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IL DIARIO DEI CITY ANGELS A BERGAMO NEI GIORNI PIÙ TRAGICI DELLA PANDEMIA

di Mario Furlan  Mario Furlan. fondatore e leader dei City Angels
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 05 ottobre 2020

Nei due mesi di lockdown, e anche dopo, i volontari hanno moltiplicato il loro impegno filantropico. Per tenere aperte le mense per i poveri, portare cibo e farmaci ad anziani e disabili. Provando la temperatura, distribuendo mascherine, invitando i cittadini a usarle correttamente.-

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. La frase di John Belushi in “Animal house” si adatta ai City Angels di Bergamo. Che nei due mesi di lockdown, e anche dopo, hanno moltiplicato il loro impegno filantropico. Per tenere aperte le mense per i poveri; per portare cibo e farmaci ad anziani e disabili; per dare una mano alle Istituzioni nel controllare la situazione. Provando la temperatura, distribuendo mascherine, invitando i cittadini ad usarle correttamente…
Non solo gli Angeli di Bergamo, ma tutti i City Angels, in tutte le nostre 22 sedi, hanno dato il massimo durante questo periodo difficile. Ma loro sono stati straordinari. Perché non si sono tirati indietro – anzi, si sono fatti avanti -nella città più martoriata d’Italia; e perché l’hanno fatto con un bellissimo cocktail di coraggio e serenità.

Era la sera di lunedì 23 marzo. Don Fausto Resmini, il sacerdote che aveva dato vita alla mensa dei poveri presso la stazione di Bergamo, era morto di Covid la notte precedente. E io stavo andando proprio lì, in quella mensa. A portare il mio ringraziamento personale, e quello di tutti i City Angels, agli eroici Angeli di Bergamo. Che allo scoppio della pandemia, venti giorni prima, si erano radunati per decidere il da farsi. Il loro Coordinatore, Francesco Graziano, detto Night, li aveva guardati negli occhi, uno ad uno. E aveva detto: “C’è bisogno di noi. Don Fausto e altre mense dei poveri non hanno più gran parte dei loro volontari: sono rimasti a casa per timore di infettarsi. Così i senzatetto non hanno da mangiare. Ve la sentite di tenerle aperte, tutti i giorni, a pranzo e a cena? Io ci sono!”
Metà dei volontari si tirò indietro: è umano avere paura. Ma l’altra metà alzò la mano. E si lanciò a capofitto nell’impresa: gestire due mense, ogni giorno; e andare a domicilio di decine di persone fragili. Ogni giorno. Un lavoraccio.
Pensavo a questo, mentre percorrevo l’autostrada, deserta, da Milano a Bergamo. In quel momento la città era la capitale mondiale del Coronavirus. Erano i giorni delle tristi processioni dei camion militari con le bare. Bergamo era blindata, isolata dal mondo. La polizia mi fermò al casello. Quando gli agenti videro che ero un City Angel mi fecero i complimenti. E mi dissero: “Tieni sempre mascherina e guanti, rischi la pelle”. Mi vennero in mente le parole di Martin Luther King: “Se un uomo non è disposto a dare la vita per i suoi ideali, o non valgono niente gli ideali, o non vale niente l’uomo”.
Attraversai la città per arrivare alla sede dei City Angels, vicino alla stazione. Non vidi anima viva. Né persone, né auto. Solo qualche raro bus, che circolava vuoto. Mentre le finestre illuminate delle case sembravano celle di una prigione. Davanti alla nostra sede, tra la stazione e la mensa dei poveri di Don Fausto, ecco una decina di Angeli in divisa. Per la prima volta non li abbracciai, né diedi loro la mano: solo una mano sul cuore, per salutarli.
Gli Angeli mi raccontarono quello che stavano facendo. Tutti i giorni. La loro paura, e quella dei loro familiari. Che a volte cercavano di dissuaderli: Sei matto, ad andare per strada a fare volontariato, ti ammalerai e farai ammalare noi! Qualcuno di loro aveva dovuto cedere, in seguito alle loro pressioni. Ma gli altri erano lì. Avevano paura. Ma la guardavano i faccia. E andavano avanti.
Quella sera alla mensa di Don Fausto si è presentato un centinaio di senzatetto. Nervosi e arrabbiati, perché causa Covid varie strutture assistenziali avevano chiuso. Alcuni di loro erano tesi: come avevo visto mille volte, poteva bastare un nonnulla – come l’invito a mettersi la mascherina – a provocare una reazione violenta. Con molta pazienza, i City Angels hanno messo i clochard in fila, per evitare assembramenti. E si sono accertati che tutti avessero la mascherina. Qualche battibecco è stato sedato sul nascere, grazie alla calma e alla diplomazia dei volontari.
Appeso alla finestra della sede, ben visibile dall’esterno, c’era un foglio, scritto a mano dal Coordinatore di Bergamo, Francesco Graziano “Night”: “Bergamo mola mia”. Al termine del servizio ho voluto fare una fotografia con lui, i suoi volontari e quella scritta. Ero commosso. E mi sono commosso ancora di più quando, una settimana dopo, Night mi ha raccontato che due volontarie, Rossella Foglieni “Bobò” e Marilisa Schenatti “Trilly”, hanno salvato la vita alla signora Mariuccia, una novantenne con il figlio bloccato all’estero dal virus.  Mariuccia era uno degli anziani accuditi quotidianamente dagli Angeli; nella fattispecie, da loro due. Che non si limitavano a portarle cibo e medicine, e a chiederle come stava: le telefonavano due volte al giorno, per accertarsi che fosse tutto a posto. Per due volte l’anziana è caduta per terra, senza riuscire ad alzarsi. Ed entrambe le volte Trilly e Bobò, capita la situazione, si sono precipitate a casa sua, chiamando l’ambulanza.
I City Angels di Bergamo hanno continuato ad operare tutti i giorni anche dopo il lockdown. Come in tante altre città, da maggio ad oggi sono impegnati anche a far rispettare le norme antiCovid. Quindi sono presenti sui mezzi di trasporto, ai mercati, nei luoghi della movida per verificare che non vi siano assembramenti, e che i presenti portino la mascherina. Se non l’hanno, gli Angeli gliela regalano.
Alla luce di tutto ciò, abbiamo deciso, quest’anno, di tenere il raduno dei City Angels non a Rimini. Ma a Bergamo. Per ringraziare gli Angeli di Bergamo per la loro straordinaria attività. Senza la quale la città, forse, non si sarebbe rialzata.
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