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Educazione. Controllare tutto o lasciar andare? Guida per genitori ansiosi

di Luciano Moia
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 15 gennaio 2025

Ci sono mamme e papà che pretendono di tenere sempre in pugno la vita dei figli, che non si stancano di correggere, orientare, dirigere. Lo psicologo Marco Moraca consiglia libertà e leggerezza.-

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I genitori si dividono in due grandi categorie. Quelli che seguono i figli passo dopo passo e pretendono di intervenire su ogni aspetto della loro vita. Sono quelle mamme e quei papà che non si stancano mai di spiegare, correggere, dirigere, orientare. Ripetono all’infinito le stesse cose. Magari cambiando qualche aggettivo. Guai se c’è qualcosa che non rientra nei loro progetti, guai se un educatore, un insegnante, un altro adulto osa modificare il loro programma, ingessato e prefissato. Allora intervengono con foga, alzano la voce, pretendono rispetto «perché nessuno capisce mio figlio meglio di me e nessuno può pretendere di insegnarmi cosa devo fare». Sono mamme e papà che non lasciano andare niente, che sono convinti che senza il loro intervento l’educazione dei figli andrà incontro a un esito rovinoso.

Poi ci sono i genitori che scelgono il “profilo basso”, che non sono assenti ma sono anche convinti che l’intervento costante, la presenza occhiuta, la ripetizione estenuante dei consigli e delle raccomandazioni rischia di provocare nei figli l’effetto muro di gomma, quella forma mentale per cui le parole, quando sono troppe, rimbalzano senza lasciare alcun effetto importante. Sono genitori che hanno compreso che esistono realtà che “sono come sono”, e che quindi è inutile accanirsi con un grande dispendio di energie e di tensione per tentare di cambiare ciò che è al di sopra delle nostre possibilità. Genitori convinti che questo comportamento non apre le porte all’arrendevolezza e al fatalismo, ma solo alla saggezza. E che, scegliendo questa strada – che non significa rinunciare ai propri compiti educativi – si può insegnare ai figli che «la vita è sempre più grande di noi e dei nostri problemi».

Da qui la grande domanda: meglio impegnarsi con tutte le proprie forze in una sorta di “accanimento educativo” che lascia poco spazio all’autonomia e alla libertà di crescita, oppure meglio insegnare ai figli, in determinate occasioni, “a lasciare andare”? Marco Moraca, psicologo dello sviluppo e dell’età evolutiva, formatore e consulente, è convinto che, anche in campo educativo, occorra innanzi tutto distinguere tra padronanza e controllo. La padronanza ci consente «di sentire che stiamo esprimendo una nostra capacità, senza esserne trascinati», mentre il controllo pretende di dominare l’azione «in modo prepotente e si esprime attraverso un fare incessante che nasconde la paura di lasciare che le cose vadano da sé».

Ecco la grande questione a cui occorre preparare i nostri figli. In determinate situazioni è giusto spiegare loro che non tutto può rientrare sotto il nostro controllo, che determinati eventi capitano anche se noi non lo vogliamo, e che possiamo essere preparati e attrezzati nel modo migliore, ma non possiamo pretendere di controllare tutto. Moraca lo spiega in un libro prezioso, Risolvere per risolversi. Guida pratica per crescere con i figli (Effatà Editrice, pagg.171, euro 18) in cui, tra tanti altri temi, affronta una questione che troppo spesso non viene affrontata. Cosa significa spiegare ai figli a lasciar andare? Si tratta di capire prima di tutto quando e cosa lasciare andare. Per esempio, dopo aver a lungo dibattuto su una questione, su un conflitto, su un torto subito «è inutile – scrive l’esperto – tenere sulle spalle un peso per lungo tempo, ti porta a percepirlo dieci volte maggiore. Ti piegherà poco alla volta fino a farti cadere a terra». Si tratta di un consiglio colmo di saggezza. Mantenere attivo un conflitto che non si può risolvere per lungo tempo, solo per il gusto di “non darla vinta”, è qualcosa che sfianca e imbruttisce. Si perde fiducia in sé stessi e si finisce per concentrare su quel problema tutte le nostre energie, perdendo di vista la realtà. Quando proprio non si vede una via di uscita, osserva ancora lo psicologo, «si può anche decidere di non decidere», permettendo però al cuore di alleggerirsi un po’, appunto di lasciare andare.

È qualcosa che può succedere con una persona perché «trattenere qualcuno che se ne vuole andare non ci renderà felici, solo dipendenti. Scegliere di lasciare andare questa persona non solo è necessario, ma ci permetterà di tornare a concentraci su di noi, per chiederci chi siamo senza di lei». Ma anche con un luogo, una credenza - «a volte si crede in qualcosa così fortemente da perdere la razionalità e il buon senso» - ma anche con l’immagine di sé, con i pensieri, con le emozioni, con il passato - «prova a fermarti un attimo e pensa a tutte le cose belle che hai nel presente; ciò che abbiamo non è un diritto, ma una fortuna» - con le aspettative. Imparare a lasciare andare significa accettare che la vita è in costante cambiamento, significa accettare che «smettere di insistere non è un fallimento ma una strategia vincente. A volte lasciar andare è l’unico modo per non rompere irrimediabilmente quello che stavate cercando di aggiustare».

Ecco perché aiutare i nostri ragazzi a liberarsi delle zavorre che rendono più difficile la vita, è qualcosa che può renderli più forti e indipendenti. Ma si tratta di un atteggiamento che aiuta anche noi genitori a comprendere che, mentre i figli crescono, il nostro rapporto con loro è in continuo cambiamento proprio perché intervallato da continui distacchi, dall’inserimento alla scuola materna, alle prime vacanze da soli, fino al momento in cui lasceranno la famiglia d’origine. È vero che oggi questo succede sempre più tardi, spesso quando i figli hanno già trenta e più anni. E talvolta si tratta di un distacco intermittente, con percorsi in andata e in ritorno. In ogni caso ogni mamma e ogni papà si deve preparare a lasciar andare, superando paure e preoccupazioni. «Cerca di essere terreno fertile per la loro crescita, ma lascia che seguano la loro direzione, anche se sembra portarli lontano», consiglia l’esperto.

Nel libro Marco Monarca affronta anche questioni come motivazioni e resilienza, ansia e dipendenza affettive, questione hikikomori, smartphone e social network, amare e voler bene, accompagnando i genitori a misurarsi con le sfide più complesse dell’educazione e mettendo da parte convinzioni bloccanti e luoghi comuni che impediscono di crescere insieme nella libertà. Che si può appunto tradurre, come recita il titolo, risolversi per risolvere, cioè la grande sfida della consapevolezza e della maturità.

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