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Ascoli Piceno. D'Ercole: «I giovani e le chiese sono il motore della rinascita»

di Gianni Santamaria
«La gente mi chiede di ricostruire le parrocchie prima ancora delle case. I luoghi di culto garanzia contro l'abbandono».-
Scuole professionali per i giovani, valorizzando il territorio. Per dare loro prospettive lavorative e un contributo alla ricostruzione, la diocesi di Ascoli Piceno sta progettando la creazione di una 'Bottega della speranza'. Per recuperare l’artigianato locale. E anche la nascita di una scuola professionale di restauro delle opere d’arte. «Ci sarà da fare parecchio. Abbiamo pensato di dare ai ragazzi questa possibilità. Nel nostro piccolo vogliamo dare il nostro contributo senza pensare di risolvere da soli i problemi». Il vescovo Giovanni D’Ercole a un anno dal sisma ricorda quanto fatto e quanto è in cantiere nella sua diocesi. Sono in via di costruzione tre centri comunitari ad Acquasanta Terme, Offida e Montegallo. Si affiancheranno a quello di Arquata del Tronto che oggi per le celebrazioni dell’anniversario del sisma sarà testato, ospitando 50 volontari provenienti da Padova (ma sarà inaugurato più in là). Già finita e inaugurata è anche la chiesa nel villaggio di casette a Pescara del Tronto. «Si erge sulla via Salaria, come memoriale delle vittime del terremoto. Nel campanile abbiamo messo la campana più grande che c’era a Pescara», dice il pastore.

A che punto è la ricostruzione di case ed edifici
pubblici?
Va molto a rilento, ma non per negligenza. Piuttosto per le difficoltà oggettive. E per una burocrazia che richiede molti passaggi.

E le chiese?

Con 300mila euro ne abbiamo messe in sicurezza una quindicina. Non tantissime. Ora comincia la ricostruzione. Purtroppo gli edifici vincolati sono di competenza del ministero (dei Beni culturali ndr) e non possiamo conoscere i tempi. Mi auguro che, come per la messa in sicurezza, si avvalga del nostro apporto. Mettendo insieme le forze, possiamo accelerare. Altrimenti, visti il numero dei beni e l’ampiezza del cratere, non so quando si finirà.
Cosa significa ricostruire gli edifici sacri?
La gente mi ripete sempre: la chiesa prima delle case. Nei paesi, se ricostruisci la chiesa, si rifanno le feste patronali, le sagre, la gente ritorna e con certezza quei villaggi non moriranno. Ecco perché insisto molto sull’attivazione di un canale di ricostruzione rapido per le chiese. Si può accettare che, per ora, le case siano provvisorie. Ci vuole tempo. Le casette non sono tantissime rispetto alle necessità. Ma per la gente che ci va a vivere, rifare la chiesa vuol dire la rinascita.
Quale lo stato d’animo delle persone oggi?
Da un iniziale senso di smarrimento sono passate per una fase di disperazione. Ora non c’è disperazione, ma la gente non ce la fa più. C’è un miscuglio tra paura di essere abbandonati e voglia di rivedere subito l’impossibile: che tutto sia ricostruito rapidamente. Ogni tanto c’è qualche comprensibile scoppio di rabbia. Bisogna avere molta pazienza. Ma c’è fiducia. La gente si appoggia, spera, chiede aiuto. Non c’è luogo in cui non mi dicano: non ci abbandonate.

Cosa fanno la diocesi e la comunità ecclesiale nazionale?

Grazie alla Caritas italiana e a tante parrocchie, comunità, singoli in quest’anno abbiamo agito su tre filoni. L’aiuto alle famiglie delle vittime, che era urgente ed è stato fatto rapidamente. Poi l’assistenza ai piccoli artigiani. Se la gente resta in albergo senza lavorare e con l’idea fissa di aver perso tutto, si dispera. Allora abbiamo fatto ripartire bar, panifici, lattai. Piccoli interventi, ma numerosi. Fatti creando gemellaggi sui progetti tra chi aiutava e chi veniva aiutato. Non facendo arrivare un obolo, dunque, quanto stabilendo una relazione per far nascere un’opportunità di futuro da una situazione di disagio. Negli aiuti abbiamo investito un milione.

Il terzo filone?

Il piano educativo per i ragazzi. Sono quelli che hanno sofferto di più insieme agli anziani. Questi ultimi si lasciano morire. I ragazzi guardano al futuro con pochissima speranza. Per loro abbiamo creato strutture educative e iniziative che saranno convogliate in un’associazione chiamata 'Laboratorio della speranza'.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 24 agosto 2017
 

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