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Milano. Scuola, come si devono vestire gli studenti. I presidi: «No ai cappellini e ai jeans strappati»

nella foto il disegno-esempio della scuola germanica
di Elisabetta Andreis

«Abiti indecenti», i diktat dei dirigenti scolastici imbrigliano la moda. Istituto germanico, un pool ha stretto le regole.-

«Nella tua scuola ci sono regole sull’abbigliamento?», chiede una madre al figlio che frequenta la seconda liceo. «No, per fortuna siamo liberi». Liberi di indossare i calzoni corti o i sandali, ad esempio. Non ovunque è così. Anzi: appena le temperature si alzano, moltissimi istituti diramano severe circolari a dispetto di aule che spesso diventano fornaci, invitando a rispettare un «dress code decoroso e adeguato». Quindi: no ai bermuda, alle gonne corte, alle magliette aderenti o che lasciano scoperto l’ombelico, alle scollature. Al Gentileschi si sono dovuti «vietare» anche i cappellini da rapper in classe: «Il regolamento d’istituto è chiaro, ma è molto difficile farlo rispettare. Ci si chiede perché i genitori non intervengano, quando vedono i figli uscire così di casa — dice sbigottito il preside, Lorenzo Alviggi —. L’altro giorno una ragazzina si è presentata con i pantaloni veramente troppo stracciati, lo so che è la moda, ma non siamo in un’arena da concerto. Abbiamo chiesto al padre di portarle un paio di calzoni decenti».

Si infervora anche la preside del Feltrinelli, Rita Donadei: «La scuola non è una spiaggia! No a sandali-ciabatta e alle infradito». E al Donatelli Pascal: «Li rimandiamo indietro tutte le volte che si presentano con minigonne ascellari o shorts, e mi sembra il minimo — alza gli occhi al cielo la preside Carmela De Vita —. La regola vale per me che sono preside, e per tutto il personale». Alla scuola germanica di via Legnano la preside ha fatto arrivare persino il disegno stilizzato di una fanciulla, con indicati ad esempio la lunghezza minima di calzoni e gonna, con varie aggiunte, tra cui: «I leggins vanno bene, ma non troppo “trasparenti”». E si spiega: «Si sono verificati ripetutamente casi di allievi con un abbigliamento inadeguato, anche se avevamo già chiesto linee di condotta improntate alla decenza. Un gruppo di lavoro formato da studenti, genitori e insegnanti ha definito l’abbigliamento adatto e le opportune limitazioni — si legge —. È compito della scuola educare e aiutare i genitori anche sul problema dell’abbigliamento». Ai «trasgressori» sarà consegnata una maglietta decorosa.

Il look dei ragazzi, insomma, è definito un problema. In alcuni casi i ragazzi esagerano, è vero. «Ma una certa tolleranza con il caldo, ad esempio per i calzoni corti, noi la concediamo», ribatte Andrea Di Mario, del Carducci. Morbido anche Domenico Squillace, preside del Volta: «Allora sarebbe meglio una divisa, piuttosto. Regole così minuziose denotano possibili lacune educative a monte». Ancora più netto Massimo Barrella, alla guida dell’istituto Cadorna e della media Ricci: «Se si parla di dress code, bisognerebbe piuttosto incoraggiare i ragazzi a non essere brutte copie di alcuni rapper che si vestono di marchi di lusso dalla punta dell’alluce al ciuffo nei capelli, tutti uguali. Che ogni studente tiri fuori un po’ di personalità», sprona Barrella. E Neva Cellerino, del Lagrange: «Alla richiesta del collegio docenti di pubblicare sanzioni per abbigliamento non consono, ho provocatoriamente risposto che non mi sono mai permessa di fare commenti sullo stile dei docenti ma che, se avessimo pubblicato un regolamento, anche loro avrebbero dovuto adeguarsi. La richiesta è immediatamente rientrata».

da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 06 maggio 2018

 

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