C’è più del «possesso» in un marito che uccide. Il femminicida è un uomo sbagliato
di Ferdinando Camon
Le donne spiegano i femminicidi come una questione di possesso: l’uomo vuole la sua donna come una schiava, priva di volontà. L’unica volontà che conta è quella di lui, e se lei si ribella e cerca la propria libertà, lui l’ammazza. Sì, c’è questo impulso nel femminicida, ma sotto c’è molto di più, e può essere utile che un uomo entri nella discussione esponendo il punto di vista maschile. Il femminicidio non è opera di un marito sbagliato, o di un compagno sbagliato, o di un fidanzato sbagliato, ma di un uomo sbagliato. Un uomo che non capisce cosa vuol dire vivere insieme, stare insieme. Mettersi insieme, sposandosi o semplicemente convivendo (benché siano due cose diverse, la prima è un’unione definitiva, la seconda è un’unione con riserva), non vuol dire che l’uomo deve andar d’accordo con la donna e accettarla così com’è.
Dopo qualche mese di matrimonio o di convivenza, tu scopri che lei non è lei, la sua cultura non è la sua cultura: se fosse così, fai un piccolo sforzo con lei (e lei fa un piccolo sforzo con te), e vivete in pace. Ma guardando un film, parlando di politica, facendo progetti, scopri che lei è figlia di un’altra famiglia, di un’altra cultura, di un’altra politica, ha altre idee per la testa... Lei 'è' sua madre e suo padre e le sue amiche. Tu credevi di sposare lei, in realtà hai sposato il suo clan.
Per andar d’accordo con lei, per 'accettare' lei, devi accettare il suo clan. E questo è interminabilmente difficile, perché anche tu sei prodotto da una storia, e per convivere devi modificarti. E quando confliggi con la tua moglie o compagna, devi mettere in conto che lei possa essere sbagliata, ma che anche tu possa essere sbagliato. E questa ammissione, sul tuo amor proprio, è una pugnalata. Certo, reagire pugnalando è follia pura. Ma se uno cade in preda alla follia pura, e commette un omicidio, nessuno dica che è un raptus post-matrimoniale o postconvivenza. No, il marito o il compagno che non riesce a cambiare, e per salvarsi dal cambiamento ricorre all’omicidio, il marito o compagno che pretende che la moglie o compagna cambi lei e si adatti a lui, era un fidanzato che pretendeva che la fidanzata si adattasse a lui. L’uomo che si sposa o che convive trova nella convivenza un equilibrio.
La donna che lo pianta in asso gli spezza questo equilibrio. Lui cade nel precipizio. È da questo precipizio che si difende, uccidendola. In realtà la vita è una continua richiesta di cambiamenti, a tutti, bambini ragazzi adulti e vecchi. Chi non sa cambiare non sa vivere. Convivere significa adattarsi. Il proverbio 'mi spezzo ma non mi piego' è una sciocchezza. Le donne di una volta, che restavano sposate 60-70 anni, alla domanda come facessero, rispondevano: 'Tanta pazienza'. Ma soprattutto oggi si entra nella vita di relazione con un presupposto: la mia felicità è al di sopra di tutto. Una volta il presupposto era un altro: avrò dei figli, e i figli valgono più di me, sono un valore che mi supera. A scatenare i femminicidi interviene anche un altro fattore. Quando lei se ne va con un altro, lui non solo si sente scalzato dal suo equilibrio, ma si sente anche umiliato, perché nell’abbandono sente un disprezzo.
E un disprezzo 'totale'. Perché l’uomo che viene scartato ha condiviso con quella donna la totalità del proprio essere, confidenze confessioni segreti sesso, e vedendosi sostituito si sente svalutato nella sua totalità. Una simile scoperta è una martellata sul cranio. Lui sragiona. Delira. L’uomo che in questa settimana ha strangolato la sua donna e poi se la portava in giro in auto, morta, io credo che fosse in questo stadio di sragionamento. L’uomo colpito nella sua virilità si sente vittima di un torto, e se si vendica sente la sua vendetta come giusta. Se la giustizia giudica diversamente e lo condanna, si sente vittima di una doppia ingiustizia. Sono uomini costruiti male.
Ma non si venga a dire che questo difetto di costruzione vien fuori solo dopo il matrimonio o la convivenza, e non prima. In realtà prima di essere compagni violenti erano figli violenti, violenti a casa, a scuola e nel lavoro. La coppia è una piccola società, e questi violenti sono dei disadattati sociali. Se falliscono nella convivenza è difficile che riescano nel lavoro. Una raddrizzata è nel loro interesse. Prima viene, meglio è.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 06 agosto 2017