Un piercing (finto) sulla figlia come protesta contro l’infibulazione
di Emanuela Di Pasqua
La provocazione di una mamma sui social: minacce e proteste dalla rete ma era una provocazione contro la mutilazione genitale. In GB i pediatri contro piercing e tatuaggi.-
«È incredibile come molte persone mi abbiano minacciata di morte pensando che avessi fatto un piercing a mia figlia, ma poi le stesse non si preoccupano della mutilazione genitale»: è il commento di Enedina Vance, attivista e autrice di una foto che ha creato scalpore dividendo l’opinione pubblica. Quello scatto voleva deliberatamente lanciare un messaggio contro le pratiche lesive degli organi genitali, lasciando sottendere che il primo dogma da scardinare dovrebbe essere la convinzione errata e ancora diffusa che un figlio appartenga al genitore, che ha dunque il diritto di alterarne il corpo.
La bimba con il piercing (finto) sulla guancia
Enedina aveva postato provocatoriamente in Rete una foto ritoccata della sua bimba di pochi mesi con un piercing di diamante sulla guancia. «Guardate come è carina…un giorno mi ringrazierà….e del resto la figlia è mia e faccio quello che mi pare…»: aveva commentato la mamma sui social, palesemente ironicamente tanto da aver messo tra gli hasthtag anche #sarcasm. Da lì in poi la bufera: un odio senza eguali si è abbattuto sull’attivista che non è stata evidentemente capita dai più, ma che ha raggiunto il suo obiettivo: far parlare di tutte le pratiche che modificano in modo irreversibile il corpo dei minori.
In GB piercing alla vagina è reato come l’infibulazione
Non a caso ad esempio il piercing alla vagina è considerato dalla legge britannica alla pari dell’infibulazione. Il National Health Service, il servizio sanitario britannico, in linea con quanto già predicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), ha deciso infatti recentemente di equiparare le pratica di perforare le parti intime femminili con ornamenti di vario tipo, alle mutilazioni subite da molte donne in alcune comunità africane e asiatiche. Una “pratica altamente nociva e lesiva degli organi genitali”: così è stata definito il piercing vaginale, che dunque è perseguito come reato se riguarda minorenni. Il discorso è ampio e, nonostante i doverosi distinguo tra piercing, tattoo e infibulazione, chiama in causa il corpo dei minorenni, la loro impreparazione a tali decisioni e il ruolo dei genitori, che non sono chiaramente proprietari dei figli.
La posizione dei pediatri britannici
Le mutilazioni genitali, secondo le autorità britanniche, sono “una procedura non medica che intenzionalmente modifica l’aspetto degli organi genitali femminili, causando anche lesioni”. Il piercing e le incisioni agli organi genitali sono classificati come ‘‘procedure dannose” e rientrano tra le mutilazioni genitali nelle linee guida dell’Oms pubblicate di recente. «Troppi bambini con piercing e tatuaggi», denunciano i pediatri britannici, «che possono avere un impatto serio sulla salute, portando a infezioni gravi (epatite o addirittura Hiv), e che anche sotto il profilo psicologico andrebbe gestito con molta cautela».
L’infibulazione nel mondo
Altro discorso chiaramente è l’infibulazione, che consiste nell'asportazione del clitoride (escissione del clitoride), delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, a cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale. Sono 200 milioni nel mondo le donne e le adolescenti che hanno subito mutilazioni parziali o totali dei genitali femminili. Come altre pratiche la mutilazione degli organi genitali femminili (Mgf) sottende una concezione proprietaria della bambina, ragazza o donna. I rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva), effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Le puerpere, le vedove e le donne divorziate sono sottoposte a reinfibulazione con lo scopo di ripristinare la situazione prematrimoniale di purezza. In seguito a questa pratica i rapporti diventano dolorosi e difficoltosi, spesso insorgono cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali e possono presentarsi anche danni al momento del parto, con conseguente gravi per il nascituro.
Casi in aumento in Gran Bretagna
Solo in Gran Bretagna questo anno si sono registrati 5300 nuovi casi e 6000 l’anno scorso, ma il censimento è iniziato da relativamente poco tempo per evidenziare un trend (che comunque rispetto ad anni fa risulta in crescita). Intanto a Nairobi, pochi mesi fa, sono stati effettuati una serie di delicati interventi ricostruttivi per restituire la femminilità, il piacere, la sessualità e la salute a 40 donne keniane che avevano subito infibulazione. La reale dimensione di questo rito continua però a essere impressionante. Ma a prescindere dalle leggi – come la Risoluzione ONU che prevede la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili – è necessario agire sulla scolarizzazione e sulle campagne culturali e di sensibilizzazione che sono raccontate sui social con l'hashtag #endFGM. In questo contesto la luce che ha acceso Enedina Vance evidenzia uno degli aspetti (non l’unico) sui quali si dovrebbe iniziare a riflettere: i figli e le figlie non sono nostri, mai.
da www.corrieredellasera.it
@Riproduzione Riservata del 08 luglio 2017