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Dai 12 ai 24 mesi: il secondo anno di vita del bambino

di Alessia Altavilla
Pensavate che il peggio fosse passato? Che dopo le notti insonne, l'allattamento, lo svezzamento, i dentini... Tutto sarebbe andato via liscio almeno fino all'adolescenza? Ebbene no. Benvenuti nel secondo anno di vita. Quando i bambini iniziano a prendere coscienza di sé e a dire no (e non solo).-
Il primo anno di vita del bambino è, per la maggior parte dei genitori, il più intenso, quello che riserva le emozioni più grandi, le preoccupazioni (spesso infondate) più allarmanti, le gioie e le paure più forti. Soprattutto se si tratta di un primo figlio, i primi 12 mesi sono quelli in cui mamma e papà, assolutamente inesperti e impreparati, si trovano ad affrontare le sfide più dure e impegnative. I primi mesi, poi, sono spesso caratterizzati da sentimenti contrastanti: una felicità immensa che si alterna, il più delle volte, a una grande stanchezza e a un profondo bisogno di equilibrio e che la vita riprenda il suo corso regolare.
Dopo aver affrontato problemi relativi all’allattamento (con tutti i dilemmi e le fatiche e i sacrifici delle prime settimane), la nanna, le coliche, le vaccinazioni, i dentini, le prime visite mediche, le uscite, i primi tentativi di riappropriarsi di una vita sociale, talvolta il ritorno al lavoro…, i neogenitori sono convinti che dal 13° mese in poi la vita sarà, per tutti, una passeggiata.
In un certo senso è così. Non tanto perché diminuiscono le difficoltà o le sfide, ma soprattutto perché in famiglia ci si conosce meglio, mamma e papà sanno, più o meno, come trattare con l’esserino che hanno di fronte e riescono ad avere un grado maggiore di autostima e capacità di analisi rispetto ai problemi che li rende più sicuri e determinati nell’affrontarli.
Dal canto suo il piccolo impara poco per volta ad esprimere meglio le sue emozioni, le sue paure, i suoi disturbi e a farsi capire più chiaramente dai genitori.
Ciò non toglie che i mesi tra i 12 e i 24 rappresentino un periodo di passaggio fondamentale per il bambino. E che proprio in questi mesi si gettino le basi per ciò che questi sarà nella sua vita. 

QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA
La prima grande sfida che un genitore deve affrontare quando si prende cura di un bambino con un’età compresa tra i 12 e i 24 è il cambio di punto di vista a cui questi, il bambino, va incontro. A parte rare eccezioni, infatti, la maggior parte dei bimbi inizia a camminare in modo autonomo in questo periodo, tra i 10 e i 14 mesi nella maggior parte dei casi. Per il piccolo questa è una vera e propria rivoluzione: il suo mondo, infatti, cambia radicalmente. Vede e può raggiungere cose e situazioni che prima gl
i erano precluse. Sostanzialmente, diventa un essere autonomo, per lo meno per ciò che concerne il movimento, dai genitori. Non deve più necessariamente essere trasportato. Ma può spostarsi in totale autonomia. Cosa significa questo?

Innanzitutto, una rivoluzione in termini di ciò che il bimbo può apprendere e sperimentare. Il mondo improvvisamente gli si stringe intorno e tutto diventa a portata di mano.
Per mamma e papà sostanzialmente questa fase corrisponde a un enorme dispendio energetico. C’è chi sostiene che dopo lo svezzamento, il momento in cui i bambini iniziano a camminare sia la seconda piaga (la terza dovrebbe essere lo spannolinamento). Che sia vero o no poco importa. È indubbio, però, che questa fase richieda di fatto una maggiore attenzione, presenza di spirito e controllo. Il tutto equilibrato dalla consapevolezza che l’esplorazione va non solo tollerata ma anche favorita perché è solo in questo modo che il bambino può crescere.
Nelle prossime settimane approfondiremo l’argomento. Basti sapere, però, che non esiste un unico comportamento da seguire. C’è chi pensa che la cosa migliore sia togliere di mezzo tutti i pericoli. Chi, al contrario, preferisce lavorare sulle regole, mettendo fermi NO laddove una cosa non deve proprio essere fatta e toccata (metodo che alla lunga dà ottimi risultati, ma decisamente faticoso al principio). Chi, invece, improvvisa sul momento. A seconda delle situazioni. Sappiate, comunque, che tra i 12 e i 24 mesi, una delle prime sfide che dovrete affrontare riguarda proprio la possibilità del bambino di camminare.

BAMBINI AUTONOMI E FELICI
Se fino al primo anno di vita i bambini sono di fatto dipendenti in tutto e per tutto dai genitori e, nei primi mesi, non si riconoscono nemmeno come esseri autonomi ma come appendici di questi ultimi (il più delle volte della madre), nel secondo anno, in modo più o meno graduale, i piccoli prendono coscienza di sé e tutto il loro percorso è caratterizzato dal tentativo di capire fino a che punto sono distinti da mamma e papà e fino a che punto possono arrivare. Questa strada sfocia, alla fine, in quella fase della vita che viene definita terribili due, un momento in cui il bimbo pone una serie di NO a tutto quello che gli viene proposto e questo solo per dimostrare a se stesso la sua autonomia.
È un periodo difficilissimo per i genitori. Anche per quei genitori convinti di aver cresciuto, fino a quel momento, bambini angeli. Persino i più pacifici, obbedienti, sorridenti, accomodanti si trasformano improvvisamente in piccoli dittatori prepotenti che vogliono avere sempre l’ultima parola e che sono capaci di lasciarsi andare a capricci che possono durare anche decine e decine di minuti, con tanto di grida, pianti e scene isteriche.
Armatevi di santa pazienza. Si tratta di una fase (generalmente inizia intorno ai 18 mesi) destinata a passare. Occorre essere fermi e determinati nei propri precetti senza farsi prendere dal panico ma, al contempo, permettendo al bambino di capire il suo limite. In questo modo il piccino diventa autonomo. Psicologicamente e fisicamente.
Premiarlo per i successi, permettergli di sbagliare, lasciarlo libero di sperimentare sono azioni fondamentali per accrescere l’autostima e gettare le basi per bambini felici.

IL BAMBINO È EGOCENTRICO
Nel primo anno, salvo problemi specifici, potevate dimenticarvi del piccolo. Lo mettevate nella carrozzina e via. Shopping, aperitivi, spesa al mercato, faccende domestiche, visite alle amiche… Siete persino andate dalla parrucchiera, dall’estetista…. Non proprio al cinema, ma poco ci mancava.
I bimbi piccoli passano molto tempo addormentati e le cure che richiedono ai genitori sono, tutto sommato, facilmente contenibili e prevedibili: la pappa, la nanna, un po’ di coccole, il bagnetto, il cambio del pannolino. C’è poco altro. Questo non significa non dare amore al bimbo. Ma l’amore che potete dargli, in termini pratici, si condensa soprattutto in questi gesti quotidiani.
Coi bambini più grandi la cosa cambia. Tra i 12 e i 24 mesi i bimbi sono estremamente egocentrici. Se sono svegli pretendono che l’attenzione dei genitori sia catalizzata su di loro e per ottenerla sono disposti a ricorrere a qualsiasi espediente. Scordatevi, quindi, di riuscire a cenare al ristorante in tutta calma conversando amorevolmente del più e del meno con il vostro compagno. Dimenticate gli aperitivi (a meno che siate disposti a dare retta tutto il tempo al piccolo o che al suddetto non siano presenti altri bimbi coetanei).
Anche in questo caso si tratta di una fase assolutamente normale e passeggera. Se riuscite a gestirla con calma avrete come risultato un bambino indipendente che sa stare al suo posto. Si tratta, però, di calibrare bene le risposte, in termini non tanto di parole quanto di atteggiamenti, che riuscirete a dare al bimbo: assecondate le sue richieste di attenzione facendogli capire, però, che mamma e papà hanno anche altre esigenze e altri impegni e hanno diritto, a volte, a del tempo per loro (banalmente, se il bambino vi interrompe continuamente a tavola con richieste di attenzione, spiegategli che state parlando e che gli darete retta quanto prima).
da www.bambinopoli.it
@Riproduzione Riservata  del 21 agosto 2017

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