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Giovani che piangono
La Bibbia e i Giovani
«Il giovane che non ha mai pianto è un selvaggio e il vecchio che non ha mai riso è uno stolto». Questa osservazione del filosofo George Santayana nei suoi Dialoghi sul Limbo (1926) sarà alla base della nostra riflessione. Ci sono, infatti, vari passi delle Scritture che segnalano le crisi dei giovani. Come scrive Isaia (40,30), «gli adulti inciampano e cadono», ma «pure i giovani faticano e si stancano». Anche per colpa loro, perché si lasciano andare alla deriva nella rassegnazione, o si aggrappano alla ribellione senza impegno reale.
Si giunge, così, a confessare, come fa lo scrittore francese Paul Nizan in Aden Arabia: «Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita». Noi ora, invece, consideriamo la sofferenza dei giovani quando si scatenano eventi bellici o tragedie nazionali nelle quali loro sono spesso, coi bambini, le prime vittime. È ciò che stiamo sperimentando ai nostri giorni nella folla dei rifugiati. È quello che era accaduto quando le armate babilonesi erano piombate su Gerusalemme, seminando distruzione e morte.
Nella emozionante sequenza delle Lamentazioni, canti striati di lacrime e sangue collocati dopo il libro del profeta Geremia, appaiono «i giovani più splendenti della neve, più candidi del latte, col corpo più roseo dei coralli, con la figura simile a zaffiro», ridotti ad avere «un aspetto più scuro della fuliggine, irriconoscibile per le strade, con la pelle raggrinzita sulle ossa, secca come il legno» (4,7-8). Sembra di essere davanti a certi volti di sbarcati sulle nostre coste o alle terribili immagini degli ebrei nei lager nazisti. I vincitori costringono i prigionieri ai lavori forzati: «I giovani girano la mola, i ragazzi cadono sotto il peso della legna e... sono abbandonate dai giovani le cetre, perché la gioia si è spenta nei nostri cuori» (5,13-15).
C’è, poi, la strage vera e propria che Ezechiele, il profeta esule a Babilonia, raffigura a tinte fosche considerandola come una punizione divina: «Vecchi, giovani, bambini e donne, ammazzateli fino allo sterminio!» (9,6). È ciò che aveva già annunciato secoli prima il profeta Amos, vedendo nella mano dei vincitori Dio stesso che puniva il popolo peccatore: «Ho ucciso di spada i vostri giovani» (4,10). Ma ritorniamo a quella data fatale del 586 a.C. quando l’esercito babilonese irrompeva sulla terra di Israele.
Un testimone oculare come il profeta Geremia fissava con un’immagine quell’invasione: «La morte è entrata dalle nostre finestre, si è introdotta nei nostri palazzi, ha abbattuto i fanciulli nella via e i giovani nelle piazze» (9,20). Anche il Salmista descriveva in forma forte e poetica il deserto di morte che colpisce i più deboli: «Il fuoco divorò i suoi giovani migliori, le sue ragazze non ebbero canti nuziali» (78,63). Sradicare i germogli della vita vuol dire, infatti, spegnere l’esistenza stessa di un popolo.
C’è, però, anche una sofferenza positiva, una tensione che nasce dall’ansia per i valori perduti e il vuoto incombente. Sono spesso i giovani a ricordare alle generazioni precedenti, rassegnate all’inerzia e all’indifferenza, la necessità di una verità e di un impegno più alti. Bellissimo è questo oracolo di Amos: «Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore. Allora andranno errando da un mare all’altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno. In quel giorno verranno meno per la sete le belle fanciulle e i giovani» (8,11-13).
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 02 novembre 2017
Nella emozionante sequenza delle Lamentazioni, canti striati di lacrime e sangue collocati dopo il libro del profeta Geremia, appaiono «i giovani più splendenti della neve, più candidi del latte, col corpo più roseo dei coralli, con la figura simile a zaffiro», ridotti ad avere «un aspetto più scuro della fuliggine, irriconoscibile per le strade, con la pelle raggrinzita sulle ossa, secca come il legno» (4,7-8). Sembra di essere davanti a certi volti di sbarcati sulle nostre coste o alle terribili immagini degli ebrei nei lager nazisti. I vincitori costringono i prigionieri ai lavori forzati: «I giovani girano la mola, i ragazzi cadono sotto il peso della legna e... sono abbandonate dai giovani le cetre, perché la gioia si è spenta nei nostri cuori» (5,13-15).
C’è, poi, la strage vera e propria che Ezechiele, il profeta esule a Babilonia, raffigura a tinte fosche considerandola come una punizione divina: «Vecchi, giovani, bambini e donne, ammazzateli fino allo sterminio!» (9,6). È ciò che aveva già annunciato secoli prima il profeta Amos, vedendo nella mano dei vincitori Dio stesso che puniva il popolo peccatore: «Ho ucciso di spada i vostri giovani» (4,10). Ma ritorniamo a quella data fatale del 586 a.C. quando l’esercito babilonese irrompeva sulla terra di Israele.
Un testimone oculare come il profeta Geremia fissava con un’immagine quell’invasione: «La morte è entrata dalle nostre finestre, si è introdotta nei nostri palazzi, ha abbattuto i fanciulli nella via e i giovani nelle piazze» (9,20). Anche il Salmista descriveva in forma forte e poetica il deserto di morte che colpisce i più deboli: «Il fuoco divorò i suoi giovani migliori, le sue ragazze non ebbero canti nuziali» (78,63). Sradicare i germogli della vita vuol dire, infatti, spegnere l’esistenza stessa di un popolo.
C’è, però, anche una sofferenza positiva, una tensione che nasce dall’ansia per i valori perduti e il vuoto incombente. Sono spesso i giovani a ricordare alle generazioni precedenti, rassegnate all’inerzia e all’indifferenza, la necessità di una verità e di un impegno più alti. Bellissimo è questo oracolo di Amos: «Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore. Allora andranno errando da un mare all’altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno. In quel giorno verranno meno per la sete le belle fanciulle e i giovani» (8,11-13).
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 02 novembre 2017