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KRZYSTOF ZANUSSI: «GIOVANNI PAOLO II È IL SANTO DELL'OTTIMISMO»

di Manuel Gandin

Il regista polacco Krzysztof Zanussi, impegnato nel montaggio del suo nuovo film, ricorda l’amico e maestro a 13 anni dalla morte. «La caratteristica più forte del suo pontificato è stata la speranza».-

Il mito di Faust ci circonda da seicento anni circa e su questa figura di uomo di cultura che vende l’anima al diavolo in cambio della più totale sapienza il cinema si è interrogato più volte. Lo fa, adesso, anche il grande regista polacco Krzysztof Zanussi, che colloca il suo Faust negli anni della prima guerra mondiale. Il regista è ancora impegnato nel passaggio finale del montaggio del film e fa un po’ di conti con la fase successiva, quella definitiva: «Se tutto andrà bene, il film uscirà in autunno. Comunque, è vero, questa storia nasce dal mito di Faust, un mito che è tutto europeo ma che oggi vede messa in discussione la sua accezione negativa, purtroppo anche da molti cattolici».
Da quali elementi trae questa convinzione?
«La storia che ho ideato narra di un medico che potremmo definire senza paura alcuna uno scientista, cioè un uomo che cerca di andare oltre i limiti imposti naturalmente dalla nostra morale. Credo, infatti, che i meriti della scienza stiano diventando, in alcuni casi, addirittura scientismo. Questo medico pensa che nulla e nessuno possa fermarlo di fronte a esperimenti estremi che porta avanti individualmente, in segretezza. E sia ben chiaro che io non sono di certo contro la scienza, anzi. Però, penso che non possa riempire e occupare il posto che attribuiamo comunemente al “mistero”. L’uomo moderno, ne sono convinto, vive un’epoca in cui si sta perdendo il valore della metafisica. Io sono un ex fisico, ma resto ancora affascinato dai limiti che la scienza sa porsi».
Ether, questo il titolo del film, in italiano Etere, è la storia di un medico dell’impero asburgico che durante la prima guerra mondiale fa esperimenti per poter arrivare a controllare la mente delle persone, e soddisfare così la propria sete di potere. Prima dello scoppio del conflitto, il medico aveva somministrato una dose letale di etere a una ragazza di cui era innamorato. Dice ancora Zanussi, che ha girato parte del film a Palmanova, in Friuli-Venezia Giulia, terra da cui discendono i suoi bisnonni: «Quello che cerco di ottenere è una doppia visione, sia laica che metafisica, della vicenda. Si può vedere questa storia con un occhio laico, ma anche con quello più intimamente religioso. Il film dovrebbe partecipare a uno dei festival autunnali, non so ancora se quello di Venezia oppure quello di Toronto».
È un ennesimo passo in avanti nella carriera di un regista che Giovanni Paolo II scelse come membro del Pontificio consiglio della cultura, dicastero voluto dallo stesso Papa. Ora, nell’anniversario della sua morte, avvenuta il 2 aprile del 2005, gli chiediamo di rievocare questo legame.
Che ricordo ha di Karol Wojtyla?
«Oh, ne ho molti, anche perché lo conoscevo fin da prima che divenisse Pontefice. Erano i tempi in cui Wojtyla era arcivescovo di Cracovia. Abbiamo avuto numerosi incontri nel corso del periodo polacco, ma anche dopo, quando è andato a Roma».
Zanussi ha girato un celebre film nel 1981 su Giovanni Paolo II, Da un Paese lontano, e per questa pellicola vinse il premio David di Donatello come miglior film europeo dell’anno. Ma va anche ricordato che in Polonia la pellicola dovette aspettare dieci anni prima di poter essere distribuita.
Qual era la caratteristica che maggiormente le è rimasta impressa di questo Papa?
«L’elemento più marcato di Giovanni Paolo II è stato sicuramente l’ottimismo. Attraverso questa caratteristica il Papa pensava che il cristianesimo fosse una reale proposta per il futuro e non solo una lettura del passato. Il concetto principale del suo ottimismo era racchiuso in una sola, semplice, parola: speranza. Ma devo anche dire che la sua umanità si mostrava in modo concreto a chiunque fosse con lui in certi particolari momenti. Per esempio, era un uomo che si divertiva moltissimo con i paradossi. Inoltre, aveva un notevole senso dell’umorismo che sapeva mettere in mostra al momento opportuno».
La parola speranza, tanto cara a Wojtyla, evoca delle attese anche oggi, soprattutto quando si parla di incontri tra diverse culture religiose...
«Dobbiamo ammettere che questo è un momento difficile per i temi del confronto, anche perché penso che la cultura laica stia dominando la società, pur essendo in fase decadente. Ciononostante, la nostra vocazione umanistica ci porta inevitabilmente verso il dialogo con gli altri. Ecco, allora, che credo sia arrivato il momento di un maggiore impegno reciproco, anche da parte del mondo cattolico, sia ben chiaro. E papa Francesco, che ha ringiovanito la Chiesa, spesso è male interpretato e malinteso. Ma sono convinto che anche la Chiesa debba cambiare, adeguarsi alla società moderna, essere più democratica e soprattutto maggiormente autonoma».
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 12 aprile 2018

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