Analisi. Per capire gli adolescenti è meglio concentrarsi su Mengoni che su Tony Effe
di Antonio Fiasco
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 gennaio 2025
Nelle polemiche di fine d’anno sul concerto del rapper Tony Effe è mancata questa domanda elementare: perché una folla di giovani e giovanissimi si ritrovano nelle narrazioni caratteriali e nell’esposizione del corpo ricoperto di simboli del cantante romano? Al netto di tutti gli sforzi, degli appelli accorati a mettere al bando i modi bruschi, compresi i canoni dell’erotismo irrispettoso, se non dell’esaltazione della violenza di genere, il personaggio ribelle e blasfemo comunque affascina. E allora tentiamo una elementare analisi semiologica e semantica delle immagini e dei testi delle canzoni del sedicente Tony Effe. E cerchiamo i modelli di narrazioni della giovinezza che sono inseriti nei testi stessi.
Non è un tratto originale o esclusivo, ma quei tatuaggi che dominano il corpo di Tony Effe rappresentano una scrittura permanente del sé. Non sono semplicemente decorativi: esibiscono una versione di storia personale e culturale sorretta da un marketing efficace. Così, tra superomismo e religio mortis, il teschio con le ossa incrociate replica un classico simbolo di memento mori e di ribellione, che richiama il pericolo e l'idea della morte come compagna costante.
Altra figura tatuata sul braccio, che richiamerebbe una madonna, offre un elemento di ambiguità simbolica: evoca una sacralità che si intreccia con la trasgressione, creando una tensione tra spiritualità e iconoclastia. Le collane pesanti, gli anelli vistosi e gli orologi di lusso che comunicano potere materiale e appartenenza a un’élite che sfida le convenzioni sociali. Per l’appunto, il metallo luccicante e l’eccesso nell’uso dei gioielli richiamano l’estetica tipica della trap, genere canoro che allude alla dipendenza da alcol e droghe. Dalla comminazione con il trap, per l’appunto, il lusso diventa simbolo di successo e riscatto sociale.
Difficile non cogliere la commercializzazione della giovinezza in quella valanga di forme estetiche rigorosamente organizzate. È una macchina da guerra, per catturare l’immaginario giovanile e spargere il feticismo degli oggetti lussuosi. Nessun dettaglio è trascurato. Lo sfondo di fuoco in un’immagine suggerisce una dimensione apocalittica e drammatica, in cui Tony Effe si erge come protagonista di un mondo in fiamme, dominato dal caos e dalla potenza visiva. Le immagini trasmettono un forte e prototipale edonismo, ma con un focus esasperato su beni materiali, tutto fisicità e piaceri immediati. E qui la drammaturgia degli amplessi violenti narrata con le performance canore fa strame di ogni possibile educazione e autoformazione all’incontro affettivo tra pari, nel rispetto e nella conquista di un linguaggio che permetta, mentre li si esprimono, di avere sentimenti nell’attrazione.
Nei testi di Tony Effe, tuttavia, l’apparente celebrazione di potere, lusso e successo è attraversata da segnali di insoddisfazione e vuoto. Urla «pensavo solo ai soldi, ma non era abbastanza»: il denaro, esaltato qui come in gran parte della sua produzione, diventa simbolo del vuoto. La soglia dell’aggressività, della violenza e dell’oltraggio viene spostata pericolosamente sempre più avanti. Come discusso da Furio Jesi e Umberto Galimberti, la celebrazione dell’edonismo e della trasgressione nella cultura giovanile contemporanea spesso cela una «desertificazione del senso».
Eppure, altre e decisamente più eleganti figure della giovinezza che muove a ricercare qualità, senso, autenticità nella scoperta in progress delle stagioni della vita sono presenti in alcune, nemmeno poche, produzioni della musica e delle canzoni amate dai giovani. Prendiamo Marco Mengoni, al polo opposto, sul quale possiamo fondare l'ipotesi di una elaborazione sentimentale, emotiva ed esistenziale davvero libera e autentica. Osserviamo alcuni dei motivi più apprezzati in Mengoni. Per esempio, il riconoscimento delle fragilità: in “Non Sono Questo” affronta direttamente i propri limiti emotivi e il peso delle aspettative. Si riflette una profonda elaborazione del sé, dove l’ammissione di vulnerabilità diventa un atto di forza. E poi i temi ricorrenti di errori e difficoltà nel crescere emotivamente («Io ci provo, giuro, adesso cresco, ma torno sempre sugli stessi sbagli») mostrano un percorso esistenziale fatto di contraddizioni e consapevolezza. Si potrebbe proseguire con l’esplorazione del vuoto e della ricerca (in “Due Vite”: «Siamo un libro sul pavimento in una casa vuota che sembra la nostra»). La metafora del libro e della casa vuota simboleggia il tentativo di ricostruire un senso di appartenenza e autenticità.
Il modello che implicitamente egli propone è della vita come viaggio emotivo, con testi (per esempio, “Se Imparassimo”) che non nascondono la difficoltà di vivere pienamente nel presente e la necessità di superare silenzi e incomprensioni. Insomma, Mengoni ci offre le porte di accesso a tanti e centrali aspetti della spiritualità giovanile. È importante riflettere e ricercare, se vogliamo avvicinarci alle emozioni vulcaniche dell’età incerta per antonomasia, l’adolescenza.