Emorragia post partum: quanto è frequente e quali sono le cause
di Martina Sarti, ostetrica
da www.uppa.it
@Riproduzione Riservata del 04 aprile 2024
Nei minuti o nelle ore successive alla nascita del bambino possono verificarsi delle perdite ematiche che richiedono l’intervento dell’equipe medica. Ma qual è la causa di questa eventualità? E come gestirla?.-
L’emorragia post partum è un’emergenza ostetrica, nonché una complicazione del parto, che si manifesta con una perdita di sangue nelle ore successive alla nascita.
Si può parlare di emorragia dopo il parto quando la perdita ematica supera, in caso di parto vaginale, i 500 ml e, in caso di taglio cesareo, i 1.000 ml.
Ma quanto è frequente questa emergenza? E come si interviene? Vediamo meglio in cosa consiste e, più nello specifico, cosa è importante sapere.
Quanto è frequente l’emorragia post partum?
I segnali di un’emorragia post partum prevedono dunque delle perdite ematiche che possono manifestarsi nei minuti o nelle ore successive alla nascita del bambino. Esistono diverse classificazioni di questo fenomeno, che si basano principalmente sulla quantità della perdita e ai tempi di comparsa. In particolare, si distingue in:
- Primaria. I sintomi di questa emorragia post parto prevedono, come già accennato, una perdita di sangue oltre i 500 ml dopo un parto vaginale e oltre i 1.000 ml dopo un taglio cesareo nelle prime 24 ore dopo il parto.
- Secondaria. In questo caso la perdita ematica insorge più tardivamente, ossia tra le 24 ore e le 12 settimane dopo il parto.
Da un punto di vista statistico sono nettamente più diffuse le emorragie post partum di tipo primario.
La frequenza dell’emorragia post partum varia tuttavia sensibilmente nelle diverse aree geografiche del mondo: è infatti più diffusa nei Paesi a basso reddito, seppure resti una problematica presente e molto attuale anche in quelli più ricchi.
Ad oggi sappiamo che la frequenza dell’emorragia post partum di tipo primario si aggira attorno al 5-15% dei parti.
Ma quali sono le cause dell’emorragia post partum? Possono essere diverse e si suddividono, per praticità, secondo la regola delle quattro T.
- Tono uterino. La causa è attribuibile alla cosiddetta “atonia uterina”, ossia alla mancata contrazione dell’utero necessaria nel post parto per creare un blocco emostatico e impedire la perdita di sangue. L’emorragia post parto da atonia uterina è la condizione che si verifica nella maggior parte dei casi, ossia circa nel 70% delle emorragie post partum.
- Trauma. Quando la causa dell’emorragia è legata a una lacerazione.
- Tessuto. In questo caso alcune porzioni di placenta, membrane o coaguli rimangono all’interno della cavità uterina creando difficoltà per quanto riguarda l’emostasi.
- Trombina. Sono questi i casi più rari, che non raggiungono di norma nemmeno l’1% e si verificano quando vi sono anomalie della coagulazione congenite o acquisite.
Come capire se si ha un’emorragia post parto?
In linea generale, quello che risulta estremamente importante nella gestione e nel trattamento dell’emorragia post partum è la diagnosi precoce. Osservare e stimare con più precisione possibile e nel minor tempo possibile la quantità della perdita di sangue ha infatti un valore non trascurabile sulle conseguenze materne dell’emorragia.
Nell’ottica di un parto che viene assistito in ambiente ospedaliero (o a domicilio, ma comunque alla presenza di un team ostetrico preparato), sarà compito del personale sanitario monitorare l’adattamento materno e neonatale e, contestualmente, anche la perdita di sangue della donna, per attivarsi eventualmente nel caso in cui questa non risulti nella norma.
In alcuni casi i segnali di emorragia dopo il parto non sono subito presenti o individuabili in modo chiaro, in altri, seppure la perdita è abbondante, non ci sono sintomi di scompenso percepibili dalla donna. Tra i più frequenti sintomi di emorragia post partum troviamo quelli riconducibili allo scompenso emodinamico. I più comuni sono:
- abbassamento della pressione arteriosa;
- tachicardia;
- sudorazione;
- tremori o agitazione;
- pallore;
- oliguria o anuria (ossia diminuzione e scomparsa della produzione di urina);
- fame d’aria;
- collasso.
Questi sintomi non compaiono sempre, ed è più probabile rilevarli (soprattutto i più gravi e intensi) se la perdita ematica è di grande quantità o se avviene in un tempo molto breve.
Per quanto riguarda invece la durata dell’emorragia post partum è necessario specificare che non esiste un tempo preciso, poiché entrano in gioco diversi fatto: la risoluzione dell’emergenza dipende infatti dalla velocità di diagnosi e intervento, dall’individuazione della causa e dalla risposta della paziente ai trattamenti medici e farmacologici che vengono messi in atto.
Cosa fare se si ha un’emorragia post parto?
Quando si verifica un’emorragia post partum il trattamento dipende dalla causa della perdita stessa. Ad esempio, in caso di atonia uterina si procede alla somministrazione di farmaci uterotonici (che agiscono cioè sulla muscolatura dell’utero) come l’ossitocina sintetica o la metilergometrina (se necessario). Se invece vi è una lacerazione che sanguina copiosamente sarà necessario procedere rapidamente alla sutura o fare emostasi della zona coinvolta.
In ogni caso è sempre indicato mettere in circolo dei liquidi, ovvero la soluzione fisiologica o il ringer lattato (una soluzione che contiene una combinazione di principi attivi, ovvero sodio cloruro, potassio cloruro, calcio cloruro diidrato e sodio lattato), al fine di compensare la perdita ematica e mantenere il volume del circolo sanguigno.
Da diversi anni, al fine di contrastare l’emorragia che si verifica con maggior frequenza, ossia l’emorragia da atonia uterina, la proposta di numerosi punti nascita è quella di iniettare ossitocina sintetica come profilassi a tutte le donne nel momento del parto. Nello specifico vengono somministrate 10 U.I. (unità internazionali) di ossitocina sintetica per via intramuscolare.
Alla base di questo intervento c’è l’idea di limitare la perdita ematica e, al tempo stesso, indurre la contrattilità uterina e accelerare i tempi del secondamento (l’ultima fase del parto, che consiste nell’espulsione della placenta e degli altri annessi fetali).
Fino a qui abbiamo parlato principalmente dell’emorragia primaria, che è quella che si verifica nella maggior parte dei casi. Ma è anche importante sapere cosa fare per l’emorragia post parto secondaria, seppure sia meno frequente. Se ad esempio si presenta una perdita di sangue anomala nei giorni o nelle settimane successive alla nascita, bisogna preoccuparsi? Prima di tutto dobbiamo capire cosa si intende per perdita di sangue anomala.
Va specificato infatti che nelle settimane che seguono il parto è più che normale avere delle perdite di sangue fisiologiche, chiamate “lochiazioni” o più semplicemente “lochi”. Queste altro non sono che il rilascio da parte dell’utero dei residui della gravidanza. Il periodo delle lochiazioni, che può durare anche quattro-cinque settimane, va immaginato come un tempo necessario alla cavità uterina per “ripulirsi” dal sangue, dal muco e dai residui cellulari della gravidanza.
Le lochiazioni sono in genere molto abbondanti e di colore rosso vivo per i primi tre-sette giorni, a seguire diventeranno progressivamente più scarse e di colore rosa/marrone, per poi schiarire ulteriormente fino a presentarsi, negli ultimi giorni, come perdite biancastre.
In genere, nel periodo delle lochiazioni non vi sono dolori mestruali o altre sensazioni particolari, ad eccezione delle prime ore o dei primissimi giorni (massimo tre-quattro) in cui possono presentarsi i cosiddetti “morsi uterini” (ne parliamo in questo articolo).
Fatta questa premessa, ossia chiarito cosa sia normale in termini di perdite post parto e di sensazioni legate al dolore, possiamo stabilire che, qualora dopo il parto, in un periodo in cui le lochiazioni stavano diminuendo o cambiando aspetto, compaia una perdita di sangue molto abbondante di colore rosso vivo o un grande coagulo associato o meno a dolore, è importante recarsi in ospedale per un controllo.