L’appello del vescovo Ivo Muser. «No ai forzati del lavoro»
di Diego Andreatta
«La mentalità del “sempre di più” crea dipendenza e provoca malattia».-
«Noi uomini valiamo di più del consumo, del rumore di un registratore di cassa e di un’attività frenetica e senza sosta». Ha un tono imperativo l’intervento pastorale con cui ieri il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser si è rivolto anche a commercianti e amministratori dell’Alto Adige per la riscoperta e la difesa delle domenica e delle festività. Ha scelto tempestivamente il Ferragosto rovente per pubblicare quest’appello dal titolo “Una richiesta urgente - in piena estate” in cui osserva come «il tempo del riposo, soprattutto nella domenica e nei giorni festivi, serve per il nostro bene », ma è anche contributo «per una società più giusta e più umana». Ma da dove nasce quest’urgenza? Nelle prime righe della sua “Lettera pastorale” Muser è lapidario: «Non dobbiamo essere schiavi del lavoro e del consumismo» scrive, e ancora: «La mentalità del “sempre di più” crea dipendenza e provoca malattia», anche perché la continua spinta a consumare «ci lascia alla fine più stanchi di prima».
Non è la prima occasione in cui nei suoi sei anni di episcopato Muser anticipa i ponti lavorativi con questo richiamo, ma motiva così la sua insistenza: «Già da anni è in atto una insidiosa, crescente e incontestabile erosione e svalutazione della nostra cultura della domenica e delle festività. Tutto questo mi spinge ancora una volta a fare una richiesta. La domenica e le nostre festività, che sono libere da tutte quelle attività che non sono indispensabili, rappresentano un inestimabile valore, che deve essere riscoperto e difeso - anche contro resistenze e interessi privati -, un valore che va a beneficio dell’intera società».
Nella lettera, che introduce il valore comunitario del riposo accanto a quello individuale e si conclude con un sapiente racconto ebraico, Muser ringrazia quanti svolgono attività indispensabili «nelle tante forme del servizio al pubblico», ma chiede «di tornare a distinguere, nelle nostre domeniche e festività, tra quelle che sono le attività necessarie e quelle che non lo sono. Chiedo che ne rifletta anche la nostra popolazione rurale. C’è molto da riflettere se anche nell’agricoltura la domenica finisce spesso per essere un giorno feriale come tutti gli altri». Si vedrà nei prossimi giorni se l’insolita scelta ferragostana per una nota pastorale riuscirà a incidere in una terra in passato molto sensibile a questo tema.
«La lettera viene da una riflessione che risale fin dal magistero del vescovo Golser – ricorda Irene Argentiero, direttrice de “Il Segno” – con l’Alleanza per il riposo domenicale tra varie componenti della realtà altoatesina. Non è solo un no alle aperture domenicali, ma un sì al riposo, alla famiglia, alla vita comunitaria». «Tutti i sindacati altoatesini si erano impegnati in quell’Alleanza – conviene il segretario della Cgil Agb Alfred Ebner – spero che questo nuovo richiamo possa ridarle forza. Certe attività economiche non sono necessarie di domenica. Ma la riflessione non è solo sindacale o pastorale, ma culturale: se poi i consumatori scelgono di preferire i giorni domenicali per fare gli acquisti? La domanda è: vogliamo costruire una società che funzioni 24 ore su 24 e non si fermi mai?».
La Lettera pastorale interpella pure il mondo rurale: «Nel campo agricolo mi pare che le festività siano rispettate anche per la tradizione religiosa della nostra terra – osserva Luca Rossi, presidente Coldiretti Alto Adige – ma non c’è dubbio che i tempi cambiano, cresce lo stress e la competizione, per cui in alcuni momenti decisivi come la raccolta dei frutti si lavora anche di domenica. Ma la nostra economia agricola è basata su piccole aziende familiari e si tratta di poche domeniche». Una voce dal commercio, Stefan Kuhn, segretario per l’Unione nel settore grossisti bevande: «È giusto che la domenica sia per la famiglia e per il riposo – taglia corto – ci sono altri sei giorni alla settimana per fare acquisti! Capisco che qualche attività possa rimanere aperta, ma mi spiace la gente alla domenica per divertirsi vada nei grandi centri commerciali».
da www.avvenire.it
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