Rinnovamento, le ragioni cattoliche di un boom
Non ha avuto l’eco che avrebbe meritato la 5 giorni di festeggiamenti per il Giubileo d’oro del Rinnovamento carismatico cattolico (Rcc), che ha richiamato a Roma per la Pentecoste 2017 oltre 50 mila fedeli provenienti da 130 paesi del mondo. Chi avesse il dubbio che la fede in Gesù Cristo sia in declino si sarebbe ricreduto a constatare l’entusiasmo che ha attraversato una serie di chiese e basiliche del centro di Roma: un concentrato di convegni, cori e liturgie, eseguiti in sette lingue diverse, con il gran finale con Papa Francesco al Circo Massimo e la Messa di Pentecoste sul sagrato di San Pietro.
Noto in Italia soprattutto con il nome di Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), il movimento carismatico cattolico si stima che conti oltre 120 milioni di fedeli, che vanno ad aggiungersi agli altri cristiani battezzati nello Spirito Santo che si trovano nel mondo evangelico, pentecostale, non-denominazionale, ortodosso e delle chiese riformate. Essi costituiscono un popolo di cui non esiste un’anagrafe ma solo stime ragionevoli, come quella dell’Espresso del novembre scorso, secondo cui i “pentecostali” nel mondo sarebbero attualmente 644 milioni.
Si tratta del movimento spirituale di più impetuosa crescita fra le decine di movimenti esistenti nella Chiesa e per anni è stato anche il più controverso. All’apparenza irrituali e modernisti, i cattolici carismatici sono in realtà fra i più ligi e rispettosi della dottrina, dei sacramenti, della liturgia, dell’osservanza delle feste e dell’obbedienza al Papa e ai vescovi, e ciò grazie al riferimento continuo, durante le preghiere, alle Sacre Scritture, anche come guida all’agire quotidiano. Suonano la chitarra e ballano? Certo, suonano, cantano e ballano, ma anche questo in osservanza dei salmi e della chiamata a lodare Dio e a invocare il suo Santo Spirito. (A questo riguardo Papa Francesco al Circo Massimo ha raccomandato, citando l’Antico Testamento in pieno stile carismatico: “per favore, non cadiamo nell’atteggiamento di cristiani con il ‘complesso di Micol’, che si vergognava di come Davide [danzando davanti all’Arca] lodava Dio.”)
Quanto al miracolismo della glossolalia, del cacciare i demoni, del guarire gli infermi, del profetizzare il futuro, e via discorrendo: tutto ciò si fa soltanto in quanto prescritto da Gesù, dettagliato negli Atti degli Apostoli, spiegato nelle lettere di San Paolo e in altri testi biblici (da sottolineare che è la Bibbia cattolica, non la versione protestante, che non comprende alcuni libri).
Dunque una prassi e una tensione verso la regola contrassegnati dall’obbedienza e non in direzione della sovversione. Una storia da riscoprire. Il Giubileo del RCC ha commemorato la prima effusione dello Spirito Santo in ambito cattolico, avvenuto a un ritiro di studenti dell’Università di Duquesne, a Pittsburgh, nel 1967.
Tutti sanno che tale avvenimento si inquadra nella storia del pentecostalismo, la cui prima scintilla era scoccata il primo giorno del XX secolo, a Topeka, nel Kansas, con la glossolalia suscitata in Agnes Ozman a seguito della preghiera su di lei, con imposizione delle mani, del reverendo metodista Charles Parham. In quei primi anni del secolo la corrente di grazia si diffuse senza creare sensazione al di fuori delle cerchie interessate, ma con il risveglio di Azusa Street, Los Angeles, nel 1906 prese definitivamente il via il movimento destinato a dilagare in tutto il mondo.
Questa primogenitura extra-chiesa è uno dei motivi, assieme allo sconcerto per lo stile estroverso e la manifestazione dei carismi, che hanno indotto tanti laici e religiosi cattolici a tenersi a distanza dal Rcc. La storia vera però ci consegna dei fatti diversi e dimostra che il innovamento non chiude al passato bensì opera una necessaria e salutare innovazione nella tradizione: il dato vero infatti è che quello stesso 1 gennaio 1901, quando nel Kansas ci fu l’effusione dello Spirito Santo registrata come inizio del pentecostalismo, a Roma Papa Leone XIII aveva invocato pubblicamente lo Spirito Santo su tutta la cristianità, pregando proprio per l’unità dei cristiani.
Da notare che la preghiera del Pontefice non fu un’iniziativa del momento, ma una precisa volontà preparata da un’enciclica del 1897, Divinum Illud Munus, e da una Novena allo Spirito Santo, istituita nello stesso anno come obbligatoria e perpetua per tutte le parrocchie, fra Ascensione e Pentecoste. Oltretutto l’ispirazione papale veniva dal basso, suggerita con anni di lettere umilissime ma insistenti inviate da una suora di Lucca, la Beata Elena Guerra, fondatrice delle suore Oblate dello Spirito Santo, che si muoveva con il consiglio del suo direttore spirituale e il sostegno di preghiera di altri umili.
FEDE, RAGIONE E CRISTO-CENTRISMO
Se esiste un rischio nel mondo dei carismatici è che la spiritualità esperienziale resti a un certo punto sganciata dalla razionalità e dalla verifica, rischio talmente reale che già gli apostoli, che pure incoraggiavano l’uso e la ricerca dei carismi - “Aspirate ai carismi più grandi!” dice San Paolo in 1 Cor.12,31 - allo stesso tempo raccomandavano prudenza: “Non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni per saggiare se provengono veramente da Dio” [1Gv 4,1].
Dal lato dei vantaggi, il fatto che le sfere di cristianità non cattolica che si identificano come battezzati nello Spirito Santo siano di fatto molto ferme nel loro cristocentrismo significa che i cattolici che lo vogliono possono trovare in loro non un ostacolo ma un aiuto a rendere forte e chiara l’identità cristiana, a difendere il principio di non-contraddizione e a fare da baluardo contro le spinte sincretistiche e certe preoccupanti ingerenze di enti laici nella sfera della moralità e della coscienza.
Ecumenismo e identità
Il fatto che nel RCC l’aspetto ecumenico costituisca già da molti anni una realtà sia pratica che teorica anziché preoccupare dovrebbe rasserenare i cattolici, in particolare i non pochi che temono che alcuni gesti di Papa Francesco, come l’introdurre in Vaticano una statua di Martin Lutero o il definirlo una “medicina” per la Chiesa, compiuti nell’intento di superare le antiche divisioni finiscano però per favorire l’annacquamento dei caratteri distintivi del cattolicesimo.
In casa RCC infatti, al centro di ogni condivisione fra cattolici da una parte e cristiani evangelici o pentecostali dall’altra, c’è e solo sempre il Vangelo e l’Antico Testamento, base necessaria per la preghiera di lode a Dio e l’invocazione dello Spirito Santo. Per il resto c’è rispetto. Della Madonna non si parla, è perno essenziale del cattolicesimo e delle chiese ortodosse, ma non degli altri, lo stesso dicasi per il culto dei santi. Se nelle occasioni c’è la Messa, i non-cattolici presenti possono assistervi o meno; in qualche caso si mettono addirittura in fila per la comunione, ma a braccia conserte, a indicare che all’officiante chiedono non l’Eucaristia, che non potrebbero ricevere, ma una benedizione.
Il pentecostalismo peraltro rappresenta un caso particolare, in certi Paesi, di concorrenza aggressiva nei confronti della Chiesa cattolica. In America Latina e non solo, i gruppi pentecostali sono dilagati sottraendo fedeli alla Messa e ai sacramenti. Ma i buoi a quanto pare sono già scappati, se sono vere le statistiche che predicono che il variegato mondo pentecostale, che nel 1970 costituiva solo il 6 per cento dei cristiani, e nel 2000 era arrivato al 25 per cento, è lanciato per arrivare al 33 per cento entro il 2025 (cfr P.Jenkins, La terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo) e per contro, secondo una ricerca del Pew Research Center, i cattolici, per fermarsi alla sola America Latina, dal 1970 sono scesi dal 92 al 69 per cento della popolazione. A questo punto perciò l’apertura delle gerarchie cattoliche al mondo carismatico può portare più benefici che rischi: proponendo una modalità di vivere l’esperienza pentecostale senza lasciare i sacramenti e la Chiesa cattolica, il RCC è uno dei luoghi da cui il minor numero di fedeli cattolici sono passati nelle file protestanti.
Così il pentecostalismo, presente nel RCC, come già sottolineato ad esempio dalla Conferenza episcopale brasiliana, si trasforma da grande problema in potenziale soluzione.
E Papa Francesco al Giubileo è andato anche oltre. Nel momento in cui è rimasto seduto a centro palco, in ascolto di un reverendo pentecostale, Giovanni Traettino, assieme a 5 cardinali (Agostino Vallini, Salvatore De Giorgi, Kevin Joseph Farrel, Christoph Schönborn e Marc Ouellet) e con dietro e in platea decine di vescovi da tutto il mondo, e nel momento in cui nel proprio discorso ha citato due volte le parole del Rev. Traettino, e ha sottolineato che un concetto importante “diversità riconciliata”, proviene da un fratello luterano, il Pontefice ai fratelli separati ha segnalato non solo le porte aperte ma anche la disponibilità delle gerarchie ad imparare da loro. Uno scrollone, come è proprio della metodica dei gesuiti, per forzare un risultato? E nel caso, i cattolici “normali” accetteranno la provocazione carismatica, riconoscendo i propri eventuali pregiudizi?
Prima di Papa Francesco, il RCC aveva già ricevuto l’attenzione e l’approvazione sempre più esplicita e formale di altri tre pontefici: Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ma il pontefice regnante, da arcivescovo di Buenos Aires, il RCC lo ha dapprima seguito con scetticismo (“mi sembravano dei danzatori di samba”), poi lo ha affiancato e incoraggiato, e infine lo ha fatto suo assegnando personalmente i compiti di gestione del Giubileo a persone di sua fiducia. Il futuro si sa già che riserva al RCC, per volontà appunto del Santo Padre, un servizio unico mondiale, di cui esistono già degli Atti Costitutivi: ne ha dato notizia il Papa stesso al Circo Massimo, dicendoli “il primo passo, ne seguiranno altri, però presto l’unità, opera dello Spirito Santo, sarà una realtà.”
da www.lanuovabussolaquotidiana.it
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