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MIRKO, 14ENNE, DIABETICO, MA NON SI DÀ UNA REGOLATA. CHE FARE?

di Fabrizio Fantoni

Un figlio, a cui è stato diagnosticato il diabete, non ne vuole sapere di rispettare alcune limitazioni nel cibo. I consigli del nostro esperto.-

A nostro figlio Mirko di 14 anni è stato diagnosticato da più di un anno il diabete. È stato un brutto colpo per tutta la famiglia. Ci siamo stupiti che, rispetto a un tempo, le limitazioni nell’alimentazione non sono più così rigide: un gelato o una pizza non sono vietati. Certo, non bisogna esagerare… e invece Mirko lo fa. In casa è un continuo mangiucchiare. E poi sta male, si sente stanco, non vuole andare a scuola. All’ospedale lo hanno un po’ sgridato per questo, ma lui continua allo stesso modo.
DONATELLA

 — Cara Donatellacapisco che l’ingresso nella vita di un ragazzo di una malattia cronica come il diabete sconvolga l’esistenza di tutta la famiglia. Costringe a cambiare il modo di vivere: gli stili alimentari, il modo di affrontare le fatiche. Aumenta la preoccupazione dei genitori, ma anche per l’adolescente non è facile fare i conti con una nuova realtà che modifica le sue abitudini. Sul piano profondo, è come sentirsi traditi dal proprio corpo, in un momento di forte espansione, in cui il fisico assume grande rilevanza. Significa dover fare i conti con alcune limitazioni e con una situazione mutevole, controllata costantemente anche da altri (i genitori, i sanitari) e ciò può essere sentito come una zavorra all’espansione adolescenziale. Possono derivare reazioni di rifiuto, di diniego della malattia, o all’opposto di identificazione con essa; può nascere una rabbia profonda e la sensazione di essere vittima di un’ingiustizia. La paura di essere diverso dagli altri si amplifica. E così anche per i genitori la relazione con il figlio adolescente, magari già non facile, si complica. In particolare, l’equilibrio tra autonomia e dipendenza può essere compromesso. Da un lato, è il ragazzo stesso che deve imparare a gestire la malattia in modo da raggiungere una compensazione: i controlli continui, i dosaggi dell’insulina in relazione all’attività fisica e all’alimentazione. Dall’altra, la preoccupazione dei genitori può provocare atteggiamenti di controllo esagerato e intrusivo. Importante è che il diabete non diventi il centro dell’esperienza di vita del ragazzo e che a esso non vengano addebitate tutte le complessità della fase adolescenziale. È sicuramente utile il supporto psicologico, individuale o di gruppo, che viene attivato presso molte strutture ospedaliere, o in collaborazione con esse da parte di associazioni di volontariato. Come pure può aiutare la riflessione su uno stile di vita familiare più sano e comune a tutti i membri della famiglia, nelle abitudini alimentari come nell’attività fisica.

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 14 marzo 2018

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