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Induzione del travaglio: quando si esegue e come

di Chiara Chiadini , ostetrica
da www.uppa.it
@Riproduzione Riservata

Quando il travaglio non inizia in modo naturale, alle donne con gravidanza fisiologica viene raccomandata l'induzione del travaglio.

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La durata della gravidanza è mediamente di 280 giorni, ossia 40 settimane. E cosa accade quando questi giorni sono trascorsi e le contrazioni non sono ancora iniziate? Con tempistiche diverse a seconda delle situazioni il medico può proporre l’induzione del travaglio, ovvero di interrompere l’evolversi della gravidanza stimolando l’insorgere del travaglio attivo, per preservare il benessere fetale e materno.

Sono pochissime le madri che partoriscono proprio nel giorno della 40esima settimana, ossia la data del parto. È infatti importante ricordare, per evitare inutili ansie, che questa data è appunto presunta: viene stabilita convenzionalmente per poter avere utili riferimenti per i controlli di mamma e bambino durante la gravidanza.

Stabilire l’età concezionale consentirebbe un conteggio più preciso dell’età gestazionale in caso di cicli irregolari ma è possibile solo quando la coppia ha avuto un unico rapporto isolato, situazione non frequente, specialmente quando si cerca una gravidanza.

Uno strumento che giunge in aiuto per una corretta datazione della gravidanza è l’ecografia. Ad oggi, nell’assistenza alla gravidanza si utilizza sempre l’età gestazionale, eventualmente corretta dalle misurazioni fetali osservate nell’eco del primo trimestre.

Datare correttamente una gravidanza è importante sia per un buon monitoraggio del benessere della mamma e del bambino durante l’attesa sia per evitare il travaglio indotto non necessario per gravidanza presumibilmente protratta.

Cos’è l’induzione del travaglio

Quando la nascita si fa attendere e il travaglio non inizia in modo spontaneo, alle donne con gravidanza fisiologica viene raccomandata l’induzione tra le 41 e le 42 settimane di età gestazionale, prima che possano insorgere complicanze dovute alla prolungata presenza del bimbo in utero.

Come funziona l’induzione del travaglio? E cos’è il travaglio indotto? L’induzione del travaglio è un processo medico finalizzato a stimolare le contrazioni prima che il travaglio inizi spontaneamente. Il suo obiettivo è quello di ottenere un travaglio attivo quando si presentano condizioni per cui una nascita anticipata presenta più benefici che rischi rispetto all’attesa dell’evento naturale.

Una delle più frequenti motivazioni per il travaglio indotto è proprio la gravidanza oltre il termine.

Prima di descrivere i diversi metodi di induzione è necessario ricordare che quando un travaglio viene indotto si attua un intervento esterno non esente da rischi. Per questo, come per tutte le procedure mediche, anche l’induzione deve essere offerta sempre dopo un’accurata informazione alla coppia e previo consenso della donna.

Il timing dell’induzione deve tenere conto sia delle preferenze della donna sia della possibilità di garantire un’adeguata sorveglianza nell’ attesa dell’insorgenza spontanea del travaglio dopo le 41 settimane. L’attesa in condizioni di sicurezza, ovvero effettuando gli opportuni monitoraggi della gravidanza a termine presso l’ospedale di riferimento, prevede anche l’offerta della procedura di scollamento delle membrane. 

Lo scollamento delle membrane è una procedura che, se proposta alle donne prima dell’induzione, può favorire l’insorgenza del travaglio e ridurre l’uso di ossitocina sintetica.

Consiste nel separare manualmente le membrane amniocoriali (il sacco colmo di liquido amniotico che circonda il bambino in utero) dalla cervice con il dito esploratore durante la visita vaginale, al fine di stimolare la produzione di prostaglandine locali per incoraggiare l’avvio del travaglio.

Di contro può essere fastidiosa nel momento dell’esecuzione, produrre contrazioni nelle successive 24 ore a volte inefficaci e dare luogo a piccole perdite di sangue. Dunque, anche in questo caso è necessario il consenso informato materno.

Più che un metodo d’induzione lo scollamento delle membrane può essere considerato un adiuvante, ovvero una possibile opzione per avviare il travaglio di parto superate le 40 settimane, in grado di ridurre il ricorso alle induzioni vere e proprie.  Rimangono tuttavia diverse questioni aperte su quale sia il numero ottimale di scollamenti delle membrane e il tempo più appropriato per effettuarli. Attualmente può essere offerto tra la 40+0 e la 41+0 settimane alle donne in attesa del primo figlio e alla 41+0 settimane nelle donne che hanno già partorito.

Come si induce il travaglio? I metodi

L’induzione viene praticata in ospedale e sotto controllo medico e ostetrico. Esistono diverse tecniche di induzione, scelte in base alla situazione di ogni donna.

L’induzione del parto cerca inizialmente di mimare le stesse modifiche fisiologiche che avvengono nel corpo materno al termine della gravidanza, quando, grazie alle contrazioni preparatorie e ai cambiamenti ormonali, la cervice uterina inizia a prepararsi al travaglio cambiando consistenza, assottigliandosi, e il bimbo inizia a scendere nel bacino materno.

Il principale parametro per orientare la scelta sui metodi di induzione è proprio l’indice di Bishop: ovvero un numero che descrive il livello di maturità della cervice in base ad alcune sue caratteristiche (lunghezza, posizione, consistenza, appianamento e livello della testa fetale rispetto al bacino materno). 

Maggiore è il punteggio ottenuto, migliore sarà la maturazione della cervice e quindi aumentano le probabilità di successo dell’induzione. Quando invece il punteggio è basso verranno scelte metodiche utili a far maturare il collo dell’utero prima di tentare di avviare le contrazioni tipiche del travaglio.

I metodi di induzione possono essere farmacologici e non farmacologici. A seconda del caso, il medico potrà proporre di procedere con uno dei metodi seguenti, oppure con una combinazione di due.

Induzione del travaglio con fettuccia

Prevede l’applicazione in vagina di una garza a base di prostaglandine, ormoni che sono prodotti anche naturalmente dal corpo femminile e che hanno il compito di ammorbidire il collo dell’utero e preparare l’inizio del travaglio. Le prostaglandine sintetiche vengono utilizzate da tempo per l’induzione del parto.

Si posiziona la fettuccia con la visita vaginale e si avvia un primo monitoraggio cardiotocografico per valutare il benessere fetale e la risposta uterina; dopo l’applicazione la mamma può muoversi liberamente e camminare ed  il battito fetale viene valutato a intervalli regolari. Il motivo dei monitoraggi è legato alla maggiore incidenza di tachisistolia (contrazioni eccessivamente frequenti) che può causare alterazioni del battito cardiaco fetale.

Il farmaco somministrato è dinoprostone a rilascio graduale sottoforma di fettuccia che può rimanere in sede fino a 24 ore.

Il dinoprostone può essere utilizzato anche sottoforma di gel vaginale applicato per un massimo di 3 volte ogni 6 ore, tuttavia questa modalità è ora meno utilizzata perché l’uso della fettuccia risulta essere più vantaggioso: può essere rimosso con più facilità in caso di tachisistolia.

Induzione del travaglio con palloncino

È una metodo di tipo meccanico, non farmacologico. Prevede l’inserimento in vagina di un tubicino fino al collo dell’utero, che viene riempito di soluzione salina, assumendo le sembianze di un palloncino che esercita una pressione sulla cervice favorendone la dilatazione. Può essere mantenuto in sede per un tempo variabile dalle 6 alle 24 ore. Viene rimosso quando insorge il travaglio, quando si rompono le membrane o in presenza di alterazioni del battito cardiaco fetale. Anche in questo caso il battito fetale viene valutato a intervalli regolari e la mamma può muoversi liberamente.

Secondo le evidenze scientifiche questo tipo di induzione risulta associata ad un minor rischio di iperstimolazione uterina rispetto all’uso di prostaglandine e ad un minore rischio di taglio cesareo rispetto all’uso della sola ossitocina sintetica. 

Ci sono invece dati eterogenei riguardo l’aumentato rischio di infezioni materno-neonatali: nel complesso non sembra essere un rischio rilevante ma viene comunque evitato il suo utilizzo in caso di rottura delle membrane.

Sia l’induzione con il palloncino che l’utilizzo di prostaglandine locali sono considerate pre-induzioni, ovvero si utilizzano in prima battuta quando l’indice di Bishop è basso per preparare il collo uterino. Entrambe le metodiche possono essere seguite, se necessario, dall’infusione endovenosa di ossitocina sintetica.

Induzione del travaglio con ossitocina

Anche l‘ossitocina è un ormone endogeno, ossia naturalmente prodotto dall’organismo materno durante il travaglio allo scopo di creare le contrazioni uterine.

Questo metodo prevede la somministrazione in flebo di ossitocina sintetica, farmaco estremamente comune in tutto il mondo per il parto indotto.

L’infusione endovenosa è generalmente continua, incrementando il dosaggio a intervalli regolari, fino ad una dinamica contrattile efficace.

Si può utilizzare solo con Bishop-score alto, per questo generalmente segue altre metodiche di pre-induzione o si riserva a donne che hanno già una cervice molto preparata.

Durante l’infusione di ossitocina è raccomandato il monitoraggio in continuo del benessere fetale e dell’attività contrattile uterina, motivo per cui questa è una procedura da eseguire direttamente in sala parto.

Quali sono i rischi dell’induzione del travaglio

Molte donne temono che l’induzione del parto è pericoloso. I rischi dell’induzione del travaglio sono prevalentemente legati al metodo. Quindi è sempre molto importante nella scelta considerare con attenzione i dati anamnestici e clinici al fine di contenere rischi e complicanze legate alla procedura scelta.

Per prima cosa occorre tenere presente che l’induzione non sempre funziona, ovvero il travaglio può non avviarsi. In questi casi è possibile rivalutare la situazione dopo un periodo di riposo e offrire un secondo ciclo di induzione; qualora la donna non desideri sottoporsi ad un altro tentativo si può optare per il taglio cesareo.

Un dato riferito molto spesso dalle donne è il dolore/discomfort legato alla procedura, motivo per cui è indispensabile da parte dei professionisti tenerlo presente ed offrire metodiche di contenimento del dolore, farmacologiche o non farmacologiche a seconda della preferenza della madre.

La principale preoccupazione sui rischi del travaglio indotto è la sofferenza fetale legata a tachisistolia o ipertono ossia una anormale o eccessiva contrattilità uterina. Tra i vari metodi farmacologici non ci sono sostanziali differenze in termini di comparsa di tachisistolia tra ossitocina e prostaglandine, invece dal confronto tra uso di ossitocina ad alte e a basse dosi appare più sicuro il dosaggio a basse dosi. La gestione di questa complicanza prevede una rapida interruzione della somministrazione del farmaco.

Le evidenze scientifiche riportano, inoltre, un aumento del sanguinamento eccessivo post parto (emorragia) nel caso in cui l’induzione del travaglio venga condotta con infusione di ossitocina e rottura artificiale delle membrane. L’induzione farmacologica è riportata anche come possibile causa di parto precipitoso, specialmente con ossitocina ad alte dosi o incrementata troppo rapidamente.
L’ossitocina sintetica può dare effetti collaterali transitori anche alla madre: ipotensione e tachicardia, nausea, vomito, cefalea, vampate di calore.

Concludendo, l’induzione del parto nelle gravidanze post termine (correttamente datate) si è dimostrata efficace nel ridurre il rischio di morbosità e mortalità perinatali, ma occorre sempre tenere presente che si tratta di una procedura a sua volta non esente da rischi. Per questo la scelta del momento giusto per procedere all’induzione ed i metodi proposti sono argomenti attualmente molto dibattuti in campo assistenziale.

Attualmente si ritiene opportuno offrire l’induzione a tutte le donne con gravidanza fisiologica tra 41+0 e 42+0 settimane. Conoscere pro e contro e potersi confrontare apertamente con il ginecologo di riferimento su benefici e rischi consente alla coppia di attesa di effettuare una scelta informata e condivisa.

Il colloquio dedicato dovrebbe avvenire nell’ambulatorio della gravidanza a termine e dovrebbe essere effettuato da un medico esperto, toccando i seguenti punti: indicazione all’induzione, metodo, modalità e tempi, rischi della procedura e della condotta di attesa, possibilità di usufruire di tecniche di contenimento del dolore, opzioni alternative nel caso in cui la donna scegliesse di non essere indotta.

Le scelte della donna devono essere considerate parte integrante nel processo assistenziale.

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