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Coronavirus, aumentano le violenze sulle donne, ma il governo non sostiene i centri antiviolenza

Coronavirus, aumentano le violenze sulle donne, ma il governo non sostiene i centri antiviolenza

di Cristina Nadotti

da www.larepubblica.it

@Riproduzione Riservata del 14 aprile 2020

 

La rete D.i.Re. conferma che restare a casa accresce i pericoli per le vittime di maltrattamenti: "Richieste di aiuto cresciute del 74,5 per cento". A fronte della necessità di rispondere in maniera rapida chi riesce a chiedere aiuto i Dpcm non hanno stanziato fondi. Le difficoltà di rivolgersi al numero antistalking.-

L'allarme è stato lanciato fin dall'inizio delle misure che obbligano a stare a casa, ma adesso i dati confermano i timori. Si prevedeva che per le donne maltrattate in famiglia la quarantena avrebbe coinciso con un aumento delle violenze: l’isolamento, la convivenza forzata e l’instabilità socio-economica in questo periodo di emergenza coronavirus sono fattori che rendono le donne e i loro figli più esposte alla violenza domestica. Ora una rilevazione fatta dai centri antiviolenza D.i.Re. mostra che rispetto allo stesso periodo dello scorso anno le richieste di aiuto sono aumentate del 74,5 per cento.

Secondo la rete dei centri antiviolenza D.i.Re. è un "un incremento significativo delle richieste di supporto da parte di donne che erano già seguite dai nostri centri, costrette a trascorrere in casa con il maltrattante il periodo di quarantena per l’emergenza coronavirus". C'è poi un altro dato che mette in allarme ed è il calo dei contatti con donne che non si erano mai rivolte alla rete prima: è un dato che sottolinea le difficoltà delle vittime di violenza a chiedere aiuto proprio perché sotto la continua minaccia del maltrattante. Dal 2 marzo al 5 aprile 2020 i centri D.i.Re sono stati contattati complessivamente da 2.867 donne, di cui soltanto 806 (pari al 28 per cento) sono donne che non si erano mai rivolte prima ai centri antiviolenza del loro territorio. Alcuni centri hanno avuto un numero di contatti superiore da 120 fino a oltre 300.

L’incremento delle richieste di supporto, rispetto alla media mensile registrata con l’ultimo rilevamento statistico (2018) è stato come detto del 74,5 per cento, un dato emerso dalla rilevazione statistica condotta da D.i.Re tra le 80 organizzazioni che aderiscono alla rete. Nell’ultima rilevazione dati D.i.Re (2018) le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza della rete in un anno sono state 19.715, di cui 15.456 (pari al 78 per cento) erano donne “nuove”.

Il problema nel problema è che in questo periodo le donne non riescono a sfuggire al controllo di chi le minaccia neanche per fare una telefonata, di sicuro non per spiegare perché si sta chiamando: le donne che hanno chiamato tramite il 1522, cioè il numero telefonico gratuito antiviolenza e stalking collegato alla rete dei Centri Antiviolenza, sono soltanto il 3,5 del totale. Per questo si pensa sia indispensabile una parola in codice, da digitare rapidamente per chiedere aiuto. Un accordo tra i centri antiviolenza e la federazione dei farmacisti prevede che rivolgendosi al banco e dicendo solo "mascherina 1522" si riceva un volantino che pubblicizza appunto il servizio telefonico e le app della polizia. Ma un volantino può essere spesso un pericolo, se portato con sé a casa e trovato dal convivente violento.

Paola Sdao, che con Sigrid Pisanu cura la rilevazione statistica annuale della rete D.i.Re, commenta che le oltre 1200 donne in più che si si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re in poco più di un mese rispetto alla media annuale dei contatti registrata nell’ultima rilevazione sono "un dato che conferma quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente esacerbato situazioni di violenza che le donne stavano vivendo”.
“Questi numeri ci confermano che i centri antiviolenza sono un punto di riferimento per le donne a prescindere dal 1522, servizi essenziali mai citati nei decreti che si sono susseguiti per l'emergenza che hanno tuttavia proseguito la propria attività nonostante le difficoltà”, commenta Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.

“Oggi, ancora in piena emergenza, siamo nella stessa situazione di 53 giorni fa, quando si è registrato il primo decesso per Covid. Nonostante avessimo chiesto risorse straordinarie e le necessarie protezioni per gestire l’accoglienza, i centri antiviolenza e le case rifugio hanno dovuto nella maggior parte dei casi provvedere in autonomia a mettersi in sicurezza e a reperire alloggi di emergenza”, fa notare ancora la Presidente di D.i.Re. “I fondi del 2019 sbloccati dal Dipartimento Pari Opportunità il 2 aprile devono ora transitare per le Regioni: ad oggi nessuna Regione risulta essersi attivata”, denuncia Veltri. “Inoltre non si tratta di risorse aggiuntive, ma di risorse destinate a fondamentali attività aggiuntive, quali la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne, che ora verranno meno”.

“E i 3 milioni annunciati con il Cura Italia sono irrisori, rispetto ai bisogni dei centri. Non siamo ancora fuori dall’emergenza”, conclude Veltri, “e ora che si sta avvicinando il momento della riapertura del Paese nessun intervento è stato previsto per affrontare la situazione mentre le richieste di supporto potrebbero aumentare ancora, come è già successo in Cina. Il governo deve assolutamente cambiare strategia”.

 

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