Bambini iper-connessi «saranno adulti violenti». Gli psicologi: danni da mancanza di sonno, memoria e concentrazione
di Graziella Melina
da www.ilgazzettino.it
@Riproduzione Riservata del 09 gennaio 2023
Il 60% dei genitori intrattiene i figli anche piccolissimi con gli smartphone.-
Ormai non ci fanno caso nemmeno i genitori. A ogni ora del giorno, e persino della notte, anche i bambini piccoli non riescono a fare a meno dello smartphone. Che si tratti di un video, di un gioco che distragga il piccolo mentre mamma e papà possono dedicarsi ad altro, oppure di una canzone che concili il sonno, di quell'oggetto, diventato una sorta di surrogato di una baby sitter, nessuno riesce a privarsi nemmeno un po'. Gli esperti che studiano il fenomeno, da anni, mettono in guardia da possibili rischi.
Bambini e danni da smartphone
E le ricerche attuali non fanno che confermare: usare lo smartphone sin da piccoli significa crescere con una sorta di dipendenza, che nei soggetti più fragili potrebbe poi sfuggire di mano.
L'ESPERTO
Lo psicoterapeuta Giuseppe Lavenia, presidente dell'Associazione nazionale dipendenze tecnologiche (Di.te.), il fenomeno lo osserva ogni giorno sul campo. «Sempre più ragazzi, specie dopo la pandemia racconta - preferiscono vivere online piuttosto che fare esperienze nella vita reale, con tutto quello che può derivarne, dal cyberbullismo all'hikikomori. Ma spesso sottovalutiamo il fatto che un uso eccessivo e precoce può avere conseguenze negative sul piano psicologico e sociale».
I DATI
I dati che l'associazione Di.te. ha raccolto, con un'indagine condotta nel 2022 in collaborazione con la Società italiana di pediatria condivisa (Sipec), descrivono bene cosa avviene in genere nelle famiglie con figli piccoli o adolescenti: su un campione di 13.049 tra genitori, adolescenti e bambini, nella fascia tra 0 e 4 anni, il 60% dei genitori intrattiene i figli con i device e il 67% li usa anche in loro presenza. Andando avanti nella fascia di età (4-9 anni), è ben l'88% del campione che dichiara di intrattenere i figli con smartphone o tablet, e quasi tutti li usano in loro presenza (96%). Ma c'è anche chi ne consente l'uso prima di dormire (37%), oppure quando sono stanchi o agitati (30%) e persino durante i pasti (41%). La situazione non migliora man mano che diventano adolescenti. Nella fascia di età 9-14 anni, lo smartphone accompagna i ragazzi per tutta la giornata: il 98% non se ne priva mai, e c'è chi continua a usarli (62%) anche prima di addormentarsi. A preoccupare però è che quasi tutti (81%) si annoia quando non li usa, il 57% preferisce rimanere connesso anziché uscire, il 77% è nervoso e scontroso quando i genitori gli impongono di disconnettersi.
I RISCHI
E se i rischi legati ai disturbi di apprendimento, alla mancanza di memoria, all'incapacità di concentrazione o di prendere sonno, oppure per i più piccini all'abitudine di usare soltanto il pollice per esplorare la realtà, sembrano in qualche modo superabili senza grandi patemi, spaventano invece e vanno affrontati subito con un esperto i rischi di possibili dipendenze. «Con l'utilizzo degli smartphone spiega Lavenia i bambini fin da piccoli si abituano ad aver tutto e subito. E crescendo perdono la capacità di attendere.
Significa, in concreto, non sapere aspettare una chiamata, una risposta, in qualsiasi contesto sociale o relazionale. Il problema è che il tutto e subito è un meccanismo che porta alle tossicodipendenze: quando non si sa gestire la frustrazione dell'attesa, si sente il bisogno di appagarsi immediatamente con qualsiasi altra cosa, che sia una sostanza o una relazione patologica». I danni possono essere diversi. «L'incapacità di gestire i tempi di attesa e la frustrazione prosegue lo psicoterapeuta possono poi sfociare in episodi di violenza, anche nelle relazioni di coppia. Da adulti non saranno in grado di accettare il rifiuto al quale è possibile che rispondano con aggressività».
Non deve neanche passare in secondo piano l'incapacità di annoiarsi. «La conseguenza più comune precisa Lavenia è che col tempo avremo sempre più adulti iperattivi oppure tendenzialmente depressi».
Oppure ancora, neo maggiorenni che non riescono ad affrontare il mondo del lavoro. «In molte aziende, quando si fa un colloquio ai ragazzi, spesso osserviamo che non hanno idea dell'esperienza lavorativa, temono che il lavoro affatichi, li stanchi e magari preferiscono dedicarsi ad attività più leggere e redditizie». Magari investendo tempo e creatività sui social, con la speranza di diventare influencer.