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"VI SPIEGO PERCHÈ LA PILLOLA DEI CINQUE GIORNI È DANNOSA E ALTERA L'EQUILIBRIO DELLE ADOLESCENTI"

di Chiara Pelizzoni 
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 14 ottobre 2020

Parla Daniela Notarfonso, Daniela Notarfonso, 58 anni, medico bioeticista e direttore del Consultorio diocesano di Albano (Roma) medico bioeticista e direttore del Consultorio diocesano di Albano dopo la decisione dell'Aifa di autorizzare le minorenni all'acquisto della pillola dei cinque giorni dopo senza ricetta. «Educatori e genitori: ascoltiamo le nostre ragazze e insegniamo loro il rispetto di sé. Non hanno bisogno di soluzioni facili».-


L'Aifa autorizza l'acquisto da parte di minorenni della pillola del giorno dopo senza alcuna prescrizione medica e anche Daniela Notarfonso, medico bioeticista e direttore del Consultorio diocesano di Albano, vicino a Roma, reagisce senza mezzi termini. «È una decisione del tutto inopportuna che vuole svolgere un ruolo di “praticità” perché evidentemente ci sono molte richieste. Questa decisione pragmatica, per evitare gravidanze indesiderate, mette in luce due aspetti: da una parte che l'età a cui si hanno i primi rapporti si è abbassata molto, i primi rapporti si consumano addirittura nei bagni della scuola in una assoluta inadeguatezza del luogo e senza nessuna chance che ci sia un contesto d'amore; dall'altra, che ci sono tante, tantissime ragazze giovani che non vogliono, hanno paura o non hanno modo di parlare coi genitori».
La prescrizione medica costringerebbe a parlarne con i genitori...
«Certamente, soprattutto perché si tratta di farmaci che hanno un impatto molto importante sull'organismo. Questa si chiama contraccezione d'emergenza, serve evitare che non diventi la contraccezione di routine»
Qual è l'impatto fisico sulle ragazzine?
«L'alta dose di progesterone su una ragazzina di 15, 16 e 17 anni ha un impatto di squilibrio. Il nostro equilibrio endocrino si sfalsa già solo con la febbre; immaginiamo cosa può succedere immettendo una dose così alta di progesterone. Tanto è vero che l'ordinanza dice che insieme alla pillola del giorno dopo dovrebbe essere consegnato un depliant informativo con accenni di educazione sessuale che, però, evidentemente non possiamo demandare a un pezzo di carta».
Di cosa hanno bisogno i ragazzi?
«Di essere accolti in un dialogo con la persona giusta che hai di fronte e ti da informazioni corrette. Con queste ultime scelte di semplificazione rispetto all'assunzione della pillola, instilliamo alle nostre figlie che se ne devono occupare loro con un enorme passa indietro rispetto ai discorsi di emancipazione, consapevolezza di sé e rispetto del proprio corpo. Nei percorsi del metodo Teen star, programmi di educazione affettiva e sessuale fatti di 12 incontri con gli adolescenti, notiamo che come aumentando la consapevolezza di sé si riducono le gravidanze indesiderate».
Allora perché fate così fatica a entrare nelle scuole con i corsi all'affettività e sessualità del Consultorio?
«Perché siamo una realtà ecclesiale davanti alla quale c'è un pregiudizio. Laddove riusciamo, entriamo soprattutto nelle terze medie, ma anche nelle quinte liceo dove le ragazze stesse chiedono di fare percorsi sull'aborto e sulla sessualità. Nelle scuola medie, la richiesta arriva dai prof di religione, italiano e scienze che di comune accordo chiedono di elaborare insieme questo percorso. Noi testimoniamo il rispetto per la vita, ma soprattutto proponiamo un percorso di crescita personale e relazionale».
Perché c'è tutta questa difficoltà ancora nell'affrontare certi argomenti?
«Pensi che siamo stati chiamati a parlare con bimbi di quinta elementare di apparato riproduttivo perché le maestre non si sentivano in grado di affrontare l'argomento. Il che mi ha veramente sconcertata; hanno paura delle domande dei piccoli e che i genitori possano contestare le risposte. Quando, invece, con i bimbi di 10 anni ho fatto lezioni di tipo scientifico chiamando le cose con i loro nomi, mostrando video sulla gravidanza che hanno scatenato mille domande e sono stati incontri bellissimi. Semplicemente perché abbiamo trattato questi ragazzini come persone e li abbiamo presi sul serio».
Che adolescenti incontra nelle quinte?
«Le ragazze soprattutto ascoltano, si espongono poco; nei percorsi che facciamo sottolineiamo le influenze nei mass media, della pornografia che dilaga nei nostri ragazzi cambiando la prospettiva che hanno nei confronti delle donne, i maschi ma anche le ragazze stesse. La prostituzione intorno a Roma è un fenomeno dilagante; mi è capitato che in una terza media un ragazzino sapesse le etnie delle donne che si prostituiscono su tutte le strade. Quando poi abbiamo parlato di stupro, dove la donna viene ridotta a oggetto e strumento nelle guerre da esibire come simbolo di vittoria, un ragazzetto ha commentato: “Andiamo tutti in Siria!”. Accadeva tre anni fa quando la guerra devastava il Paese, io l'ho ripreso sonoramente. Ma mi sono resa conto che non sapeva cosa diceva».
C'è quindi un gran lavoro da fare con i maschi, ma anche con le femmine...
«Per aiutarli a conoscere se stessi e l'altro sesso e comprendere i gesti che fanno. Perché se consideriamo il rapporto in termini di quantità, di performance, non ci rendiamo conto della qualità: noi parliamo di comunione riferendoci ai rapporti sessuali, ma nelle classi siamo lontani anni luce da questo concetto... È un lavoro che andrebbe fatto partendo dalle parrocchie stesse perché i nostri giovani sono immersi a tutte le ore nella narrazione di una sessualità distorta».
Lei che è anche mamma di quattro ragazzi dai 30 ai 23 anni, che consigli può dare ai genitori?
«Di stare in ascolto dei figli ed essere disponibili a rispondere alle domande o addirittura sollecitarle. Domande indispensabili per i ragazzi per conoscere il mondo dei grandi. Quando, poi, diventano grandi non è meno importante mantenere aperta la comunicazione. Noi pensiamo che i nostri figli siano dei geni dei computer e per questo autosufficienti, ma il nostro ruolo è essenziale: dare un senso a quello che fanno e a quello che leggono in quel mondo parallelo».

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