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Il Papa e l'esercito di Charlie rompono il silenzio

di Stefano Magni
La calma dopo e prima della tempesta. E’ calato il silenzio dopo i giorni frenetici seguiti all’ultima sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani e la decisione dei medici dell’ospedale Great Ormond Street Hospital (Gosh) di rinviare l’interruzione del sostegno alla vita del piccolo Charlie Gard. Il bambino, 10 mesi di vita, ha avuto ancora un fine settimana di respirazione artificiale. Una cordiale concessione ai suoi genitori, Chris e Connie, che si sono battuti come dei leoni per scongiurare l’accompagnamento alla morte del loro bambino gravemente ammalato, una battaglia impari e infine persa contro medici, comitato etico e giudici. Avevano chiesto di portarlo negli Usa, per tentare una terapia sperimentale. Ora chiedevano semplicemente di portarlo a casa, per morire fra le loro braccia. E’ stata negata loro sia l’una che l’altra scelta. E sul Gosh è calato un silenzio tombale, da due giorni, per proteggere medici e parenti, secondo l’ultimo comunicato.
A rompere il silenzio, non una ma due volte, è stato Papa Francesco che venerdì aveva mandato un post su Twitter senza nominare direttamente il bambino inglese: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. Ieri è intervenuto più direttamente, nominato per nome e cognome Charlie Gard. “Il santo Padre segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo”, ha dichiarato questa sera il direttore della Sala Stampa Vaticana, Greg Burke.
Interviene anche la Conferenza episcopale italiana, con un invito rivolto alla famiglia Gard da don Carmine Arice, Direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei e membro della Pontificia commissione per le strutture sanitarie: “Le strutture cattoliche, come il Gemelli o il Bambin Gesù, o altre strutture simili, sarebbero ben disposte ad accogliere questo fanciullo per potergli dare vita - ha dichiarato don Carmine - Mi chiedo perché ci debbano essere dei luoghi nei quali, la vita quando è così fragile, non possa essere altrettanto curata e custodita?”. “Da parte della comunità cristiana non c'è solo una dichiarazione di solidarietà, c'è anche un intento concreto, per quanto permesso fare, di poter restare vicini a questa famiglia. E qualora chiedessero un aiuto più concreto, offrirlo”. E chissà mai che un aiuto concreto, in questo senso, non si traduca in un trasferimento di Charlie al Gemelli o al Bambin Gesù. Ipotesi finora remota, ma non da escludere. “Penso alla vita fragilissima del piccolo Charlie Gard - ha dichiarato monsignor Gualtiero Bassetti, presidente della Cei - a cui va tutta la nostra attenzione, riflessione e preghiera. Come ha detto papa Francesco 'la vita si difende sempre anche quando è ferita dalla malattia'. Non esiste una vita non degna di essere vissuta. Altrimenti è la cultura della scarto”.
Il popolo cattolico, intanto, si è mobilitato concretamente con una macchina della solidarietà spontanea. Non solo su Internet, ma anche in piazza: si è tenuta ieri, nel primo pomeriggio, la manifestazione organizzata sul Web dal gruppo Charlie's Army. Intonando gli slogan “Salvate Charlie! Liberate Charlie!” si  sono riuniti di fronte al palazzo della regina e non davanti al Gosh, proprio per evitare di disturbare lo stesso Charlie e i suoi familiari. “Dobbiamo mostrare al mondo quanta gente crede che Charlie meriti ancora di vivere. (…) Questa è, potenzialmente la nostra ultima occasione di riunirci di persone e di mostrare la nostra forza ai tribunali, al Gosh, agli scettici e al più vasto pubblico che Charlie e la sua famiglia hanno un esercito alle loro spalle”.
Al di là della manifestazione di piazza e delle decine di migliaia di persone che hanno aderito alle pagine Facebook (come quella di Charlie’s Army) dedicate, la più eclatante manifestazione di solidarietà è la raccolta fondi a favore dei genitori di Charlie, per permettere loro le eventuali cure richieste negli Stati Uniti. Ebbene, in poco tempo, sono state raccolte 1 milione e 300mila sterline (circa 1 milione e 480mila euro).
Eppure nessuno toglie il senso di impotenza, frustrazione e abbandono che si legge nelle ultime righe sulla pagina Facebook di Chris e Connie: “Noi e soprattutto Charlie siamo stati terribilmente abbandonati lungo tutto il processo non ci è stato permesso di scegliere se nostro figlio potesse vivere e nemmeno quando e in che luogo dovesse morire”.
da www.lanuovabussolaquotidiana.it
@Riproduzione Riservata del 03 luglio 2017

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