, generando una grande confusione intorno al fenomeno. Ecco cosa non è l’hikikomori.
È possibile aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato?
La risposta è sì. Sbagliato però sottoporre i ragazzi a una terapia tradizionale – ammesso che i diretti interessati vogliano farlo -. “Oggi ci sono pochi terapeuti ben formati sul problema. I medici non conoscono il fenomeno, non sanno da dove iniziare e tendono a inquadrarlo nelle categorie classiche: fobia sociale, disturbo della personalità, depressione…”, spiega Crepaldi. “L’approccio giusto, invece, è diverso e richiede il coinvolgimento dei entrambi i genitori. Spesso accade che solo la mamma si renda disponibile. La buona riuscita della terapia dipende anche dal papà”. Quanto ai farmaci nella fase inziale sono inutili. “La terapia farmacologica può rivelarsi utile nella fase acuta, quando il ragazzo dopo anni di isolamento, inizia a manifestare anche sindrome paranoide”. Per Crepaldi, inoltre, è fondamentale che i genitori tengano sempre in mente questi tre punti:
Posso aiutarlo fino a un certo punto: L'impatto che le nostre parole e le nostre azioni possono avere sulla vita di un'altra persona non può mai superare determinati limiti. È doveroso provare ad aiutare una persona che riteniamo essere in pericolo, ma allo stesso tempo, non possiamo agire per conto di quella persona e la nostra responsabilità sulle sue scelte è, giustamente, ridotta. Ognuno è padrone della propria vita, anche nostro figlio.