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CALANO GLI ABORTI IN ITALIA, NON QUELLI FARMACOLOGICI

di Francesco Belletti, Direttore del Cisf - Centro internazionale studi famiglia

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 11 ottobre 2023

ll tasso di abortività in Italia è il più basso tra i Paesi europei. Crescono, però, le interruzioni volontarie di gravidanza farmacologiche con la pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo e cresce il tasso di abortività tra le minorenni.-

La presentazione della consueta Relazione annuale sull’attuazione della legge 194/78, ad inizio di ottobre 2023, si conferma una preziosa occasione per riflettere su un tema che dopo tanti anni rimane ancora controverso nel dibattito pubblico. Partire dai dati è il primo e più importante passo per uscire da una sterile contrapposizione ideologica. Ci permettiamo qui di evidenziare qualche punto rilevante, tra le oltre 100 pagine di dati e commenti, relativi all’anno 2021.

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In primo luogo al progressivo calo del numero generale di aborti (66.653) corrisponde una decisa crescita delle IVG farmacologiche, arrivate a sfiorare la metà di tutte le IVG effettuate. Un dato complesso da commentare, perché da un lato questa scelta risparmia alle donne un intervento chirurgico, sempre traumatico, ma dall’altro diventa sempre più spesso una scelta presa in solitudine, senza particolari accompagnamenti o sostegno. In particolare, come ricorda la stessa Relazione, “la mancanza di tracciabilità delle vendite non consente di distinguere l’utilizzo della contraccezione d’emergenza nelle diverse fasce di età [dal 2020, NdR], e neppure l’eventuale uso ripetuto all’interno di tale fasce”. In tal modo la “pillola del giorno dopo” e quella dei “cinque giorni dopo” rischiano di essere utilizzate con eccessiva frequenza, con rilevanti e crescenti rischi di salute. Inoltre, il calo in valore assoluto del numero di aborti dipende ovviamente dal calo complessivo delle nascite, ma anche gli indicatori standardizzati confermano una diminuzione: in particolare il tasso di abortività (numero di aborti per 1.000 donne 15-44 anni) scende al 5,7 ed è il più basso tra i Paesi europei.

Altri dati consentono di comprendere meglio alcune dinamiche che caratterizzano le IVG; in primo luogo l’aborto rimane ancora molto più praticato dalle donne straniere: il loro tasso di abortività (2020, qui per donne 15-49 anni) era pari a 12,0, a fronte del 5,0 delle donne italiane. Anche qui però si registra un calo nei valori assoluti. Un secondo aspetto riguarda la recidiva (più aborti), che interessa un quarto del totale delle donne che hanno effettuato una IVG nel 2021(24,0).  Anche questo dato peraltro mostra una costante diminuzione nel corso degli anni (nel 1983 era il 24,9%, e il valore più alto di recidive, 30,0%, si riscontrava nel 1987).  Cresce inoltre, dopo anni di calo, il tasso di abortività tra le minorenni (2,1 nel 2021, era 1,9 nel 2020), con 1.707 IVG.

Lo scenario qui sinteticamente descritto sembra caratterizzato da una sostanziale “normalizzazione” dell’aborto, che forse dovrebbe suscitare qualche allarme, nella prospettiva di aiuto e sostegno “per la tutela sociale della maternità” (che in fondo è parte integrante del titolo della L. 194). Ma certamente questi dati rendono incomprensibili alcuni allarmi su presunte mancate tutele, o su possibili “impossibilità di accesso” a questo intervento, al punto da far riproporre ad alcune parti politiche un ulteriore cancellazione di vincoli e limiti normativi, invocando un fantomatico “diritto all’aborto” – che invece la legge non ha mai riconosciuto in alcun modo. È esemplare la pretestuosa e ricorrente polemica sui medici obiettori, che vengano accusati di impedire alle donne l’accesso all’aborto: a livello nazionale il carico settimanale medio per singolo medico non obiettore è pari a 0,90 (meno di una IVG a settimana per ogni medico!), e in nessuna Regione supera le 3 IVG settimanali. Semplicemente, non esiste un problema di accesso.

In breve: non sorprende che attorno all’aborto il dibattito pubblico sia ancora particolarmente appassionato e controverso, è così in tutti i Paesi, e anche l’Italia non fa eccezione. Ma partire da una seria lettura dei dati delle relazioni annuali consentirebbe almeno di non alimentare polemiche su false notizie.

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