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La crociera sul Ticino è la scoperta dell’estate

di Anna Ghezzi
Ogni domenica per un'ora di navigazione 200 persone da tutta la Lombardia Slalom tra le secche ascoltando le storie pavesi dalla Linguacciona al Catenone.-
PAVIA. C’è una signora che viene da Bollate, un paio di amici da Monza, altri da Piacenza, una coppia da Mantova. Una signora con la mascherina è arrivata da Massa Carrara per farsi operare al San Matteo e ha deciso di passare la domenica sul fiume, per portare a casa un ricordo bello di Pavia. Sulla Cicogna, la motonave che ogni domenica effettua tre crociere sul Ticino dall’Imbarcadero al ponte Coperto fino al Confluente e ritorno, anche ad agosto c’è la fila per salire. Oltre 200 persone ieri. Ad accoglierli c’erano a riva Roberto Salemme della cooperativa Oltreconfine, sulla barca la guida Manuela Castagnola, che per tutto il viaggio ha raccontato le storie più belle di Pavia, accompagnando il paesaggio con tante curiosità, alla scoperta di detti come “mangiare a ufo” e del perché si dica “pavesare una nave”.
«Un tempo il fiume azzurro era un’ottima alternativa al mare - racconta - il Lido di Pavia era attivissimo e attrezzatissimo, lo chiamavano “La Varazze della Lombardia”. Senza contare che le spiagge liguri, che di sabbia non ne hanno, la prendono proprio dal Ticino». Dopo uno sguardo da vicino ai resti del ponte romano, che svettano più che mai a causa del basso livello d’acqua (in alcuni punti non arriva a 90 centimetri), e al segno lasciato dalla piena sotto le arcate del ponte Coperto ricostruito dopo il bombardamento del 1946 (con le sue 100 colonnine e le placche bianche delle famiglie gentilizie), la motonave volta le spalle al centro di Pavia e si dirige verso il metanodotto sospeso che trasporta il gas tra le due rive, verso la fine dei Navigli. «Il Ticino venne dichiarato balneabile nel 1800 - racconta la guida - perché i soldati francesi avevano bisogno di lavarsi. Ma alle donne venne dato il permesso di bagnarsi solo dopo il 1850, naturalmente dovevano essere completamente vestite, con tanto di stivali». Costeggiando il Borgo Ticino non si possono non menzionare le lavandaie e la loro tradizionale propensione al pettegolezzo, con la storia del Bergonzi, “el dirèt”, padrone molto odiato che in risposta ai pettegolezzi delle sue lavandaie sulla sua nuova casa, mise sulla facciata la Linguacciona, che alle pettegole fa il verso. E che ogni anno cambia colore.
Passando dai cercatori d’oro agli usi borghigiani (come quello di “spalancare le porte alla piena” perché «il fango che entra dalla porta aperta poi ne esce più facilmente»), si naviga tra accampamenti di bagnanti e anziani che prendono il sole, sulle rive si vedono padri con i bambini, in barca coppie e famiglie intere a prendere il fresco del fiume. Anche se, a dire il vero, l’aria c’è salendo o scendendo, «mai in entrambe le direzioni» spiega il capitano Paolo Vanelli di Cremona, che con il vice Omar Kamal conduce l’imbarcazione tra le secche in un Ticino che pesca al massimo 4 metri scarsi. Navigando nel silenzio scorrono salici e uccelli, l’Idroscalo in rovina con la sua storia di voli giornalieri per Torino e Trieste «armati di coperte e tappi per le orecchie», le macerie emerse dell’antica Torre del Catenone «rimasta in piedi
fino al 1525, che chiudeva la Darsena, dove stavano fino a 60 navi da guerra». Poi, a sorpresa, si aprono le conche del naviglio, che viste dal fiume mostrano tutto l’ingegno necessario per far navigare in salita le merci e il barchetto usato dai pendolari dell’800 tra Pavia e Milano. 
da www.laprovinciapavese.gelocal.it
@Riproduzione Riservata del 21 agosto 2017

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