Festa della donna 2016
Da www.corriere.it del 8 marzo 2016
8 marzo lavoro e hi-tech Orari flessibili, stipendio e carriera Così la tecnologia aiuta le donne
Il software si chiama Scratch. Ai bambini e alle bambine bastano poche ore per imparare a programmare un semplice videogioco. E si divertono: l’aula è gremita. Tentano, sbagliano, si incaponiscono, si confrontano. «Non chiediamo il sesso quando si iscrivono per non creare discriminazioni di alcun tipo. Ci rendiamo conto delle proporzioni solo quando li abbiamo davanti», racconta Barbara Laura Alaimo, pedagogista che tre anni fa ha portato in Italia Codedojo, l’iniziativa che — appunto — avvicina i giovanissimi ai rudimenti della programmazione. Si guarda intorno Barbara: «Fra i più piccoli (6-10 anni) le bambine arrivano anche al 40%. Poi, dagli 11 anni in su, la percentuale scende».
Il problema è tutto qui. L’interesse, le capacità e la curiosità per l’ambito tecnologico e scientifico non hanno sesso. La possibilità di metterle in pratica in un futuro anche lavorativo sì.
Lo conferma la gioiosa aula di Barbara e lo dicono da anni i dati. Fra gli ultimi quelli di una ricerca di Karin Hoisl (Università di Mannheim e Max Planck Institute, Monaco) e Myriam Mariani (Università Bocconi): si parte da un allarmante 4,2% di donne fra chi firma invenzioni brevettate nella ricerca industriale. Gli inventori, e le inventrici. L’applicazione più pura e alta delle nozioni scientifiche in campo ingegneristico, chimico o biotecnologico. Oltre a essere contenuta, la percentuale cala con il crescere dell’età. Le ultra cinquantenni non sono più dell’1,65%.
Le donne partono in poche, sono anche pagate meno (il gap salariale medio è del 22%) e tendono a mollare il colpo. E non si pensi che la partita sia limitata al campo Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica): i Paesi in cui le donne hanno maggiori competenze digitali sono anche quelli in cui c’è maggior equilibrio sul posto di lavoro fra soggetti di sesso femminile e maschile.
A sottolinearlo una ricerca di Accenture, secondo la quale sfruttare tecnologia, Internet e affini — che permettono anche maggiore flessibilità di orari — potrebbe garantire il raggiungimento della parità di genere in 25 anni e non in 50, come prevederebbe il ritmo attuale, nelle economie sviluppate. In quelle ad alto potenziale di crescita si parla di 45 anni anziché 85. L’Italia è 19esima nella graduatoria per competenze digitali delle 31 zone analizzate, e si sta tirando su le maniche con il mese delle Stem del Miur (dall’8 marzo all’8 aprile) che, fra le altre cose, organizza con la piattaforma Redooc un hackathon (gara di programmazione) per le studentesse delle scuole superiori.
Interessante, tornando all’analisi, notare come in prima posizione ci siano gli Stati Uniti, nonostante le aziende tecnologiche a stelle e strisce siano le prime ad avere un contributo femminile ai vertici limitato al 30%, quando va bene. L’analisi di Accenture ha buone notizie anche sul fronte della leadership: con la competenza digitali dovrebbe crescere la voglia di assumere posizioni di comando, cui fanno riferimento 6 millennial su 10, o di mettersi in proprio. E quando si parla di giovani con il pallino per la tecnologia ci si imbatte infatti in persone come Katrin Ann Orbeta, graphic designer 29enne di origine filippina che vive in Sicilia e, finita l’università, ha puntato sullo sviluppo di applicazioni e giochi mobili con la startup Mash&co. «Per chi fa un lavoro creativo mettersi in proprio è un’esigenza».
Sottoscrive Paola Bonomo, responsabile commerciale per il Sud Europa di Facebook: «Sono state la passione per il digitale e la leadership su questi temi che mi hanno portato a ricoprire sia ruoli di crescita in aziende “native”, sia ruoli di trasformazione in realtà tradizionali. Adesso sono arrivata a un maggiore equilibrio tra i due emisferi del nostro cervello: pianificazione e creatività, rigore ed empatia, numeri e persone ». L’imprenditrice sociale Selene Biffi la prima piattaforma l’ha lanciata con un budget di 150 euro, e non ha dubbi sul fatto che la «tecnologia sia un lasciapassare per realizzare idee anche in assenza di fondi o contatti forti». Debora Gentina, classe 1966, è un’ingegnere elettronico specializzato in telecomunicazioni e — raccontandosi dall’interno di un’azienda — riconosce di essersi spostata, dopo alcuni anni di militanza nei laboratori di ricerca e sviluppo — «un mondo prettamente maschile» —, dall’area tecnica per diventare marketing manager in Huawei.