SMARTPHONE IN CLASSE? BOCCIATO!
di Alberto Laggia
Una scuola del vicentino ha bandito i cellulari. Ma nessuno se ne lamenta, anzi. Un messaggio chiaro alla ministra Fedeli che vorrebbe introdurre il cellulare in classe per uso didattico. Non solo: gli alunni hanno scritto un romanzo collettivo sul tema, “Un emoji per amico”.-
Veniamo subito alla questione: la scuola può educare gli alunni a un uso consapevole e moderato degli smartphone, introducendoli anche in classe? «Non scherziamo: sarebbe come pensare di poter educare gli alunni a non abusare degli alcolici introducendone l’uso anche a scuola».
Non usa giri di parole Pier Paolo Frigotto, preside dell’Istituto comprensivo statale G. Parise di Arzignano, nel Vicentino, per esprimere il suo totale dissenso sulla recente iniziativa della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli in merito all’uso dei cellulari in classe. L’uso didattico dello smartphone che, a 13 anni, faciliterebbe l’apprendimento non ha convinto dirigenti e professori del Parise. Per dirla in gergo scolastico: l’idea non è stata solo rimandata a settembre, ma bocciata in tronco.
Al Parise, sta scritto nel regolamento d’istituto, i telefonini sono banditi. I genitori lo sanno come pure gli alunni, e nessuno se ne lamenta, anzi.
«Ma non basta», precisa il preside: «Come insegnante di lungo corso prima, e come dirigente ora, non posso fingere che non esista il problema dell’uso maldestro che gli adolescenti fanno dello smartphone. Il cellulare rappresenta una vera e propria “emergenza educativa” perché comporta dei rischi, come l’accesso a contenuti non adatti o pericolosi. I genitori mettono nelle mani dei loro figli, a un’età sempre più precoce, uno strumento da adulti, senza pensare alle conseguenze. Ci siamo, insomma, resi conto che solo una scuola che prende seriamente in considerazione le opportunità ma anche i rischi di una connessione continua può offrire un insegnamento adeguato sui new-media, con i new-media». E conclude: «Aiutando i ragazzi a utilizzare la tecnologia e, soprattutto, gli smartphone in modo consapevole e sicuro, li prepariamo alla società di domani».
Così tre anni fa l’Istituto di Arzignano ha avviato un originale percorso didattico sull’uso e l’abuso del cellulare. Come? Proponendo agli alunni la realizzazione di un romanzo, attraverso un’esperienza di scrittura collettiva: ottocento allievi, dalla quinta elementare alla terza media dell’istituto, di 37 classi, coordinati da un’équipe di docenti esperti in scrittura creativa, si sono messi a scrivere una storia sul tema. Ne è uscito il libro Un emoji per amico, pubblicato da Edizioni Corsare di Perugia. Il romanzo racconta, nel linguaggio degli adolescenti, le disavventure di Andrea Billetti, detto Billi, a cui per il suo undicesimo compleanno viene regalato un cellulare. Con il suo nuovo smartphone il protagonista ne combinerà di tutti i colori, ma soprattutto inizierà ad allontanarsi dalla vita reale, dagli amici, dalla scuola, perfino dalla sua grande passione, il calcio. Per fortuna interviene un simpatico emoji che lo aiuterà a cavarsi dai guai.
«Da un semplice canovaccio, i ragazzi hanno elaborato la trama, capitolo per capitolo, aiutati da una piattaforma di Google Drive. Ne è uscita una storia avvincente, che ha molti riferimenti alla loro vita reale ed è aderente al loro modo di parlare e scrivere sui social. Per noi insegnanti è stata l’occasione di apprendere una lingua diversa, quella appunto che i ragazzi usano per comunicare con i coetanei » spiegano Emma Besoli, maestra elementare, e Deborah Zordan, insegnante di Lettere alle medie, docenti al Parise e coinvolte nel team di scrittura creativa. «Il lavoro di elaborazione collettiva del testo è stata anche l’occasione preziosa per ragionare con i ragazzi sul significato della parola “amicizia” e sulla differenza tra quella virtuale che si crea sui social e quella reale. Un cammino di consapevolezza su cosa significhi usare uno smartphone, ormai divenuto oggetto del desiderio fin dalle elementari. È il regalo più ambito chiesto dai bambini, già in occasione della Prima Comunione». E i ragazzi che ne pensano? «Siamo entrati subito, senza difficoltà, nella parte di Billi, uno di noi», spiega Tommaso, studente di terza media. «È bellissimo stare a scuola senza il disturbo continuo del cellulare. Ci concentriamo e seguiamo al meglio la lezione», dice Albione, altra studentessa di terza media.
Consapevoli, poi, che un uso scriteriato dello smartphone da parte dei ragazzi spesso è solo conseguenza di un cattivo utilizzo che ne fanno i genitori, al Parise hanno pensato di fornire uno strumento di lavoro anche agli adulti. È il manuale Pericolo smartphone, scritto dallo stesso Frigotto, un agile e documentato libro delle istruzioni per educatori che vogliano saperne un po’ di più sullo sterminato mondo dei contenuti accessibili nel Web, per condividere con i figli o gli alunni un uso consapevole dei dispositivi elettronici. Si va dal significato degli emoji alle fake news; dal cyberbullismo alle radiazioni da cellulare.
«Riguardo alle proposte della ministra Fedeli sull’uso del cellulare a scopo didattico, infine mi chiedo: ma quale insegnante può garantire la vigilanza in classe su 20-30 smartphone accesi contemporaneamente? Il cellulare isola chi lo usa. Mentre la lezione dev’essere, partecipata», afferma il preside, che poi conclude: «Il cellulare non costituisce, infine, nemmeno una “didattica innovativa”: l’innovazione, da noi, passa già attraverso la lavagna Lim, che al Parise abbiamo ormai da tempo in ogni aula, e il “Laboratorio mobile” con Pc, trasportabile ovunque ». E ricorda, con orgoglio, che l’istituto s’è appena qualificato per le finali nazionali del campionato di robotica “First Lego League”. Della serie: non siamo contrari alle nuove tecnologie, anzi. Ma solo a quelle che a scuola non servono. Aperti a discuterne… anche su WhatsApp.
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 23 febbraio 2018