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IL PAPA A BOLOGNA: «TROPPI DISPREZZANO GLI IMMIGRATI E SI SENTONO IN DIRITTO DI GIUDICARE»

di Alberto Bobbio

Francesco nella sua visita indossa il braccialetto giallo dei profughi e spiega che per non avere paura dei migranti bisogna stare in mezzo a loro, altrimenti non si conosce la verità e la non conoscenza alimenta altra paura: «Da lontano possiamo dire e pensare qualsiasi cosa, come facilmente accade quando si scrivono frasi terribili e insulti via Internet». Poi chiede che più Paesi adottino i corridoi umanitari.-

Indossa il braccialetto giallo dei profughi. Quello che consegnano a Francesco ha il numero 3900003. Entra a Bologna passando per la Lampedusa di qui, ex-caserma Chiarini, mille volti e mille storie dietro i cancelli e muri protetti anche dal filo spinato. Lo aspettano in fila e tutti tendono le mani. Bergoglio si ferma e saluta tutti, uno per uno. Coglie frammenti si parole e di storie drammatiche. E poi spiega che per non avere paura bisogna venire qui, come ha fatto lui, altrimenti non si conosce la verità e la non conoscenza alimenta la paura.
E’ molto severo il papa con quanti disprezzano gli immigrati con chi, per paura, “si sente in diritto di giudicare” e lo fa con “durezza e freddezza credendo anche di vedere bene”. Ma non è così: “Da lontano possiamo dire e pensare qualsiasi cosa, come facilmente accade quando si scrivono frasi terribili e insulti via internet”. Invece il fenomeno delle migrazioni richiede “visione e grande determinazione nella sua gestione”, richiede “intelligenza e strutture” e soprattutto meccanismi chiari”, che sbaraglino “distorsioni e sfruttamenti”.
Bergoglio ripete cose che ha detto altre volte, ma oggi a Bologna lo fa con prole molto chiare. Sottolinea che occorrono più Paesi che adottino i “corridoi umanitari” per arrivare la gente in sicurezza e soprattutto bisogna cambiare la burocrazia che impone “attese insopportabili” per il riconoscimento del diritto di asilo e per i documenti. Davanti a lui alzano un cartello: “Fateci avere i documenti”. Il Papa lo vede e commenta: “Nel mio cuore voglio portare la vostra paura, le difficoltà, i rischi, le incertezze e anche le cose che avete scritto, certo anche i documenti”.
Poi va in centro piazza Maggiore cuore di Bologna. L’arcivescovo Matteo Zuppi traccia il ritratto di una città che ha macinato storia, ha abbattuto le mura che chiudevano la città e spiega che “chi guarda al futuro abbatte i muri e non lo costruisce”.
Ma oggi i muri sono anche nel cuore delle persone, individualismo e solitudine, pregiudizio e indifferenza: “Sono i muri più pericolosi, perché invisibili e resistenti”. Il Papa osserva la piazza dal sagrato della basilica di san Petronio. Davanti ha quello che chiama “il sistema Emilia”, buon welfare e buoni servizi, risposte efficace anche alla crisi. Ricorda il “patto per il lavoro” firmato dalla Diocesi e dal Comune e da Confindustria per offrire possibilità di impiego soprattutto e ai giovani e agli ultracinquantenni che lo hanno perso.
E’ particolarmente deciso sulla disoccupazione giovanile, una situazione alla quale “non possiamo abituarci” e nella critiche ad un’economia che mette al centro il profitto finanziario e all’ultimo posto il lavoro e la persona e anche la solidarietà. L’Emilia ha cercato di correggere la situazione con la forza delle cooperative, sistema Emilia appunto di cui Bergoglio dice: “Cercato di portarlo avanti”.
Poi prima di entrare in san Petronio per il pranzo con i poveri della città, lunghe tavole con tovaglia bianca apparecchiate sotto le navate, saluta alcuni bolognesi, tra cui Marina Orlandi, la vedova di Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalla Brigate Rossa a via Valdonica, due passi da piazza Maggiore, il presidente della Comunità islamica e il rabbino di Bologna. Stringe le mani e abbraccia i rappresentanti delle vittime della stragi della stazione e di quelle di Ustica, l’aereo dell’Italia partito da Bologna per Palermo e caduto in circostanze misteriose nel mare davanti all’isola, e alcuni dei sopravvissuti delle stragi nazista di Marzabotto.
Sono le stragi “purtroppo senza verità”, citate dal vescovo Matteo Zuppi nel saluto al Papa. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione delle vittime e dei familiari della strage della stazione, al Papa ha consegnato una busta bianca con una lettera e gli ha spiegato: “E’ una richiesta per aiutarci a togliere il segreto sulla strage”.
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 01 ottobre 2017

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