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NEGOZI SEMPRE APERTI, CONTANO DI PIÙ GLI AFFARI O LA FAMIGLIA?

di Paolo Parazzolo

Il caso di una dipendente trasferita a 100 km di distanza per essersi rifiutata di lavorare a San Silvestro, l'ennesimo di questo tipo, pone interrogativi fondamentali: che tipo di società vogliamo costruire?.-

TRASFERITA PERCHE NON VUOLE LAVORARE A SAN SILVESTRO

Il lavoro nei giorni festivi è lecito? Se sì, si può costringere un lavoratore contro la sua volontà a prestarlo?
Le feste che stiamo vivendo hanno creato situazioni di scontro fra i dipendenti e le loro aziende, i primi a rivendicare il loro diritto ad astenersi dal lavoro e a stare in famiglia, gli altri a pretendere la loro presenza in giorni, a loro dire, di grande affluenza negli esercizi commerciali.
Ha fatto scalpore il caso di una lavoratrice che, per aver rifiutato di lavorare a San Silvestro, è stata temporaneamente trasferita a 100 km di distanza. La dipendente, va precisato, gode di un vecchio contratto in cui il lavoro festivo è volontario. Un caso di «irresponsabilità umana» per Sabatino Basile, responsabile torinese della Fisascat Cisl, il sindacato che ha denunciato l'episodio accaduto in un supermercato della catena Eurospin a Susa, nel Torinese.
Protagonista una addetta del reparto ortofrutta del supermercato che, dopo avere accusato un malore, si è rivolta al sindacato. «Denunciato il comportamento scorretto e antisindacale dell'azienda», sottolinea Basile, che ha organizzato un presidio davanti al supermercato, «ottenendo la solidarietà di numerosi clienti», e si è rivolto alla assessore alle Pari opportunità della Regione Piemonte. Un incontro con quest'ultima verrà fissato nei prossimi giorni.
Non è l'unico episodio. Giorni fa si è parlato dello sciopero dei dipendenti del centro commerciale Orio Center, vicino allo scalo bergamasco, per protestare contro l'obbligo di lavorare durante le festività.
Costringere una persona a lavorare la domenica o durante le festività non può essere considerata una cosa normale. Non stiamo ovviamente riferendoci a quelle attività necessarie - come la sanità - dove vi è un eveidente obbligo a restare aperti al pubblico, bensì di esercizi commerciali.
I rappresentanti delle catene che vogliono l'apertura festiva sostengono che, in quei giorni, aumenta il giro d'affari, perché le famiglie hanno più tempo per fare le loro spese. Non vi è motivo di contraddire un dato statistico, ma forse il problema è un altro, che non può essere affrontato con le logiche dei puri dati.
In gioco è il diritto di ogni persona e di ogni famiglia a godere di uno spazio libero dagli obblighi del lavoro, da dedicare agli affetti, alla cura di sé e degli altri, al proprio e altrui benessere. Per i credenti, tale dimensione assume anche un significato religioso, come giorno del Signore, dello spirito, della rinascita interiore.
Poiché ogni legge crea abitudini e fa cultura, il legislatore prima ancora che ai dati di vendita dovrebbe porre attenzione agli effetti che l'apertura domenicale e festiva produce sugli individui, sulle famiglie e sulla società nel suo complesso, già stressati da ritmi sempre più incalzanti che riducono lo spazio per una vita "lenta", attenta alle cose essenziali della vita.
Perché in fondo il problema sta tutto qui: che cosa è essenziale per noi?
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 28 dicembre 2017
 

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